by Talking Peace | 2010-09-07 9:31 am
Gara. Anche se non toglie nulla al suo impatto, la decisione data a conoscere l’altro ieri da ETA si può definire senza dubbio come una cronaca annunciata, in vista del torrente di notizie, pseudo notizie e dichiarazioni politiche apparse al riguardo e che condividevano tra l’altro in una data: settembre. Di fatto, a questo punto, saranno pochi quelli che si sorprenderanno rispetto alla conferma del fatto che l’alto al fuoco – assenza di “azioni armate offensive” secondo la terminologia del comunicato – in realtà era iniziata già alcuni mesi fa. E non solo per i fatti oggettivi – più di un anno senza attentati-,ma soprattutto per l’evidenza palpabile della determinazione mostrata dalla sinistra indipendentista nel cambiare il ciclo politico evitando crepe e burroni, conquistando altezza poco a poco.
Molti forse non lo ricordano, però quando venne presentata la Dichiarazione di Altsasu con la sua evidenziata scommessa sulle vie esclusivamente politiche e democratiche – appena dieci mesi fa -, nelle formazioni politiche imperò la risposta abituale del “sempre lo stesso” o “solo parole”. Eppure, da allora sono piovuti fatti incontestabili. Per citarne alcuni, il documento “Zutik Euskal Herria” –chiosa di un dibattito interno inedito per la sua natura e estensione -, l’avvallo internazionale della Dichiarazione di Bruxelles – anche se non è stato sottolineato, mai tanti e tanto importanti leader internazionali hanno applaudito una iniziativa dell’ indipendentismo basco -, o l’accordo strategico con EA – senza precedenti anche per il suo contenuto e, soprattutto, per al sua proiezione futura-. Adesso, ne Pedro J. Ramirez, direttore de “El Mundo”, vuole ridicolizzare se stesso argomentando che la sinistra indipendentista propone “sempre lo stesso”.
Anche se la terminologia utilizzata da ETA nel suo messaggio dell’altro ieri non corrisponde strettamente con quella utilizzata nei documenti come “Zutik Euskal Herria”[1], la prima evidenza innegabile è che la sua decisione segue à e con forza – la stessa impronta tracciata dalla base della sinistra indipendentista. Questa base hanno scelto di intraprendere un nuovo cammino verso a cima, uscendo dal pantano creato dallo Stato in replica alla lotta armata e che mantiene impantanate le aspirazioni indipendentiste: Lo hanno fatto, inoltre, perché hanno voluto farlo, senza imposizioni esterne – incluso contro pronostico, perché basta solo ricordare che perfino Jesus Eguiguren (PSE) (il più possibilista tra i socialisti baschi) diceva che le tesi di Arnaldo Otegi non erano “per nulla definitive”-. E lo hanno fatto dopo un dibattito interno molto profondo ed autocritico, con l’unico obiettivo del fatto che la propria azione politica sia più efficace.
Riassumendo, è stata una iniziativa unilaterale e incondizionata alla quale ETA si aggrega adesso con un’altra decisione ugualmente unilaterale ed incondizionata, senza condizioni ne garanzie previe come quelle negoziate con il Governo di Zapatero nell’estate del 2005 (che poi, come si è visto, non servirono granché).
Indiscutibilmente,chi così attua dimostra di sentirsi particolarmente sicuro delle proprie forze.
Questa capacità di iniziativa e questa unilateralità hanno fatto si che il ruolo dello Stato spagnolo sia relegato in secondo piano, nel mero ruolo di spettatore e, al più, di sabotatore. I suoi rappresentanti politici e mediatici – anche baschi – si sono limitati negli ultimi mesi, settimane e giorni a speculare sulla portata delle decisioni di ETA. O meglio, a far salire e scendere il limite della “accettabilità” in funzione delle prese di posizione che di volta in volta ha fatto al sinistra indipendentista. Basta ricordare che per molti il requisito minimo esigibile era un alto al fuoco verificabile…fino a venerdì scorso quando venne fatto trapelare che la sinistra indipendentista ed EA puntano proprio su questo nelle loro conversazioni con altri partiti.
Ridotto a spettatore forzato, viene allo scoperto che il Ministero degli Interni ha dovuto ricorrere alla menzogna. Alfredo Perez Rubalcaba (ministro degli interni), lo stesso che rese popolare dopo l’11 M (attentati sui treni a Madrid del marzo 2004) quell’appello per l quale “gli spagnoli si meritano un presidente che non menta loro”, ha insito durante l’estate, e con più enfasi ancora negli ultimi giorni, sul fatto che ETA non attentava perché non poteva farlo. Lo scorso 13 agosto, per esempio, affermava che “oggi, sono 369 giorni che ETA non mette bombe, ne grande ne piccola, e se non o fa è perché o può, non perché non vuole”. Il giovedì della stessa settimana si dichiarava “scettico” dinnanzi ai crescenti rumori di un alto al fuoco mentre sottolineava che il ritiro di alcune scorte “non aveva niente a che fare con tutto questo”.
Altrettanto è avvenuto con il consigliere degli Interni di Lakua (sede del governo della Comunidad Autonoma Vasca), Rodolfo Ares, che lo stesso giorno diceva che “ne scarto che ci possa essere una dichiarazione, ne scarto che ci possa essere un atto terrorista”.
L’affanno dei responsabili degli Interni di Madrid e Lakua nell’alimentare l’ipotesi di attentati di ETA è stata costante in tutti questi mesi nei quali l’evidenza diceva invece il contrario: E questo discorso è stato accettato come reale nonostante che nel dicembre del 2009 José Luis Rodriguez Zapatero ammise pubblicamente che gli auspici di Rubalcaba su sequestri ed attentati erano in realtà “una strategia”. Questo discorso che adesso si rivela come falso si è completato con azioni di polizia pratiche che hanno ricreato la sensazione di rischio di azioni armate: di questo possono dare fede cittadini baschi che sono stati interrogatai dalla forze di sicurezza spagnole nei loro luoghi di vacanze. E l’obiettivo di tutto ciò, è ovvio, era cercare di cortocircuitare la sinistra indipendentista, cosa che cercò di fare Rubalcaba – senza alcun risultato – con gli arresti di Arnaldo Otegi e i suoi scompagni e con le riunioni con certi partiti baschi (PNV, Aralar) per chiederli che facessero il vuoto attorno alla sinistra indipendentista.
Con tutti questo, ciò che realmente è importante del messaggio di ETA non sono le conclusioni che lascia “al passato”, ma lo scenario che semina “al futuro”. L’annuncio che non ci saranno attentati non solo rafforza la linea di azione della sinistra indipendentista ed anche di EA, ma spiana anche il cammino verso il dialogo e la ricerca di consenso con altri partiti baschi, potenza le mobilitazioni unitarie (quella del prossimo sabato di Adierazi EH! Assume un particolare interesse) e facilita uno spazio sicuro al Governo del PSOE per conseguire di risolvere un conflitto armato che è sopravissuto a due regimi e decine di governi. Nel caso in cui Zapatero e Rubalcaba preferiscano proseguire nel “fronte del no” del cui rischio avvertì Antonio Basagoiti (PP), la cittadinanza basca potrà più facilmente accumulare forze per ricordare loro che la richiesta di soluzione è assolutamente maggioritaria in Euskal Herria.
Ci sarà che sottolineerà oggi che ETA non ha ancora detto molte cose. E questo fatto si può presentare come un deficit, però anche come uno stimolo, nella misura in cui apre un vasto territorio per avanzare. Ci sono binari che sono segnati, pietre miliari in vista che possono significare autentici salti qualitativo quando vengono raggiunte. Per esempio, la Dichiarazione di Bruxelles, alla quale ETA ha risposto indirettamente e che interpellava anche il Governo spagnolo; i principi di Mitchell, evocati nel “Zutik Euskal Herria” e che furono la chiave per aprire la fase di dialogo politico risolutivo in Irlanda; o la verificabilità dell’alto al fuoco, proposta dalla sinistra indipendentista ed EA. Stazioni tutte queste che sono sempre più vicine con questo nuovo campo base e che saranno realtà se lo sforzo verso la cima sarà condiviso.
Fonte: http://www.gara.net/paperezkoa/20100906/219145/es/Nuevo-campo-base-tras-brecha-abierta-izquierda-abertzale[2]
Source URL: https://globalrights.info/2010/09/nuovo-campo-base-dopo-la-breccia-aperta-dalla-sinistra-indipendenstista-ramon-sola/
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