TRIBUNALE SUPREMO ESCLUDE BILDU DALLE ELEZIONI

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La coalizione elettorale Bildu, sostenuta da Eusko Alkartasuna e Alternatiba e da indipendenti è stata esclusa dalle elezioni amministrative del 22 maggio prossimo da un sentenza del Tribunale Supremo spagnolo. Come nel caso del partito Sortu, il massimo organo giudiziario spagnolo ha accolto  la richiesta d’impugnare le 250  liste elettorali di Bildu presentata  dalla Avvocatura dello Stato e dalla Procura Generale  su richiesta del Governo socialista di Zapatero e del Partito Popular . La motivazione è sempre la stessa: Bildu è una creazione di ETA. Una decisione che si basa su illazioni non suffragate da alcuna prova e dalla presenza nelle liste elettorali di candidati che erano stati presenti negli anni passati in altrettante liste elettorali della sinistra indipendentista. Nessuna di queste persone era imputata o aveva pendenze penali, era insomma, come si dice, con la “fedina penale pulita”. Una decisione provocatoria che ancora una volta ha diviso i giudici del Tribunale Supremo, 9 a favore e sei contro, con un inconsistente supporto probatorio che conferma l’irrisoria indipendenza della magistratura spagnola. Come aveva suggerito lo stesso ministro degli Interni Rubalcaba, la mente di questa operazione prettamente elettorale che guarda a togliere argomenti al Partido Popular,  la legalizzazione della sinistra indipendentista in tutte le sue forme organizzative ed elettorali è un strumento per condizionare la proposta politica di questa area sociale. E quindi di legalizzazione per adesso nulla da fare. Niente a che vedere con la lotta contro ETA, la quale tra l’altro mostra mese dopo mese di aver accettato un cammino di disattivazione della lotta armata. L’ultimo gesto è stato l’annuncio avvenuto attraverso una lettera inviata alla Confederazione degli impresari della Navarra e della Comunita Autonoma basca della sospensione dell’”imposta rivoluzionaria”,  le estorsioni con le  quali si autofinanziava l’organizzazione armata basca. E adesso? Tutte le forze politiche  presenti nel Paese basco, eccetto il PP e UPN, avevano manifestato la loro opposizione ad una illegalizzazione di Bildu. Cosi si era anche espresso l presidente della Comunita Autonoma basca Patxi Lopez. Carlos Garikoetxea, presidente della Comunita Autonoma basca dal 1980 al 1986 e poi fondatore con altro nel 1986 di Eusko Alkartasuna, aveva avanzato l’ipotesi che in caso di illegalizzazione si sarebbe riscorso alla giustizia europea per invalidare le elezioni. Il PNV che in vista delle elezioni radicalizza il suo discorso ha da parte su minacciato di non approvare la finanziaria del Governo Zapatero 2012, se non veniva legalizzato Bildu. Dichiarazioni roboanti per una politica quella dello Stato spagnolo prettamente inquisitoria, si usano termini come “contaminazione”, che ripropone in termini di legalità ed elettorali quanto fece il governo razzista sudafricano nei confronti del United Democratic Front, una coalizione di 600 organizzioni sociali e politiche, nel 1987, o il governo turco nei confronti dei candidati kurdi per le prossime elezioni legilsative. Nel caso basco a nulla servono gli statuti di Sortu che rifiutano la violenza “inclusa quella di ETA” o una dichiarazione individuale con la stessa motivazione come hanno fatto i candidati di Bildu. La Spagna, si la Spagna delle direzioni del PSOE-PP, quella della Guardia Civil e del monarca nominato da Franco, Juan Carlos de Borbon, non può “comprare” la dissidenza e quindi illegalizza. Non può normalizzare un movimento politico che chiede giustizia sociale  e autodeterminazione. E quindi lo esclude, lo criminalizza. Un politica miope di una classe politica che in generale è il prodotto di quel franchismo sociologico, il lascito di quarant’anni di dittatura che ha rappresentato la cultura profonda di una società che non ha ancora saputo fare i conti con la propria storia. E proprio per questo il Paese basco  mostra ancora una volta di non essere Spagna.


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Una  premessa. Il risultato elettorale di domenica 22 maggio nel Paese basco non è esistito, o quasi, sui mass media italiani. Offuscata dalla reminiscenze del “miracolo spagnolo” di alcuni anni fa, o del siamo “tutti Zapatero”, della sinistra nostrana, la realtà di oggi, ma che era anche quella di ieri, riporta a dover fare i conti con una situazione completamente diversa. Una crisi economica da paura, con il 21% di disoccupazione e Zapatero in caduta libera di consensi dopo  aver approvato un pacchetto di misure economiche che colpiscono i diritti dei lavoratori e sono approvate dai banchieri, Botin, presidente del Banco de Santander, il primis. E la sinistra indipendentista basca entra nel panorama istituzionale basco dalla porta grande, nonostante all’ultimo minuto utile, il Tribunale Costituzionale abbia legalizzato la sua presenza attraverso la formula Bildu.

Non è nuovo questo atteggiamento informativo. Negli anni della lotta armata di ETA, il pretesto “terrorista” ovviava  considerare e analizzare in profondità il movimento politico  della sinistra indipendentista che si faceva interprete di una sentire sociale e politico che andava oltre il consenso, di per se significativo, di Herri Batasuna, Euskal Herritarrok o Batasuna. Ciò che non si prendeva in considerazione, per esempio, era quanto sosteneva il poeta spagnolo José Bergamin, che decise di trascorrere gli ultimi anni della sua vita nel Paese basco, dove mori nel 1981, per il quale le province basche era l’unico luogo dove era rimasto vivo e dominante lo “spirito della repubblica” schiacciato dalla genocida regime di Francisco Franco. Un altro dato nascosto o peggio stigmatizzato dalla sinistra italica, era la natura “nazionalista” del movimento indipendentista basco, quando in realtà queste affermazioni trasudano una concezione “grande nazionalista”. Quella che considera, di fatto, i grandi stati nazione come referenti naturali,  quando la loro storia è macchiata dai più grandi crimini che l’umanità abbia conosciuto. Il movimento indipendentista basco si è consolidato come corrente ideologica e politica durante il franchismo con la nascita di ETA, rappresentando un riferimento per tutti quei movimenti che univano la rivendicazione/constatazione della propria esistenza culturale nazionale con la questione sociale e di classe. Un antidoto storicamente radicato che è l’unico veramente capace di fare fronte, sul terreno politico identitario e di classe,  alla canea regionalista xenofoba montante in Europa che si è diffusa anche grazie anche la vuoto politico e di analisi della sinistra “grande nazionalista”. Insomma il silenzio di oggi si basa su una mistificazione di ieri dove la spocchia della intelighentia di sinistra è stata speculare alla arroganza della destra economica e politica egemone ai nostri giorni.

Ci troviamo quindi con  una sinistra, nel cuore dell’ Europa, la cui proposta politica consiste nella centralità delle classi lavoratrici, nel domino della politica sulla economia, nella partecipazione diretta nella vita politica e sociale dei cittadini e cittadine, nella solidarietà interna ed esterna, nella constatazione della pluralità culturale con pari dignità, nella rottura della cultura patriarcale, omofoba e xenofoba… che è diventata maggioranza relativa in termini elettorali, dopo che lo è a livello sindacale e sociale. Visto il panorama politico europeo forse qualche riga in più, un piccolo sforza magari in taglio basso, i mass media, almeno quelli più “sensibili” a certe tematiche lo avrebbero potuto fare.

Il voto.

Nelle  quattro province basche, Bizkaia, Guipuzcoa, Alava e Navarra la settimana scorsa sono stati chiamati alle urne 2.197.000 elettrici ed elettorali per il rinnovo dei consigli comunali e in Navarra anche per la Diputacion Foral, il parlamento autonomo provinciale. I dati della Navarra che utilizzeremo sono quelli della Diputacion dove un maggior numero di votanti ha espresso la propria preferenza. L’astensione è stata di 740000 votanti.

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