by Talking Peace | 2011-01-26 7:21 am
Gennaio 2011- Il Congresso della Società Democratica ha presentato un nuovo progetto per riorganizzare la convivenza dei popoli turco e curdo in Turchia su basi democratiche, che la trasformerebbero in una convivenza pacifica. Il concetto ” autonomia democratica ” è da intendersi come una proposta di democratizzazione dell’intera Turchia. L’elemento centrale deve essere una nuova costituzione che garantisca al popolo curdo gli stessi diritti vitali, lo stesso status politico e le stesse opportunità economiche, sociali e culturali del popolo turco.
Ci è voluto molto tempo prima che i circa 15 milioni di Curdi in Turchia fossero riconosciuti come un popolo.
A loro spettano quindi non solo i diritti in quanto minoranza etnica, ma anche il pieno diritto all’autodeterminazione, come definito dall’art. 1 dei due accordi internazionali riguardanti i diritti umani del 1966, che recita: “Tutti i popoli hanno il diritto all’autodeterminazione. In virtù di questo diritto decidono liberamente del proprio status politico e sono liberi di modellare il proprio sviluppo economico, sociale e culturale”.
Questo diritto è stato nuovamente ribadito dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite del 1970 nella sua “Dichiarazione sui principi del diritto internazionale riguardante i rapporti amichevoli e di collaborazione tra gli stati, in accordo con la carta costituzionale delle Nazioni Unite” (la cosiddetta dichiarazione dei principi), laddove recita: “Sulla base del principio dell’uguaglianza e dell’autodeterminazione dei popoli sancito nella carta costituzionale delle Nazioni Unite, tutti i popoli hanno il diritto di decidere il proprio status politico liberamente e senza interferenze esterne e di modellare il proprio sviluppo economico, sociale e culturale; inoltre ogni stato è obbligato a rispettare questo diritto in accordo con le disposizioni della carta costituzionale”.
Da questo momento in poi il diritto all’autodeterminazione viene considerato, non più solo come un principio politico o un programma non vincolante nelle relazioni internazionali, bensì come una norma vincolante del diritto comune internazionale che entra a far parte a tutti gli effetti del diritto inalienabile (ius cogens). Ciò è stato ripetutamente rafforzato da numerose risoluzioni dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.
Già prima del 1970 la Commissione del Diritto Internazionale aveva riconosciuto come ius cogens il diritto all’autodeterminazione, e più tardi definito la sua violazione un esempio di reato internazionale. Il tribunale internazionale ne ha confermato il valore vincolante come diritto comune nelle perizie relative alla Namibia e al Sahara occidentale, come pure nella controversia giuridica tra il Nicaragua e gli USA.
E questo stabilisce l’art. 20 della Carta costituzionale africana dei diritti umani e dei diritti dei popoli del 27 giugno 1981: “Tutti i popoli hanno il diritto di esistere. Hanno il diritto indiscutibile e inalienabile all’autodeterminazione. Decidono liberamente del loro status politico e modellano il proprio sviluppo economico, sociale e culturale secondo la politica da loro liberamente scelta.”
A quei tempi il diritto all’autodeterminazione significava persino che i popoli oppressi dall’occupazione coloniale potevano dividersi dalle loro potenze coloniali. Aveva lo stesso significato del diritto di fondazione di uno stato sovrano e indipendente. Con la fine del processo di colonizzazione però il diritto di secessione fu progressivamente limitato dall’obbligo di rispettare le frontiere esistenti. Oggi il diritto di secessione generalmente viene rifiutato e riconosciuto solo nei casi in cui, ad esempio, al popolo vengono continuamente negati i diritti umani fondamentali, oppure quando il permanere nella federazione statale ne minaccia l’esistenza.
Il progetto del Congresso della Società Democratica riconosce espressamente gli attuali confini della Turchia e circoscrive il suo modello di autonomia allo stato turco. Elenca otto diverse dimensioni che comprendono tutti gli aspetti legittimi del diritto all’autodeterminazione. Uno dei presupposti fondamentali di tutte queste dimensioni del diritto all’autodeterminazione concerne il rispetto dell’identità etnica di un popolo e delle sue caratteristiche culturali. Si tratta di conservare e mantenere indipendenti delle peculiarità sviluppatesi nel corso della storia, relative non solo alla lingua e alla religione, ma anche a usi e costumi e riti, purché ciò non limiti o metta in pericolo l’autonomia di altre culture.
Allo stesso modo in cui la dimensione territoriale del diritto all’autodeterminazione si realizza col riconoscimento del diritto collettivo all’insediamento e alla patria, anche la dimensione culturale del diritto all’autodeterminazione è un diritto collettivo in senso più ampio. Il che vuol dire che non si mantiene un tale diritto solo preservando l’uso della propria lingua e dei propri usi e costumi.
L’offerta individuale di singoli diritti per l’esercizio delle peculiarità culturali non corrisponde al diritto all’autodeterminazione, ma solo il riconoscimento dell’identità collettiva di un popolo come soggetto storico del proprio sviluppo autonomo porta alla realizzazione di questo diritto.
Per fare un esempio concreto, ciò significa che il diritto all’autodeterminazione non si esaurisce nel diritto di difesa contro i tentativi del governo e dell’amministrazione di intromettersi in attività e iniziative culturali, ma formula richieste di prestazioni allo stato. Non è sufficiente permettere agli appartenenti di un popolo di fondare le proprie scuole private dove le lezioni si svolgono nella lingua madre e si tramanda la propria tradizione culturale. Si deve pretendere l’istituzionalizzazione con parità di diritti delle stesse opportunità nel sistema scolastico e formativo statale.
La dimensione dell’autodifesa e della diplomazia fa saltare solo apparentemente i confini territoriali della Turchia. Ogni popolo ha il diritto di proteggere la propria sicurezza, la propria identità, la propria organizzazione del sistema politico e di realizzare la propria aspirazione alla democrazia. Non si tratta solo di difesa militare, ma piuttosto anche di difesa civile, politica e giuridica dell’organizzazione democratica del popolo. Inoltre proprio il popolo curdo nella sua storia ha dovuto difendersi da moltissimi interventi violenti e aggressioni.
I Curdi dovranno armarsi anche in futuro contro questi pericoli. Il fatto che i Curdi vivano suddivisi nei territori di quattro stati determina la direzione della dimensione diplomatica. Non viola e ferisce la sovranità dello stato turco, ma rende possibili e facilità le relazioni di vicinato, allo stesso modo in cui ai loro tempi gli Azeri, nella repubblica sovietica dell’Azerbaigian, per facilitare i traffici con i vicini curarono le relazioni diplomatiche con l’Iran, dove vive la restante parte del popolo azero.
Autonomia e amministrazione indipendente sono elementi indispensabili del diritto all’autodeterminazione. Questo diritto è assolutamente necessario ed è dovere di ogni stato aprire lo spazio dell’autonomia a tutti i popoli che vivono entro i suoi confini, spazio nel quale possano trovare piena realizzazione in quanto componente con pari diritti di una società democratica. Per questo il progetto di un Kurdistan autonomo democratico è una proposta notevole.
Prof. Dr. Norman Paech Giurista di diritto internazionale ed ex-deputato del parlamento tedesco
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