by Talking Peace | 2010-04-02 8:36 am
Che la questione basca sia una questione di stato per la Spagna lo spiega la storia. Con la morte di Franco le due correnti di pensiero protagoniste della guerra civile hanno trovato un punto d’incontro nel processo di riforma politica. L’articolazione istituzionale ha prodotto una costituzione (1978) che adattandosi ad alcuni principi presenti negli altri paesi europei, poneva alcune questioni di fondo imprescindibili: impunità del regime franchista, imperniata sulla figura del Re Juan Carlos, nominato da Franco nel 1972 suo successore, modello statuale centrato sulla identità spagnola, nonostante la presenza di nazioni storiche come Euskal Herria, Catalunya, Galizia, preminenza dei poteri economici, rappresentati dai grandi gruppi finanziari, nelle scelte economiche e sociali. Su questi principi si è sviluppata la politica spagnola in questi quarant’anni, rimuovendo il passato, il regime franchista che aveva giustiziato circa duecentomila repubblicani, trovando solo in Euskal Herria, una dissidenza sociale e politica con anche una espressione armata, ETA. E’ stata la dimensione di massa di questo movimento il principale grattacapo per le elite politiche spagnole per portare a compimento questa grande opera di cosmesi politica che è stata la riforma politica. L’impunità per la violenza esercitata dal potere franchista che ha eliminato fisicamente una intera generazione politica, è stato un messaggio subliminale che ha segnato momenti e tappe degli avvenimenti politici di questi anni. Non è mancata una dialettica interna ai centri di potere espressa dalle politiche che destra e sinistra istituzionali hanno articolato durante i loro mandati governativi (1977-1982 UCD, 1982-1996 PSOE, 1996 2004 PP, 2004 fino ad oggi PSOE). Una dialettica spesso aspra ma che aveva come riferimento il dimostrare di essere i più fedeli interpreti dei principi che la riforma politica aveva stabilito. Le stesse componenti della destra, recalcitranti con questa mediazione verso un modello istituzionale realista per i poteri economici e riferimenti internazionali, Stati Uniti ed Europa occidentale, con il passare degli anni si convinceranno che questa era l’unica strada per garantire gerarchie di poteri e che i pericoli di un ipotesi repubblicana venissero scongiurati. Quindi difesa ad oltranza della monarchia, attuazione di politiche economiche neoliberiste attraverso una legame con i centri di potere finanziario, le grandi banche spagnole, visione del conflitto basco principalmente come un conflitto di ordine pubblico, adattando la storica cultura spagnola militarista del nemico interno verso la creazione di un codice penale del nemico, una politica giudica essenzialmente emergenziale.
Guadagnarsi la fiducia
Se il legame della destra con i centri di potere economici fa parte della tradizione politica, quella del PSOE, prima espressione organizzata di massa, alla fine del diciannovesimo secolo, del movimento operaio iberico, è stata una necessita imperiosa per il partito ma anche per i potentati economici . Lo ricordava l’allora presidente della seconda holding finanziaria spagnola il Banco Bilbao Vizcaya, Pedro Toledo, quando disse che Felipe Gonzales,” visitava allora banchieri, militari e gente di questo tipo, però gli risultava difficile farsi capire. Da parte mia, la comprensione fu immediata”. Tanto immediata che nel breve volgere di due anni il PSOE passerà ad essere un partito all’opposizione ed in forte calo elettorale, 1980, a vincere le elezioni legislative con maggioranza assoluta (1982). Due anni chiave nel definire il PSOE come partito legittimato governare una Spagna dove quart’anni di dittatura avevano fatto tabula rasa dei principi di democrazia, lasciando in eredità quello che molti osservatori hanno definito il “franchismo sociologico.” Il PSOE oltre a presentare le sue credenziali economiche al potere finanziario, e compiere un giro di 180 gradi in politica estera, passando dal “no” alla NATO ad una adesione incondizionata, sulla questione basca assume a pieno i principi della questione di stato. Una flessibilità da manuale. Nel 1980 la l’allora federazione basca del PSOE, si divide in Partito Socilaista d’Euskadi, (PSE) nella Coomunada Autonoma vasca (CAV), e Partido Socialista Navarro, (PSN) in Navarra, adattandosi alla stratega che i poteri dello stato avevano indicato rispetto alle quattro province dove la questione basca era presente. Una necessaria separazione per poter articolare la politica autonomista che sia funzionale al controllo centralista dello stato spagnolo. Il pretesto per giustificare questa scelta di campo, arriverà nel nel febbraio 1981 con il “golpe Tejero” la cui funzione primordiale sarà proprio quella di ancorare e ricondurre il processo autonomista ai principi stabiliti dalla riforma politica. Lo stesso re Juan Carlos, poche ore il golpe, ammonirà i partiti a “trarre una lezione da quanto è accaduto”. Ed infatti poche settimane dopo il golpe (aprile 1982) verrà approvata dal Governo UCD con l’appoggio del PSOE una legge liberticida denominata Difesa della democrazia mirante aad accrescere la olitica emergenziale nel Paese basco, che dava ancora più poteri al tribunale speciale della Audiencia Nacional, istituito nel 1977 in coincidenza con l’abrogazione del Tribunal de Orden Pubblico, il tribunale politico franchista. Un’altra misura conseguente al golpe sarà la legge, sostenuta in modo bipartisan, sulla armonizzazione delle autonomie, LOAPA, una legge che mirava ad annacquare i poteri autonomisti soprattutto di Euskadi e Catalunya dove le forse stataliste, UCD e PSOE, erano in minoranza. Nonostante la legge verrà invalidata dalla Corte Costituzionale, (1983) la sua filosofia sarà fatta propria dai Governi spagnoli di turno concedendo i passaggi delle competenze soprattutto alla CAV, attraverso negoziati infiniti che erano condizionati dalle congiunture politiche ( a tutt’oggi ci sono competenze in sospeso). Gli anni di governo socialista di Felipe Gonzales sono gli anni in cui la questione basca viene affinata con gli strumenti di sempre, leggi antiterrorismo, arresti, guerra sporca, GAL, stringendo accordi con il PNV nella CAV che permetteranno di controllare lo sviluppo autonomistico nella comunità autonoma. Non mancherà la strada del negoziato inscenato ad Algeri nel 1989, con ETA, anche se come ammetteranno dirigenti socialisti fu una dimostrazione di volontà formale di dialogo che una scelta strategica di soluzione del conflitto.. Un politica quella sulla questione basca che aveva il sostegno della destra spagnola sempre informata sui passi che l’esecutivo socialista attuava. Il 24 ottobre 1983 Felipe Gonzales s’incontrò con l’allora capo dell’opposizione Fraga Iribarne, ex ministro franchista, per chiedere un patto di stato contro ETA, nel quel vennero stabilite misure eccezionali che il settimanale Tiempo definì di “guerra sporca”. Un coerenza ai principi della riforma politica che i socialisti applicarono in modo determinato. Il caso del tenente colonnello, Diaz de Losada, emblematico. Capo della Regione militare Pirenaica Occidentale, che comprendeva le province basche, Diaz de Losada, nel giugno del 1987, in una intervist,a affermò che se i poteri dello stato accettassero l’indipendenza o un stato federale, l’esercito dovrebbe accettare tale decisione. In dichiarazione logica in qualsiasi democrazia ma non in Spagna dove il ministro della Difesa il socialista Serra ordinò l’immediata destituzione dell’ufficiale spagnolo.
Ruoli invertiti, la sostanza non cambia.
La caduta del PSOE, travolto da scandali di corruzione e della stessa guerra sporca, portò al governo il Partito Popular guidato da José Maria Aznar. Durante i suoi otto anni di mandato la sintonia con il PSOE sul tema basco non cambia. Sia durante gli accordi Lizarra Garazi (1998-2000) sia negli anni seguenti, una serie di iniziative legislative e politiche consolidano una strategia a tutto campo non contro solo alla sinistra indipendentista basca ed ETA, ma all’insieme delle forze politiche basche colpevoli dello “sgarro” rappresentato dall’Accordo di Lizarra Garazi. L’approvazione del Acuerdo por las Libertades y contra el Terrorismo (2000), sanciva impossibilità di alleanze con qualsiasi forza politica basca che si tradurrà nell’appoggio del PSE alla candidatura del popolare Mayor Oreja alla guida della comunità autonoma basca alle elezioni autonomiste del 2001. La sconfitta in quelle elezioni, sarà tenuta presente per affinare la strategia comune che troverà un nuovo momento di sintesi nella approvazione della legge sui partiti (2002). Questa legge escluderà dalle competizioni elettorali la sinistra indipendentista basca, permettendo cosi, 7 anni più tardi nel 2009, di avere i seggi necessari, pur con una minoranza di voti, per portare alla guida del CAV il socialista Patxi Lopez, con l’appoggio del PP. Anche nel 2006 durate il dialogo tra Governo Zapatero ed ETA da una parte e PSOE, PNV e Batasuna dall’altra, la cui preparazione era iniziata nel 2002, la dialettica politica tra i due maggiori partiti spagnoli darà suoi frutti, nonostante le apparenze. L’iniziativa del Governo Zapatero vedrà scendere in campo la destra e gli apparati dello stato soprattutto la magistratura, con il sostegno fondamentale, dei mass media, che rafforzeranno le tesi contrarie al dialogo presenti nel PSOE. Una battaglia interna al partito che durò poco. Il PSOE, soprattutto con la nomina del Ministro degli Interni Rubalcaba adotterà una serie d’iniziative che toglieranno al dialogo ogni possibilità di soluzione positiva.. Non solo venne arrestato due giorni dopo la dichiarazione di tregua da parte di ETA, marzo 2006, del portavoce della sinistra indipendentista, Arnaldo Otegi, ma il governo guidato da Zapatero, promuoverà un immagine di fermezza come quando diffonderà un video (ottobre 2006) nel quale sosteneva di avere avuto un pugno di ferro maggiore nei confronti dei detenuti politici baschi, che il PP durante la tregua di ETA nel periodo di Lizarra Garazi.
Statisti, cercasi.
La rottura delle trattative nel 2007, rinnova la sintonia del PSOE e PP sul tema basco nonostante le feroci polemiche tra i due partiti che avevano accompagnato i mesi del dialogo. Le elezioni nella CAV grazie alla trappola delle legge sui partiti e quelle nella Navarra dove l’ipostesi di una alleanza del PSN con Nafarroa Bai, una colazione di forze basche dalla quale venne esclusa la sinistra indipendentista, verrà scartata in funzione di un patto di stato con la destra rappresentata da UPN, sancisce questa unione nel destino comune di due forze che nel resto dello stato spagnolo si danno battaglia senza esclusione di colpi. In questi ultimi mesi questa lettura trova, purtroppo, nuove conferme rivelando che il vero obiettivo è eliminare il progetto politico della sinistra indipendentista che chiede una democrazia basata sul riconoscimento di una necessaria messa in discussione dei principi della riforma politica. La scelta unilaterale della sinistra indipendentista di smuovere la cristallizzata situazione politica basca con la conclusione de dibattito interno concretizzatasi nella dichiarazione Zutik Euskal Herria!, nella quale si riafferma la scelta strategica per un processo democratico attraverso strumenti esclusivamente politici e democratici in assenza di violenza ed ingerenze, ha trovato l’avvallo di personalità internazionali che negli anni passati sono stati protagonisti di soluzioni di conflitti annosi, Irlanda del Nord e Sud Africa, ma non delle forze politiche spagnole. La paura di uno scenario dove la dialettica politica sia l’unico strumento per risolvere democraticamente il conflitto basco spagnolo, ha provocato un aumento della repressione contro la sinistra indipendentista, ponendo particolare attenzione nel cercare di escludere dall’attività politica alcuni dei suoi dirigenti più significativi. Le alleanze politiche che l’iniziativa della sinistra indipendentista potrebbe favorire, ha portato il governo spagnolo a dare un giro di vite alla legge sui partiti cercando di escludere, in questo modo, l’opzione politica progressista ed indipendentista dalle scenario elettorale. La modifica legislativa era stata annunciata Ministro degli Interni, Rubalcaba, ma ancor prima dal Fiscal General del Estado, procuratore generale, confermando una dipendenza del potere giudiziario da quello esecutivo, ed è stata interpretata come una risposta alla “provocazione” del eurodeputato Mayor Oreja, il fallito presidente della CAV nel 2001, il quale sostiene che il Governo sta negoziando con ETA, intendendo con questo la sinistra indipendentista. La smentita della direzione del PP al suo eurodeputato è stata corrisposta con questo annuncio di giro di vite legislativo. La coincidenza, in ordine di tempo, con la dichiarazione di personalità internazionale a favore della iniziativa della sinistra indipendentista e nella quale si chiede una dichiarazione di alto al fuoco ad ETA ed una risposta conseguente al Governo spagnolo, avvalora l’ipotesi che la classe politica spagnola si trova incapace di intraprendere la strada per una soluzione definitiva del contenzioso basco spagnolo. La frase del leader della destra spagnola Gil Robles, nei primi mesi del 1936, “preferisco una Spagna rossa che rotta” riassume i timori ancestrali che ancor’oggi attraversano le direzioni politiche dei maggiori partiti spagnoli. Quando in realtà ciò che è in discussione è fare i conti ognuno con la propria storia e la soluzione democratica del contenzioso basco spagnolo è uno di questi.
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