BILBAO, MIGLIAIA CONTRO I PROCESSI POLITICI E A FAVORE DI DIRITTI PER TUTTI
E quello dei prigionieri baschi era un tema centrale non solo della manifestazione ma anche dei mezzi d’informazione baschi e spagnoli che ieri avevano dato ampio risalto, essendo la notizia principale e di apertura, al comunicato del collettivo dei prigionieri e prigioniere politiche basche che davano i loro appoggio ufficiale all’Accordo di Gernika, che oggi celebra il so primo anniversario. Un comunicato che ha smosso le acque. Il Governo spagnolo e il PSOE hanno dichiarato che è “un fatto senza precedenti” e il partito di Zapatero e di Rubalcaba ha riconosciuto che bisognerà incominciare a parlare della dispersione in decine di carcere dei prigionieri baschi, dispersione la cui fine è una delle rivendicazioni del movimento basco. Dal canto suo invece il PP, dato per vincente alle prossime elezioni anticipate del 20 novembre, ripete la litania che il comunicato “è solo un modo per confondere le acque” che “nulla è cambiato” pera arrivare a Yolanda Barcina, presidente di UPN, il regionalista partito della destra navarra alleato per le elezioni con l PP, per la quale la lettura de comunicato è: “adesso che la barca affonda ognuno cerca di salvare se stesso” (!?)
La manifestazione si è conclusa prima con la lettura di un comunicato in euskera e spagnolo da parte di Egoitz Askisbar , di Esait movimento che rivendica una federazione basca per le selezioni sportive e Marijo Romero del sindacato LAB i quali hanno detto che la condanna ai cinque esponenti della sinistra indipendentista è “una flagrante violazione dei diritti fondamentali” mentre la sentenza è un “anacronismo nel nuovo clima politica politico che si è aperto in Euskal Herria che sta fuori dalla realtà politica e sociale”.
Infine è stata letta una lettera scritta da Arnaldo Otegi a nome dei cinque condannati nella quale denuncia che “esistono tuttavia forze poderose collocate nei diversi ambiti dello Stato spagnolo che adottano una strategia che ha come unico obiettivo impedire la pace in Euskal Herria.”
Nella lettera scritta in spagnolo e euskera si ricorda come nel 1970 ci fu il processo di Burgos che fece conoscere al mondo la causa basca contro il regime franchista e che tra tre giorni ci sarà il 27 settembre giornata in ricordo delle fucilazioni dei militanti baschi di ETA e del FRAP del settembre 1975, non dimenticando di esprimere solidarietà al popolo palestinese ,che ieri aveva presentato alle Nazioni Unite la richiesta di riconoscimento dello Stato Palestinese.
Gli esponenti della sinistra indipendentista ricordano i termini della questione:
“Quando ci trovavamo nelle celle della Audiencia Nacional chiedemmo di poter consegnare al tribunale che ci ha giudicato e condannato un ramo di olivo. Ma non ci fu permesso e questo rappresenta una metafora altamente significativa dell’obiettivo che hanno: fare cadere questo ramo d’olivo, recuperare scenari di scontro armato con i quali dotarsi di scuse che nascondono la loro assoluta debolezza politica e evidenziano il loro carattere autoritario e reazionario, che non offre al popolo basco altra alternativa che non sia la crisi economica, la negazione dei diritti e la repressione più crudele. (…)”
Per cinque condannati comunque il cammino è chiaro:
“Perché, signori Lopez Ares, Rubalcaba……la pace non viene e non arriverà per Euskal Herria dalle mani dell inesistente Stato di Diritto Spagnolo , bensì dalle mani di chi rivendica il Diritto ad essere Stato del Popolo Basco. “
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The ruling AKP government has sped up the building of the unlawful wall between Mardin’s Nusaybin district and the Qamishlo city in West Kurdistan. The construction companies building the wall are kept secret and the municipality of Nusaybin is provided with no information about the wall being built.
Speaking to ANF about the ‘wall of shame’, mayor of Nusaybin Ay?e Gökkan remarked that the wall is being built at a time when the Kurdish people expect the government to remove wire fences and demine the border region.
Calling attention to the refusal of such walls across the world, Gökkan reminded of the fall of the Berlin Wall in 1989, and Turkish Prime Minister Recep Tayyip Erdo?an’s ‘wall of shame’ comment for the wall Israel built between Gaza and West Bank.