by Talking Peace | 2010-01-26 2:53 pm
Non c’erano dubbi che il giudice Baltazar Garzon avrebbe confermato la tesi accusatoria contro alcuni membri della sinistra indipendentista basca, arrestati nell’ottobre scorso. I motivi principali sono due. Il primo la traiettoria del giudice “stellare” che ha costruito la sua immagine partendo dallo sviluppo giuridico della politica criminalizzatrice della sinistra indipendentista basca che prese inizio nel 1996, poche settimane dopo l’elezione di Aznar alla presidenza del Governo spagnolo. Il teorema “tutto è ETA”, ha comportato una serie di arretramenti nella garanzia dei diritti civili e politici che non si è limitata alla realtà basca e spagnola. Il delitto d’autore, il codice penale del nemico, l’estensione del delitto di terrorismo, hanno richiamato l’attenzione di diversi organismi internazionali come la Commissione per i diritti Umani della Nazioni Unite o Amnesty Internacional. Il fatto il Tribunale per di Diritti Umani di Strasburgo abbia avallato nel giugno e successivamente nel novembre del 2009 le misure giuridiche adottate dalla Spagna, non risolve la questione ma, anzi, dimostra come la cultura di sicurezza inaugurata a partire dal 2001, che provocato due conflitti intenzionali con centinaia di migliaia di vittime, sia entrata pericolosamente nella cultura giuridica europea. Garzon che si presenta come il paladino dei diritti umani, nelle sue ordinanze, pubblichiamo oggi quella in questione, costruisce dei castelli accusatori che mostrano contraddizioni concettuali, con il fine di forzare le sue tesi accusatorie. Del resto lo stesso giudice ha stabilito un natura criminale della organizzazione politica della sinistra indipendentista basca come fu Batasuna. Una tesi che ben di addice alla teoria del delitto penale d’autore, poiché dice letteralmente che “la violenza di ETA è unicamente l’ultima fase, fino al punto che anche se non ETa non esistesse o scomparisse la kale borroka (azioni di sabotaggio), o questa non si fosse mai prodotta, Batasuna, per i metodi che utilizza, costituisce da un punto di vista giuridico penale, una associazione illecita” (ordinanza n.35 del 2002 Audiencia Nacional). In realtà i “metodi” adottati da Batasuna nel corso della sua storia, partecipazione istituzionale nei municipi e nelle mobilitazioni sociali, era stata riconosciuta legale prima da un tribunale di Madrid nel 1978, hanno della sua iscrizione come partito politico, e poi dallo stesso Tribunale Supremo nel 1986. Solo dopo l’approvazione della legge sui partiti nel 2002, ad personam, cioè contro Batasuna, comporterà un giro di vite della cultura guiridico-penale spagnola, determinando l’ illegalizzazione del movimento politico basco.
Il teorema fatto proprio, da Garzon, nei confronti di alcune organizzazioni della sinistra indipendentista basca, nei primi anni del 2000, vennero messi in discussione nello stessa Audiencia Nacional, i tribunale speciale spagnolo. Alcuni giudici misero in discussione le tesi di Garzon, ma una’opportuno errore, in altro caso giudiziario, tolsero di mezzo questi giudici troppo zelanti. In altri casi il castello accusatorio non aveva nemmeno un minimo di cedibilità come nel caso della Fondazione Zumalabe, accusata di essere promotrice della disobbedienza civile agli ordini di ETA. Nonostante non esistessero prove a carico, il giudice mantenne le accuse contro i promotori della Fondazione che scontarono diversi anni di carcere.
C’è un secondo aspetto che è necessario tener presente. Ogni ordinanza nei confronti della sinistra indipendentista in questi ultimi mesi, viene accompagnata, causalmente, da azioni spettacolari di polizia. Sarà una coincidenza ma anche in questo caso la pubblicazione dell’ordinanza avvenuta ieri, precede di poche ore gli arresti di questa notte nelle province basche, di cinque persone accusate di essere responsabili di attentati rivendicati da ETA nel 2008. La battaglia mediatica svolge un ruolo determinate, in una fase dove i movimenti della sinistra indipendentista basca stanno provocando reazioni tra le forze politiche e i governi spagnolo ed autonomi basco e della Navarra. L’ordinanza di Garzon insiste in questa direzione. Fa proprie le tesi del governo spagnolo e di PSOE e PP, secondo i quali il dibattito nella sinistra indipendentista, non cambia la situazione, anche nell’ipotesi, come ha sostenuto il ministro degli Interni spagnolo Rubalcaba “la sinistra indipendentista, per essere legalizzata non basta più che condanni ETA”. Garzon, infatti, nelle 75 pagine dell’ordinanza, mette particolare impegno nel cercare di dimostrare, attraverso una serie di estratti di documenti, con una palese operazione di copia ed incolla, come le proposte della sinistra indipendentista basca di questi mesi sono uno opera di cosmesi. C’è una volontà evidente di forzare i fatti verso la tesi che tutto è “subordinato agli ordini di ETA”. Poco importa se l’ordinanza presenta contraddizioni, controsensi, e mistificazioni del contenuto dei documenti. Poco importa se nell’ultimo documento ETA afferma di accettare le dichiarazioni della sinistra indipendentista fatte ad Alsasua e Venezia per un processo politico e democratico. Poco importa se in quelle dichiarazioni e nel documento base in discussione nella base sociale della sinistra indipendentista si fa esplicitamente riferimento ai principi del senatore americano George Mitchel, che hanno permesso di trovare una accordo politico nel conflitto anglo irlandese. Garzon, tra l’altro si è guardato bene da inserire le dichiarazioni di Alsasua. Non sembra casuale. Inaki Iriondo, editorialista del quotidiano basco Gara, fa una breve analisi dell’ Ordinanza del giudice spagnolo, sottolineando come sia indirizzata, di fatto, contro il progetto politico di un “polo per la sovranità”.
Inaki Iriondo
Gara
Il giudice Baltazar Garzon ha processato per “integrazione in organizzazione armata” a Arnaldo Otegi, Rafa Diez, Miren Zabaleta, Sonia Jacinto, Akaitz Rodriguez, Amaia Esnal, Txelui Montero e Manuel Serra. Li accusa di formare parte di “Bateragune o Commissione di Coordinazione o Direzione della Sinistra Indipendentista”, che, secondo spiega nell’ordinanza resa pubblica ieri, “è un organo di coordinazione diretto e controllato da ETA in seno alla sinistra indipendentista”. Eppure, il magistrato non spiega ne quando si crea, ne chi compone questo organo. Nemmeno prova la sua esistenza, ne la relazione degli imputati con la stessa. Per esempio, rasenta il ridicolo all’affermare che, seguendo i presunti ordini di ETA e “coincidendo con il funzionamento in queste prime settimane del 2009 del Bateragune, scompare qualsiasi citazione o riferimento a Batasuna nei comunicati e apparizioni pubbliche, e, appare la menzione sinistra indipendentista”. E’ pubblico e noto che la sigla Batasuna no era stata più impiegata già molti anni prima, a causa delle conseguenze penali che comportava.
Inoltre, s’inventa realtà inesistenti, come quando afferma che “per portare avanti il progetto disegnato da ETA, il 16 marzo 2009, si realizzò a San Sebastian la presentazione pubblica degli integranti di Bateragune, sostenuti da rappresentanti di tutta la rete organizzativa della sinistra indipendentista”. In quella data, in un hotel di San Sebastian ebbe luogo una conferenza stampa nella quale la sinistra indipendentista lanciò un appello per la definizione di una strategia per un “indipendentismo efficace”. La conferenza stampa è considerata oggi come il primo passo della riflessione interna che ha portato alla proposta di Altsasua per vie politiche e democratiche. Come si può verificare nelle notizie apparse in quei giorni sui giornali, in quell’occasione non si fece nessun rifermento a una presunta Bateragune, ne a una commissione di coordinamento. Garzon non spiega nemmeno perché attribuisce ad alcuni dei presenti essere membri di Bateragune ed a altri “rappresentanti della sinistra indipendentista”, quando ne nell’ intervento in conferenza stampa, ne nella sua collocazione formale si osservano distinzioni tra i partecipanti.
Gerarchia ed autonomia
Il giudice Baltazar Garzon attribuisce agli imputati attuare agli ordini di ETA, “partendo dalla posizione gerarchicamente superiore di ETA che priva di autonomia al Bateragune”.
Eppure, nella stessa ordinanza ci sono elementi sufficienti per confutare queste affermazioni. Nei fatti che si elencano come prove a carico, ci sono due aspetti importanti: le elezioni al Parlamento europeo ed il dibattito sul processo democratico. In ambedue i casi, secondo quanto scrive Garzon, gli imputati contraddissero ETA e si conclusero facendo ciò che essi avevano previsto e non quanto dettato dalla organizzazione armata.
Lo scritto del giudice arriva a un tale punto di negare la realtà che riporta un documento trovato nell’ufficio di Rafa Diez, nel quale si dice testualmente che “bisogna superare una fase di confronto politico militare che ci mantiene bloccati e accresce il logoramento della strategia del Movimento di Liberazione Nazionale Basco”, e in seguito lo presenta come parte di un progetto ideato da ETA. Allo stesso tempo attribuisce ad Araldo Otegi la missione di conseguire “tregue coperte” della organizzazione armata per ordine della stessa organizzazione armata.
Diretto al “polo per la sovranità”
La maggior parte delle accuse e citazioni che sono presenti in questa ordinanza di rinvio a giudizio, sono copiate dall’ordinanza con la quale lo stesso Baltazar Garzon ordinò la carcerazione per cinque degli arrestati. Però c’è una differenza sostanziale che non può passare inosservata: l’importanza che il giudice da adesso alla formazione di un “polo per la sovranità”.
Se nell’ordinanza dell’ottobre scorso, le menzioni allo stesso erano praticamente marginali, in quello di ieri si presenta la formazione di questo polo come la principale missione del cosiddetto Bateragune. Attualmente, questo si, la presunzione di criminalità ricade unicamente sulla sinistra indipendentista. Il resto degli agenti politici e sociali che potrebbero farne parte, sarebbero caduti in “una operazione di inganno o imbroglio”.
Baltzar Garzon ratifica nella sua ordinanza la situazione di carcere preventivo e di liberta condizionale per gli imputati. Il giudice non ha processato ed esime dalla causa a Rufi Etxebarria, perché la sua presenza nella sede del sindacato LAB (dove furono arrestati i militanti della sinistra indipendentista nell’ ottobre 2009) era circostanziale. Fissa per il 10 di febbraio la deposizione dei processati. Intanto, da domani, Arnaldo Otegi dovrà affrontare un’altro processo assieme ad altre quattro persone, per il suo intervento in un atto di ricordo del prigioniero José Mari Sagarudi”
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