by Talking Peace | 4th January 2011 12:13 pm
Belfast. Il 17 dicembre è scaduto il termine per presentare ‘dimostrazioni di interesse’ sul futuro del sito una volta occupato dalla caserma di polizia di Andersonstown, West Belfast.
Andytown Barracks, com’era familiarmente chiamata dalla gente di West Belfast, è stata demolita nel 2005, sette anni dopo la firma dell’accordo del venerdì santo, l’accordo di pace tra una parte di repubblicani, unionisti, governi inglese e irlandese. Andytown non era solo una caserma della famigerata RUC (Royal Ulster Constabulary, la polizia settaria nordirlandese). Era uno dei simboli più visibili dell’occupazione inglese nelle sei contee nordirlandesi. Era il simbolo della repressione unionista e forse per la sua posizione, alta su quella collinetta che si trova all’incrocio tra Glen Road e Falls Road, lo era ancora di più per quell’aria spettrale con cui dominava sulla strada, Falls Road, più famosa della resistenza nordirlandese agli inglesi. Arrivando da Divis Flat, cioè dal centro di Belfast dove Falls Road ha inizio, ci si trovava di fronte questo mostro di filo spinato, cemento, lamiera, telecamere. A sinistra il cimitero cattolico, quello dove sono sepolti i martiri della resistenza nordirlandese, i repubblicani dell’Ira e dell’Inla, Bobby Sands, Mairead Farrell, e tanti altri. A destra Glen Road con i suoi sparuti (allora) negozietti.
La caserma era stata costruita all’incrocio per dominare entrambi i lati del quartiere. Le camionette blindate della polizia uscivano solo dal lato sinistro, quello del cimitero. Un’immagine vista e rivista migliaia di volte, lo spesso portone che si apriva lentamente per rilasciare il suo corteo di blindati di morte. Una pattuglia era composta solitamente da due camionette di soldati britannici e una di RUC, ma anche da due di RUC e una di soldati. Il milite con il mitra che scandagliava la zona, la testa fuori dall’apertura sul tettuccio.
Un secolo fa ?No soltanto pochi anni sono passati. Oggi al posto di Andytown Barracks c’è uno spiazzo di cemento, qualche fiore, e più che altro erbaccia incolta. Ma durerà poco così. Infatti i cittadini sono stati chiamati a discutere sul futuro di quel sito. Che cosa costruire al posto di quello che è stato per oltre un quarto di secolo un simbolo di repressione? Racconta Geraldine McAteer, direttive del West Belfast Partnership che “la consultazione ha visto la partecipazione di molti cittadini. Ci sono stati molti suggerimenti, molte idee – dice – su come riutilizzare l’area. Tutti comunque concordano sul fatto che questo sito deve essere restituito al quartiere”. Il ministro allo sviluppo, Alex Atwood ha confermato che il concorso per la ricostruzione del sito sarà presieduto dall’architetto Daniel Libeskind, la mente dietro la ricostruzione di Ground Zero a New York. Se tutto andrà secondo i piani a settembre del 2011 sarà annunciato il vincitore del concorso. Naturalmente il progetto sarà sottoposto al giudizio dei cittadini. Che tra le varie proposte avevano indicato la realizzazione di una biblioteca multimediale che raccogliesse informazioni storiche sul sito e sui dintorni. Ma anche un sito turistico, con un caffè e uno spazio per mostre, oltre a un servizio legato al cimitero di Milltown, che è un monumento storico. E infine ancora cultura, c’era l’idea di un centro multifunzionale che potesse ospitare mostre, concerti, eventi culturali.
La storia di Andytown Barracks è per molti versi paradigmatica della storia del nord Irlanda. La demolizione della caserma rimanda alla demolizione di un sistema politico e di governo (quello unionista con l’appoggio inglese) basato su privilegi e “single-community-orientated”, cioè solo per la comunità unionista che ha potuto godere negli anni dell’occupazione britannica di posti di lavoro, case migliori, scuole migliori. Non che l’occupazione inglese sia cessata. Perché nonostante il governo del nord Irlanda oggi sia in mano a unionisti e repubblicani, almeno in linea di principio, l’occupazione è ancora visibile nella pratica di una politica di privilegi. West Belfast, area repubblicana, il cuore della resistenza agli inglesi, è cambiata moltissimo, ma non sono arrivate le tanto decantate fabbriche con la “pace”. Non sono stati creati i tanto decantati posti di lavoro in arrivo con la fine della guerra. La disoccupazione a West Belfast rimane molto alta. Geraldine McAteer ricorda che qui vivono circa 74,500 persone, cioè il 27% della popolazione di Belfast. Qui c’è la più grande comunità di travellers, gli zingari irlandesi, e West Belfast è anche la zona che ha attratto in questi anni di immigrazione, molte comunità straniere. Non a caso. Perché nelle zone unioniste, gli stranieri sono oggi come erano i repubblicani e i cattolici durante la guerra: nemici da espellere, con le buone o con le cattive. Non più tardi di un anno fa, cento polacchi sono stati costretti a ritornare in patria dopo un assedio alla chiesa dove si erano rifugiati da parte di gruppi di sbandati, ex appartenenti agli squadroni della morte lealisti.
Il governo del nord Irlanda oggi è un governo condiviso, con un primo ministro, Peter Robinson, unionista e un vice premier, Martin McGuinness, repubblicano. Sinn Fein e Democratic Unionist Party si dividono ministri e responsabilità. Ma è un governo che fatica a realizzare gli obiettivi che si prefigge. Perché il veto unionista è ancora una realtà. Non è un caso dunque che la dissidenza repubblicana, cioè quelli che pensano che la ‘pace’ non abbia portato grandi benefici alla comunità nazionalista (inteso come quelli che cercano l’unità con la Repubblica irlandese o comunque che oppongono l’unione con la Gran Bretagna), si stia rivelando sempre più come una spina nel fianco anche del Sinn Fein. E’ una dissidenza composita, frammentata. Vari gruppi spesso senza una linea chiara ma comunque legittimati dal consenso di una parte della comunità. Eirígí è il partito forse più articolato di critica al processo di pace. Nato nel 2006 come movimento e consacrato come partito da un congresso nel 2007 ha come obiettivo “la cessazione dell’occupazione britannica delle 6 Contee del Nord”. Il suo segretario è Breandán Mac Cionnaith, ex presidente del comitato di abitanti di Garvaghy Road. Un uomo molto stimato e amato: è stato lui a guidare l’opposizione alla violenta marcia unionista che ogni anno seminava il panico tra gli abitanti della repubblicana/cattolica Garvaghy Road a Portadown. Eirígí ha appena lanciato una nuova campagna, Stormont Isn’t Working. “Secondo le statistiche inglesi – dice Mac Cionnaith – ci sono oltre 110mila persone in cerca di lavoro nelle 6 Contee. Decine di migliaia di persone sono in lista d’attesa per una casa o una prestazione ospedaliera. Migliaia di persone vedranno tagliati i loro già miseri sussidi mentre i salari sono sotto attacco e altri posti di lavoro sono a rischio. La campagna – insiste – è per denunciare che i taglia sono voluti dal governo inglese e che l’amministrazione Stormont [il parlamento nordirlandese nato dall’accordo di pace. Ndr.] alla fine accetterà questi tagli”. Mac Cionnaith aggiunge che “il governo Stormont ha già accettato nel suo programma 2008-11 circa 2 miliardi di euro in tagli della spesa pubblica, che sommati ai 420 milioni di euro approvati qualche mese fa portano i tagli previsti da questo governo a 2 miliardi e 400milioni di euro”.
Gerry Adams, presidente del Sinn Fein (che è al governo) ribatte che “il budget approvato per il Nord è stato pensato per proteggere i servizi pubblici. Stiamo lavorando per far crescere l’economia. Lo stesso stiamo facendo al sud”. Quest’anno sarà un anno importante. Un anno di elezioni che potrebbero cambiare il volto dell’Irlanda, nord e sud. Al Nord a maggio si voterà per rinnovare l’assemblea per il Nord Irlanda e per le amministrative mentre al sud si aspetta la data delle politiche. Il Sinn Fein ha deciso di puntare molto sulla Repubblica e i sondaggi premiano questo impegno, prevedendo un exploit per il partito repubblicano. Lo stesso Adams sarà candidato al sud nella Contea di Louth. Al Nord i repubblicani hanno sempre aumentato i consensi, anche alle amministrative. La crisi economica è pesante e sarà proprio sulla capacità di presentare proposte credibili per affrontare questa situazione che si giocheranno le diverse partite elettorali.
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