RIVOLTA, FOTO DI GRUPPO NELLA CASA “COMUNE” Orsola Casagrande
Dalla Sicilia alla Lombardia. Movimenti da tutta Italia per la due giorni di Marghera: «O si fa qualcosa adesso oppure si è perso davvero il treno per i prossimi vent’anni» nella «casa comune» Studenti, lavoratori dello spettacolo, precari e sindacalisti Movimenti uniti a Marghera: «Sotto attacco i diritti di tutti»
Marghera. Oltre un migliaio di persone sono arrivate sabato al centro sociale Rivolta di Marghera per il seminario meeting di Uniti Contro la Crisi. Era da tempo che non si vedeva una partecipazione così massiccia e variegata. Una voglia di esserci, di dire la propria. Di provarci. Una sfida duplice, da una parte per provare a cambiare questo stato di cose e dall’altra farlo contribuendo ognuno con le proprie specifiche a creare qualcosa di «nuovo». Per una volta cioè utilizzare le proprie diversità (diversa appartenenza, diversa esperienza, diverso territorio e ambito di azione) a favore della costruzione di qualcosa di comune. Differenze come valore e non come pretesto per rimanere ognuno nel proprio (più o meno grande) orticello.
Una sfida non facile, perché va giocata appunto sui due piani, quello rivolto all’esterno (come mettere in piedi qualcosa che davvero contrasti l’attacco durissimo in atto contro i diritti e la democrazia) e quello rivolto all’interno, unirsi invece che dividersi perché l’obiettivo è comune. Ci si guarda dunque con interesse entrando al Rivolta. Ci sono persone che mai si sarebbe pensato di incontrare qui. La sfida il Rivolta l’ha vinta: qui dentro c’è un melting pot difficilmente pensabile anche solo fino a qualche mese fa.
Roma, Napoli, la Sicilia, il Piemonte, la Lombardia: la mappa è completa. Mondi, ambiti che se andava bene si sfioravano e che oggi stanno cercando di mettere insieme qualcosa di comune. Ritorna molto l’idea di una pratica del comune. Che passa da Vicenza, il no Dal Molin, ma anche dalla Val Susa e i No Tav e da Rigas, la Rete Italiana per la giustizia sociale ed ambientale. Secondo Luca Casarini «non c’è più tempo: o si fa qualcosa adesso oppure si è perso davvero il treno per i prossimi vent’anni». È una cosa che pensano in molti qui. Ci sono gli studenti romani, zaini in spalla, facce assonnate. «Abbiamo avuto la brillante idea – parla Alessandra – di partire alle 3 e mezzo di mattina». Sono qui perché vogliono «ascoltare» oltre che dire la loro. Alessandra Ferraro è una lavoratrice dello spettacolo. Regista teatrale, vive a Roma. «Noi lavoratori dello spettacolo – dice – siamo qui perché pensiamo che questo sia il momento di provare davvero a costruire qualcosa insieme a studenti, operai, a pezzi di mondo con i quali non ci siamo mai realmente incrociati».
Ci sono gli studenti torinesi di Palazzo Nuovo. «Abbiamo partecipato a fianco degli operai di Mirafiori alla fiaccolata di qualche giorno fa a Torino – dice Marco – e ci siamo resi conto una volta di più che sotto attacco sono i diritti di tutti». Imbacuccato perché a Venezia fa molto più freddo che a Roma, uno studente della Sapienza dice che la sua aspettativa per questi giorni è quella di una «discussione che sia in grado di rilanciare e di darci delle prospettive comuni perché la vera sfida dei prossimi mesi è come riusciremo a costruire insieme una alternativa e come riusciremo a andare avanti e costruire la continuità di questo straordinario movimento». Da Pisa è arrivato un gruppo di studenti che dice di voler partecipare al seminario sulla formazione ma anche a quello sul welfare. Gli studenti si avvicinano al segretario della Fiom Maurizio Landini. Chiedono dello sciopero del 28. Vogliono sapere di Mirafiori. Di cosa succede adesso alla Fiat. Di come si argineranno i tanti Marchionne che verranno.
Da Bologna, arrivano gli aderenti alla campagna «un’altra era», network di cittadini che osserva la holding che gestisce i beni comuni a Bologna. «Vogliamo recuperare i beni comuni alle comunità. Facciamo contro informazione sulle Spa e la privatizzazione delle vecchie municipalizzate». Reggio Emilia. «La scommessa di Uniti Contro la Crisi ha rimesso in circolo tante energie. C’è un bel clima. Anche all’università di Reggio Emilia abbiamo avuto una bella assemblea molto partecipata». Claudio di Link sottolinea che la pratica del comune nasce dallo scoprirsi a vicenda. A partire dal rifiuto del ricatto cui siamo sottoposti tutti, studenti, ricercatori, lavoratori precari, operai siamo riusciti a costruire un percorso che è passato per la manifestazione di Roma il 14 dicembre, Mirafiori a Torino e questo weekend a Marghera.
Da Venezia arrivano al Rivolta anche realtà che raramente vi hanno messo piede. C’è qualcuno del Pd, c’è la Fiom, ci sono Rifondazione e Sel. C’è anche qualcuno della Cgil. Nicola Grigion di Melting Pot pone la questione migrante. Lavoratori, e studenti, ai quali certamente vengono negati diritti ma «è importante – dice Grigion – anche pensare nuovi modi di stare insieme».
E poi c’è il popolo dei beni comuni. Ovvero la rete Rigas, i comitati per l’acqua pubblica, i comitati sui rifiuti. Anche per loro «questa è un’occasione per mettere in comune le nostre varie esperienze. Per costruire qualcosa che ci porti nei prossimi mesi a alzare il tiro della battaglia – dice Anna – che significa per esempio, raccogliere le cinquantamila firme necessarie per la legge di iniziativa popolare per la ripubblicizzazione del servizio idrico.
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LUCIO UTURBIA.MURATORE DELL’ANARCHIA (VIDEO)
Gara Muratore pensionato. Da bambino perse tutto il rispetto per l’autorità. La sua vita è un susseguirsi di contrabbando, rapine, militanza clandestina, rifugio a perseguitati e falsificazione di denaro e di documenti per aiutare cause rivoluzionarie. Pianificò affondare gli Stati Uniti. Organizzò una truffa miliardaria ad una delle principali banche del mondo. Era ricercato da polizie di diversi paesi ed ha conosciuto il carcere. E’ anarchico. Rivendica la responsabilità delle persone. Si definisce ricco, lo definiscono irriducibile.
Nella foto: Lucio Iturbia (a sinistra) con lo scrittore Iñaki Egaña
Testo di Fermin Munarriz
Lei ha 79 anni per nelle sue conferenze le sale sono piene di giovani…
Si, perché le idee che porto sono necessarie e alla gente piace quanto dico. E’ facile cambiare il governo, però sappiamo disgraziatamente dove ci porta. La soluzione non viene dai governi, verrà dai noi stessi, se saremo responsabili, senza credere ne in chiese, in partiti o in governi…
Ci troviamo in una grave crisi: cresce la disoccupazione, il capitalismo diventa sempre più selvaggio, però la classe operaia sembra che contempli la situazione…Cosa sta succedendo?
Abbiamo molti più mezzi di una volta, abbiamo anche più libertà però dobbiamo insistere su questa idea necessaria che è la responsabilità. Per me, è perdere il rispetto a ciò che si deve perdere. Bisogna perdere il rispetto a questi capoccia imbecilli che quanto più hanno più vogliono, che non sanno fare altro che accumulare mezzi economici ma che poi non sanno utilizzarli.
Per quale ragione un giovane di oggi dovrebbe impegnarsi in una lotta contro il sistema?
Perché è necessario. La vita non è solo pane. L’essere umano è ciò che è per quello che fa. E la gente giovane deve sapere che non si tratta solo di lavorare, si tratta anche di vivere, di condividere, di creare.
Com’era lei da bambino?
Da bambino ero un rivoltoso e mi davano multe da cinque pesetas. Mia madre non poteva pagarla ed allora mi portavano castigato a piantare alberi o in carcere a Tudela. Questa fu la mia fortuna perché non dovetti fare nessun sforzo per perdere il rispetto a tutto quanto era stabilito. Per questo noi poveri abbiamo una ricchezza se sappiamo utilizzarla. Abbiamo il diritto di perdere il rispetto a questa società idiota. E non sono contro la ricchezza e l’intelligenza, sono contro il mal ultilizzo.
Fin dall’adolescenza ha conosciuto celle, caserme, carceri. Ricorda quante volte è stato arrestato o detenuto?
Mah, quando ero giovincello ho fatto….il carcere di Cascante, che era un fienile, quello di Tudela, che già era un carcere di professionisti, quello di Bera de Bidasoa e quello di Pamplona. Poi in Francia, sono stato anche qui in altre quattro o cinque carceri, però per me questo è stata un ricchezza. Se io dovessi iniziare nuovamente la mia vita rifarei le stesse cose.
Come fu il primo contattato con l’anarchismo
Il mio primo contattato fu in Francia, quando ci arrivai come disertore. Però già allora avevo avuto una piccola esperienza: A Valcarlos io avevo lavorato nel contrabbando. Ed io dico che tutti i contrabbandieri erano anarchici perché era gente che aveva perduto il rispetto all’autorità: la Guardia Civil ci vigilava per anche noi li vigilavamo per poter contrabbandare….
Ed a Parigi iniziò la vita militante nell’anarchismo..
All’inizio facevamo espropri (assalti a banche a mano armata) perché non c’era altro rimedio. Noi non abbiamo avuto ne ministri, ne deputati, ne industriali che ci abbiano aiutato. Noi anarchici facevamo gli espropri come potevamo, però io non considero un eroe quello che prende un mitra, come facevo io, incoscientemente. Puntavi il mitra ad un impiegato di una banca perché ti desse il denaro, d’accordo, però per me non era eroismo, è che non si poteva a fare in altro modo. Quando scoprimmo che potevamo fare altre cose attraverso le falsificazioni, tirai un sospiro perché io non ho ucciso nessuno però potevo essere morto o potevo uccidermi. Era pericoloso.
Che cos’è l’eroismo per lei oggi?
Per me, l’eroismo è non essere d’accordo con questa società di capoccia imbecilli, che non meritano nessun rispetto, perché bisogna essere degli imbecilli per avere i mezzi che hanno e non sapere utilizzarli. Avete visto come l’Europa trema dopo i fatti della Grecia perché non c’altro rimedio in questa società, in certi momenti, che perdere il rispetto ed anche utilizzare la violenza. Disgraziatamente non c’è altro rimedio che utilizzarla. Il timore alla Grecia è dovuto a questi gruppi di anarchici; no serve essere milioni. Tremano perché la società è molto fragile.
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