20 NOVEMBRE, PREPARATIVI INQUIETANTI DI UNA POLITICA MIOPE.

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In Spagna, nonostante turbolenze funeree dei mercati, minacce di default, disoccupazione che rimane stabile vicino ai 5 milioni di senza lavoro, il quotidiano spagnolo El Pais trova lo spazio per dedicare niente meno che un ‘editoriale, “Secretas intenciones” alla sinistra indipendentista basca.  Non dovrebbe sorprendere visto che la questione basca è stato il tormentone degli ultimi decenni. Ma da due anni a questa parte le cose sono cambiate. E i cambiamenti sono sotto gli occhi di tutti. Almeno per quanto riguarda il tema della violenza di ETA che è stato “IL” tema attorno al quale sono girati, e caduti, i governi spagnoli dalla morte del dittatore. Adesso che Bildu, la coalizione elettorale ha ottemperato a quanto gli è stato richiesto, distanziamento esplicito dalla violenza di ETA, prime partecipazioni di suoi rappresentanti a cerimonie in omaggio a vittime di ETA,  adesso che è sempre più chiara la scelta dell’organizzazione armata basca di aver intrapreso, dopo la dichiarazione  della tregua “generale, permanente e verificabile”, un cammino senza ritorno, politici spagnoli e mass media scatenano una nuova campagna di attacco e minacce contro la sinistra indipendentista. Quello che fa specie è la pochezza delle argomentazioni, condite da contraddizioni, bugie che danno la misura della mancanza di una classe politica all’altezza del compito cioè di risolvere una questione annosa e cruciale per la Spagna. L’incuranza per le ricadute sulla opinione della popolazione delle province basche che ha dimostrato in diversi modi, non ultimo nelle elezioni del 22 maggio, che le politiche strumentalmente securitarie e lo sbandierare le spauracchio di ETA non paga più, induce a ritenere che lo scontro potrebbe farsi molto pesante. Perché la classe politica spagnola ormai dice tutto e  il contrario di tutto paventando addirittura un pugno di ferro, se la   .“democrazia nel Paese basco venisse instaurata” , ovvero se nel Paese basco gli abitanti potessero votare liberamente il modello sociale e politico che desiderano. Lo ricorda oggi in una intervista il portavoce della sinistra Txelui Moreno quando afferma che “ETA è in tregua ma il Governo non vuole verificarlo” nonostante Rubalcaba candidato del PSOE a capo del governo per le prossime elezioni lo confermi asserendo che questa “sarà la prima campagna elettorale senza la minaccia di ETA”. Allora, se cosi stanno le cose perché il Ministro dei Lavori Pubblici, il socialista Blanco afferma che Bildu è sotto “osservazione permanente”, perché si minaccia l’esclusione di Bildu dalle elezioni legislative del prossimo 20 novembre? E’ probabile che la pressione del PP che guida di fatto la politica spagnola sulla questione basca sia l’elemento a cui i socialisti non vogliono, più che non possono, farne a meno. Basagoiti,presidente del PP nella CAV, in caduta libera di consensi, si riempie la bocca di minacce “se vinciamo alle prossime elezioni Bildu si prepari”, arrivando a non stringere la mano al sindaco di Donostia Izaguirre e definire a Garitano presidente della Diputacion guipuzcoana un “magnaccia”. Un linguaggio “leghista” che è la misura della complessità della soluzione della questione “basco spagnola” visto che uno degli interlocutori, la Spagna sciovinista, non accetta una realtà che ha cambiato profondamente i parametri di riferimento. Come non cogliere la novità di una sinistra indipendentista che decide di partecipare alle elezioni legislative spagnole con una proposta di “unita popolare basca”, che riunisca tutte le forze politiche di ambito basco, per far capire a Madrid che il contenzioso si può risolvere se basato su riconoscimento reciproco e il diritto a decidere dei cittadini e cittadini che abitano Euskal Herria? Una decisione questa che rompe con la tradizione di alterità della sinistra indipendentista rispetto a un parlamento quello spagnolo considerato non rappresentativo della società basca. Alterità del resto non solo ideologica ma anche dettata dal fatto che quando venne fatto il gesto di parteciparvi, “per dare corso ad una proposta di soluzione politica”, i deputati baschi di Herri Batasuna, allora eletti vennero accolti a colpi di pistola ed uno di essi Josu Muguruza rimase ucciso. Correva l’anno 1989 ed era un 20 novembre.


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27 GENNAIO, PAESE BASCO ANCORA SCIOPERO GENERALE

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Dopo quello del 29 giugno contro la riforma della legge sul lavoro, le organizzazioni sindacali basche ELA, LAB, EHNE, HIRU, ESK, che rappresentano la maggioranza sindacale nelle province basche, hanno promosso un nuovo sciopero generale contro la riforma delle pensioni che in questi giorni è oggetto di un serrato dibattito tra Governo, sindacati, UGT e CCOO, e CEOE, l’associazione industriali spagnoli. Come scrive Joserra Bustillo su Diagonal “ le ragioni dell’opposizione alla riforma si centrano su tre aspetti essenziali: l’ampliamento del computo per calcolare il valore della pensione da 15 a 20 anni; l’ampliamento del periodo contributivo per ricevere la pensione completa da 35 a 40 anni e l’aumento dell’età pensionabile da 65 a 67 anni. Inoltre le organizzazioni che hanno promosso lo sciopero respingono i limiti posti ai prepensionamenti, il congelamento delle pensioni per il 2011 o la promozione che si sta facendo delle assicurazioni private con la possibilità che migliorino ancor più le loro agevolazioni fiscali”. E’una agenda separata, ormai quella della maggioranza sindacale basca.UGT e CCOO hanno scelto di fatto dal 1977 con i Patti della Moncloa, la politica di concertazione lavorando, in questi ultimi anni, per la creazione di “contratti collettivi nazionali superando quelli esistenti provinciali che, nel contesto spagnolo, significherebbero  annullamento della maggioranza sindacale basca che dagli anni 90 ha rappresentato una spina nel fianco alle politiche neoliberiste dei diversi Governi spagnoli ed autonomi baschi. 

Un ruolo quello sindacale che è stato stigmatizzato dal “ministro” degli Interni del Governo autonomo basco, il socialista,  Alfonso Ares, il quale contestando la nacessita dello sciopero generale ha accusato “ELA e LAB di voler essere l’avanguardia nella lotta al Governo basco”. Di certo questa mobilitazione generale sta trovando considerevoli consensi. Scontata l’adesione delle forze politiche per la sovranità e progressiste basche come Eusko Alkartasuna, Alternatiba, Aralar e Sinistra Indipendentista. Quest’ultimo movimento nel dare l’appoggio allo sciopero sottolinea che “l’attuale riforma delle pensioni non risponde ad alcuna logica economica ne sociale. Non pretende garantire le pensioni ne dei più giovani ne delle persone anziane, solo vogliono che le banche facciano affari con le nostre pensioni”. Del resto lo stesso Emilio Botin, presidente del Banco de Santander, la principale holding finanziaria dello Stato spagnolo che nel 2009 chiuse con un utile di quasi 9 miliardi di euro, ha più volte affermato la necessita della riduzione delle spese dello stato, e della riforma delle pensioni che assieme alla “contrattazione collettiva centralizzata” sono “misure necessarie e opportune”. Che la grande banca faccia sentire la sua voce condizionate non è una novità ma in questa epoca di crisi questa azione diventa una necessita. Come ricorda Miren Etxezarreta, cattedratica emerita di Economia Applicata de la UAB, “ Il settore finanziario fu il causante immediato dell’ incendio e  adesso i finanzieri comandano: i grandi agenti economici dettano le politiche”

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