AMAIUR, SINISTRA BASCA PER LE ELEZIONI DEL 20 NOVEMBRE
Amaiur inserisce questa presenza elettorale nel processo di soluzione politica e di pace che sta vivendo bel Paese basco. Sostiene che la propria azione “in favore della Pace e Normalizzazione” si tradurrà nella applicazione dei punti contenuti nell’Accordo di Gernika e che nel quadro di soluzione del conflitto se la società basca è il soggetto di decisione anche lo Stato spagnolo deve contribuire a questo fine. “Siamo coscienti che la decisione sul futuro di Euskal Herria è nelle mani della società basca, l’unica legittimata a prendere decisioni al riguardo, però sappiamo anche che ci sono aspetti prioritari in materia di pace e normalizzazione per i quali lo Stato spagnolo è un attore necessario”.
Amaiur, quindi, è la nuova proposta elettorale di un una sinistra basca che non ha ancora concluso la sua opera di convergenza politica. Manca la organizzazione della sinistra indipendentista, Sortu, che attende la sua legalizzazione da parte del Tribunale Costituzionale. Una necessita quella di poter articolare e organizzare il settore sociale più consistente e che ha promosso di fatto questa convergenza politica e che ancora una volta svela l’ostilità degli apparati dello stato che hanno dato corso attraverso l’Avvocatura dello Stato e la Procura Generale alla impugnazione di Sortu dinanzi al massimo organo giudiziario spagnolo.
Un dato che viene rilevato da molti osservatori è che Amaiur potrebbe contendere per la prima volta l’egemonia elettorale al Partito Nazionalista Basco (PNV) e addirittura costituirsi in gruppo parlamentare, minimo 5 deputati, se otterrà un 15% dei voti nelle circoscrizioni dove si presenta. Visti i risultati recenti di Bildu il risultato è plausibile, considerando che si è aggiunta Aralar il cui peso elettorale se nella CAV è relativo ma nella Navarra ha rappresentato la principale componente della coalizione Nafarroa Bai, la seconda forza politica della provincia fino all’avvento di Bildu.
Il PNV prende atto di questo scenario possibile e innalza le difese rendendo chiaro che l’avversario da battere in queste elezioni non sono ne PP ne PSOE, con quest’ultimo, tra l’altro, aveva firmato una patto di governabilità, ma la sinistra indipendentista. Una situazione che evidenzia come questi due settori della società basca per ora non abbiano una visione comune sul futuro del Paese basco nonostante la stessa Bildu avesse offerto al PNV di confluire in una lista unica proprio per andare “come Euskal Herria dinnanzi allo stato spagnolo”. Ma questa scelta avrebbe significato per lo meno mettere in dubbio la strategia fino ad ora seguita,anche in questa legislatura, dal PNV che grazie a questo ruolo rivendica di “aver portato a casa un milione di euro al giorno” grazie all’accordo con Zapatero. Significava dare mettere da parte la strategia autonomista sulla quale il PNV in questi trent’anni ha costruito la suo consenso elettorale. Erekoreka, portavoce uscente del PNV al Congresso spagnolo, ha già ironizzato su Amaiur sostenendo che se vanno “a chiedere solo l’autodeterminazione sarà inutile” . Cosa del resto che sanno tutti nel Paese basco e che ha confermato, della sua “inutilità”, lo stesso PNV che aveva, solo poche settimane, proposto una mozione con questa richiesta, alle Cortes spagnole, nemmeno presa in considerazione, logicamente.
La questione è che la coalizione delle forze progressiste basche sembra voler porre la questione su un altro piano. Porsi come rappresentante di una società che chiede un cambio dei rapporti con lo stato spagnolo e francese basato sul mutuo rispetto, non quindi chiedere “concessioni” ma “riconoscimento della società basca, plurale, come soggetto di decisione.
Per questo la battaglia si prevede a tutto campo. E sulla storia in particolare. Urkullu presidente del partito nella annuale giornata del partito l’Alderdi Eguna svoltasi come ogni anni nei campi di Foronda a pochi chilometri da Vitoria, dinnanzi a decine di miglia di persone ha ricordato che “non abbiamo nessun debito ne con ETA ne con la sinistra indipendentista”. Sono loro, ha insistito il presidente del PNV che “non sono stati nell’autogoverno, non sono stati nella modernizzazione, non sono stati nella crescita economica e sociale”. “Hanno perduto 34 anni con la loro radicalità e rottura totale” ha aggiunto.
Ma forse è proprio questo il problema del PNV. Che la nuova coalizione raccoglie è vero una contestazione sociale politica storica nel Paese basco a una modello istituzionale quello “monarchico parlamentare e autonomista” ma anche un settore che sul processo autonomista ci aveva creduto come cammino verso una sovranità politica che in realtà è rimasta lontana. Insomma una sintesi politica, in cui la rivendicazione di giustizia sociale è l’altra faccia della stessa medaglia, i cui obiettivi vanno ben al di la delle elezioni legislative “spagnole”.
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