by Talking Peace | 2010-09-26 1:49 pm
Gara. Perché e per cosa ETA ha adottato la decisione di fermare le “azioni offensive armate”
La decisione si colloca sul terreno dei risultati ottenuti nei molti anni di lotta di liberazione: Abbiamo reso impossibile l’assimilazione di Euskal Herria e risulta evidente l’importanza del cambio politico per rispondere alle sue necessita. D’altra parte, nella società basca è sufficientemente estesa l’idea della natura politica del conflitto, cosi come la sua soluzione, mediante il dialogo e la negoziazione, verrà attraverso il riconoscimento della territorialità e l’autodeterminazione. Assieme a tutto ciò, al sinistra indipendentista ha sopportato l’incessante aggressione da parte degli stati spagnolo e francese, e consideriamo che la capacità di resistenza è stata di un grande valore politico.
Questi risultati hanno definito la prossima sfida della lotta di liberazione: sul cammino verso l’indipendenza, portare a termine il cambio politico. Una volta definita la sfida, bisogna organizzare le forze e articolare il processo democratico, che costituisce lo strumento politico, da una situazione di negazione, per effettuare il cambio politico. La nostra decisione pretendeva creare nuove condizioni per facilitare ambedue le questioni.
D’altra parte, risulta evidente l’interesse che c’è in ambito internazionale sulla soluzione del conflitto politico in Euskal Herria, coi come la disponibilità per aiutare ad uscire dalla attuale situazione di paralisi. Così che, la nostra decisione ha anche come obiettivo elaborare le opzioni che possano esistere sul terreno della soluzione del conflitto.
E perché avete dato a conoscere adesso questa decisione?
Consideriamo che la sfida che abbiamo assunto deve essere costruita su basi solide. In tal senso, quando prendemmo la decisione, intendevamo che il protagonismo doveva corrispondere agli agenti che stanno promuovendo il cambio politico. Aver reso pubblica al decisione dopo gli avvenimenti degli ultimi mesi ha evitato che il passo compiuto da ETA si intenda in modo inadeguato. Durante questi mesi sono stati fatti passi in avanti notevoli. Ha iniziato a prendere corpo il filone della massa critica per il cambiamento. Si stanno intrecciando nuovi accordi ed alleanze. Nel dare a conoscenza questa decisione si è voluto dare stabilità al tragitto già percorso. E si vuole propiziare che si liberino più forze per far crescere la dinamica a favore del processo democratico.
Assieme a questo, si è voluto dare una riposta costruttiva alla petizione pubblica fatta alla nostra organizzazione nella Dichiarazione di Bruxelles.
Quando entrò in vigore esattamente (tenendo presente che non molto tempo fa il Ministero degli Interni annunciò che ETA stava per attentare)? C’è una data finale?
E’ comprensibile che si chieda quando entrò in vigore, però dobbiamo dire che questa decisione non si può far risalire a una data concreta. Dopo aver realizzato una profonda riflessione, si fece la proposta e, immediatamente, si aprì il procedimento interno per una presa di decisione. In qualunque caso, quando il Ministero degli Interni spagnolo annunciava nuove azioni, la decisione era già stata presa. Il Ministero degli Interni fece quegli annunci con intenzioni sinistre e sapeva che stava mentendo. Alla seconda questione vorremmo rispondere con un’altra domanda: c’è qualcun che vuole che ci sia una data finale. Noi, no. ETA vuole avanzare sul cammino della soluzione, ogni volta con maggiore profondità, fino a che in Euskal Herria si raggiunga una vera situazione democratica.
Cosa sono realmente le “azioni armate offensive” è stato oggetto di commenti sui mezzi di comunicazione. Cosa significa esattamente questa decisione nella attuazione di ETA?
I dettagli della decisione sono già stati resi pubblici: i gruppi operativi hanno l’ordine di sospendere le azioni che già erano previste e di non realizzare azioni armate offensive. Eta, d’altra parte, si riserva il diritto a difendersi in ipotetici scontri, gli abituali compiti di approvvigionamento e le attività para mantenere la sua struttura.
La vostra iniziativa è stata preceduta dalla Dichiarazione di Bruxelles e da quella realizzata dalla sinistra indipendentista a Irunea (Pamplona). Non si faceva alcuna allusione a queste nella vostra dichiarazione del 5 settembre. In seguito, avete reso pubblico un altro comunicato diretto alla Dichiarazione di Bruxelles. Vi siete dimostrati disposti a studiare congiuntamente i passi necessari alla soluzione democratica. Questo vuol dire che siete disposti a decretare un alto al fuoco permanente verificabile che vi si chiede?
ETA è disposta a fare questo passo anche ad andare più lontano, se si creano le condizioni per questo. Però questi passi bisogna contestualizzarli nella logica dello sviluppo del processo. Perché la sostanza non risiede in quali passi deve compiere ETA, in forma parziale e isolata. L’obiettivo risiede nella soluzione democratica del conflitto politico, che chiuder per sempre le ferite, e questo esige a tutti attuare con responsabilità.
ETA ha dato una grande importanza alla Dichiarazione di Bruxelles e vuole approfondire con serietà la questione. Per questo vogliamo far giungere la nostra riflessione e punto di vista, vogliamo ricevere il oro contributi e analizzare i passi che si possono dare per propiziare la soluzione democratica.
Chi dovrebbe verificare un alto al fuoco di queste caratteristiche? C’è chi ha segnalato che dovrebbero essere agenti internazionali?
Crediamo che è troppo presto rispondere a domande di questo tipo. Se arriva il momento, allora si dovranno studiare le opzioni, apprendendo da altre esperienze.
Che altri compiti possono avere l’intermediazione internazionale, per esempio rispetto ad altri agenti?
Noi sempre abbiamo detto che la chiave sta in Euskal Herria, nella attivazione popolare e nella accumulazione di forze in favore del processo democratico. Comunque, gli agenti e istituzioni internazionali possono dare una grande contributo, come si è potuto vedere in altri processi.
Consideriamo che il contributo internazionale è necessario durante tutto il processo, sia per dare un impulso ininterrotto, proteggere e, in una certa misura blindare il processo, sia per essere garante del rispetto del risultato del medesimo.
In concreto, rispetto ad altri agenti, possono dare un contributo per uscire dalla attuale situazione di paralisi. Per diffondere la riflessione sulla necessita di lasciare da parte gli interessi di partito e immergersi nella soluzione democratica.
Allo stesso tempo, hanno detto che saranno necessari impegni multilaterali. Quali sono, a vostro giudizio, questi impegni? O detto in altro modo, cosa deve essere disattivato e cosa attivato affinché un processo democratico avanzi?
Gli impegni possono collocarsi a due livelli. Da una parte, i minimi democratici che necessita il processo. Per dirlo in altro modo, lo scenario di base affinché l processo sia praticabile. Questo scenario deve raccoglier questi fattori: che si adottino le misure necessarie affinché tutti gli agenti possano attuare in uguali condizioni, che si stabiliscano i diritti civili e politici, che si disattivino i castighi aggiunti imposti ai prigionieri politici baschi e, in generale, che si disattivi tutta la situazione di pressione, ingerenza e violenza.
D’altra parte, se il processo deve svilupparsi attraverso il dialogo e la negoziazione, al volontà e l’impegno degli agenti è imprescindibile. Bisogna attivare ed articolare il processo di dialogo. Si devono fissare gli obiettivi del dialogo, il metodo, la costituzione dei tavoli di dialogo, le regole del gioco e la tematica. Come si fa? Questo corrisponde agli agenti politici e sociali baschi.
E, soprattutto, ciò che bisogna attivare è il procedimento di dare la parola alla cittadinanza basca. E per fare questo si devono disattivare gli ostacoli, ingerenze e limiti esistenti attualmente.
Riprendendo il filo della precedente domanda, questi impegni multilaterali costituiscono condizioni previe perché voi facciate nuovi passi o, come si può dedurre la dibattito della sinistra indipendentista, significano obiettivi da conseguire nello stesso processo?
E i passi di ETA che cita cosa sono, condizioni previe o obiettivi da conseguire nel processo? A nostro giudizio, questo schema ci conduce inevitabilmente alla paralisi, a che ognuno eviti la propria responsabilità.
Dinnanzi alla chiusura di Spagna e Francia, ETA sta giocando con responsabilità e sta aprendo alla opportunità. Ha compiuto un passo ed ha la volontà di compiere altri passi. Al contrario, si qualcuno considera che, senza rispondere alla soluzione del conflitto nella sua interezza, è possibile ridurre il processo ad una mera disattivazione della lotta armata, farà un calcolo sbagliato. Alcuni vogliono retrocedere rispetto a quanto si è avanzato in questi anni, volendo dirigere un mero processo tecnico. Però la società sollecita una risoluzione giusta e duratura, che risponda al nucleo del conflitto politico.
Altra cosa è, e su questo siamo d’accordo, che tutti gli impegni non si ottengono da un giorno all’altro, e che questo fatto non ci può fermare. Ci dobbiamo immergere nello sforzo costante di accumulare forze e ottenere nuovi impegni.
“Non è sufficiente”. Questa è la frase che più eco ha trovato sui mezzi di comunicazione…
E la nostra domanda è: perché non è sufficiente. Per sviluppare un processo democratico. D’accordo. Per questo lanciamo una proposta chiara: facciamo dei passi tutti per costruire questo “sufficiente democratico” che necessita il processo. Non è tempo di fermarsi a guardare quello che fa l’altro. Ognuno deve domandare a se qual è il suo contributo, cosa offre a Euskal Herria.
E poi noto, d’altra parte, che per alcuni non sarà mai nulla sufficiente. Questo “non è sufficiente” non è altro che il pretesto per sostenere la negazione di Euskal Herria e la strategia repressiva.
Ciò che disse Zapatero risulta chiarificatore. Che non è sufficiente perché non si fida di ETA. E che fiducia può avere ETA rispetto al Governo spagnolo che nell’anteriore processo, fin dal primo giorno, non rispettò gli accordi? E che fiducia può avere Euskal Herria rispetto agli stati che durante anni hanno solo offerto negazione e cruda repressione? La questione non risiede nell’aver fiducia di ETA o meno. Il vero problema di Zapatero, Patxi Lopez e Sanz e che non si fidano dei cittadini baschi. Che hanno paura che, in condizioni democratiche, senza nessun tipo di limite o ingerenza, l’offerta politica subordinata a Spagna non riceva l’appoggio della cittadinanza basca. Da questo l’imposizione e la violenza e minaccia dello Stato
Molti hanno segnalato che la vostra decisione non è sufficiente nemmeno rispetto a quanto disegnato dalla propria sinistra indipendentista, come se ETA attuasse di mala voglia e forzando questa sinistra indipendentista a fare passi indietro, Cosa dite al riguardo?
La nostra lettura e molto differente. Il passo di ETA ha alimentato, ha dato una spinta all’indipendentismo e al tentativo di strutturare il processo democratico. E siamo pienamente convinti che così è stato percepito, non solo dal resto delle organizzazioni e dalla base sociale della sinistra indipendentista, ma anche dalla maggioranza della società basca.
La decisione di ETA offre un nuovo colore a quanto disegnato dalla sinistra indipendentista. Altra cosa è che alcuni, volendo snaturare la scommessa politica della sinistra indipendentista, volessero vedere nel suo disegno l’equivocato desiderio di addentrarsi nella pseudo- democrazia spagnola.
E’ innegabile che l’iniziativa di ETA ha avuto una grande ripercussione e che, in Euskal Herria, sono stati molti gli agenti che hanno valutato positivamente la nuova situazione: la sinistra indipendentista, EA, ELA, Aralar, Lokarri… Che analisi ricavate da questo?
Il desiderio, l’opportunità e la necessità per il cambio politico sono evidenti in Euskal Herria. Di questo sono testimoni le molteplici iniziative di relazioni e collaborazione che, negli ultimi mesi, si sono sviluppate da diversi ambiti. Al margine delle intossicazioni dei differenti media e giornalisti, consideriamo che nella società basca è stata ben compresa la decisione di ETA come un contributo per innaffiare al dinamica che sta fiorendo in Euskal Herria.
La risposta ufficiale del PNV è stata molto negativa, anche se ci sono state altre opinioni….
La risposta ufficiale del PNV è stata deplorevole è siamo sicuri che avrà fatto vergognare a molti nel partito e nella sua base sociale. Si sta allineando con la chiusura del Governo spagnolo, con le tesi poliziesche di Ares e Rubalcaba. Loro sapranno che vantaggi ricevono, però devono aver chiaro che non è questa la risposta che si attende la società vasca.
Effettivamente, si sono sentite anche altre voci, ed non si può che essere contenti. Eppure, la situazione di Euskal Herria richiede di attuare con responsabilità e l’abituale doppio gioco non risulta sufficiente. Il PNV deve decidere tra seguire nell’oscuro tunnel senza uscita che offre la Spagna o optare a favore di Euskal Herria.
Lo Stato non ha risposto solo con le parole, ma anche con fatti, con proibizione di manifestazioni e arresti. Lo Stato non è in tregua….
Dopo che, in risposta alla iniziativa di ETA, Alfredo Perez Rubalcaba affermasse fermamente la posizione di soluzione di polizia, ha voluto presentare gli arresti e la proibizione della manifestazione come una sequenza coerente. Allo stesso tempo, però, la contraddizione risulta innegabile, perché è stato evidente che il problema non solo ce l’ha con ETA, ma anche con questo popolo.
In qualsiasi caso la conclusione è chiara: lo Stato spagnolo non ha nessuna volontà per una soluzione democratica. Non è disposto ad abbandonare l’imposizione, la violenza e la violazione dei diritti.
Anche se vogliono mostrare il contrario, vediamo che la posizione del Governo è debole. Risulta palpabile l’incapacità e paura politica che ha il Governo spagnolo per rispondere alle questioni base del conflitto. Faranno di tutto quanto sta nelle loro mani per bloccare il processo democratico. E questo ci da in anticipo la dimensione della sfida.
In qualsiasi caso, è da supporre che compiere passi per entrare in un processo di questo tipo possa essere difficile quando la repressione è così dura. Guardando la storia di ETA, molte volte ha citato il “diritto a rispondere”. Inoltre, la sospensione della azioni armate è sempre stata interpretata dai portavoce politici e i mezzi di comunicazione come segnale di debolezza. Così lo hanno detto anche in questa occasione. Sentenziano che ETA ha fallito. Per tutto questo, è logico pensare che offrire assi di distensione unilaterale avrà provocato un dibattito interno in ETA….
ETA è immersa in una riflessione costante, analizzando ogni momento i fattore che incidono nella situazione di Euskal Herria e cercando il cammino più efficace per sviluppare la lotta di liberazione. Così, valutiamo i rischi e le opportunità di ogni decisione o iniziativa. Se analizza l’attuazione di ETA, non si può negare che è stata una decisione profonda e ha avuto una riflessione e dibattito dello stesso livello.
In qualsiasi caso, come abbiamo già segnalato, la decisione non è una resa che ETA riconosce a denti stretti. Costituisce un passo dato con determinazione, in offensiva, con il convincimento di dare nuovi e determinati passi nella lotta di liberazione, con l’obiettivo chiaro di ottenere un ambito democratico che renda possibile l’indipendenza.
E visto che cita la debolezza, dobbiamo ricordare che questa stessa cosa hanno detto ogni volta che abbiamo fatto un passo che non era sotto il loro controllo. Così lo sottolinearono nel 1998 e anche quando presentammo la proposta di Bergara. Se ETA non fosse in una posizione di forza non compierebbe un passo di questo tipo. La chiusura e la posizione violenta del Governo spagnolo è quella che evidenza incapacità. E’quella che sta fallendo.
Fonte: http://www.gara.net/paperezkoa/20100926/222927/es/ETA-ha-dado-paso-tiene-voluntad-para-dar-otros-nuevos
Source URL: https://globalrights.info/2010/09/eta-ha-fatto-un-passo-e-ha-volonta-per-compierne-altri-intervista-a-eta-1-parte/
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