10 ANNI DI CARCERE A OTEGI E DIEZ

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La sentenza del cosiddetto casa Bateragune che vede implicati alcuni dei politici baschi della sinistra indipendentista più conosciuti ha confermato le pene preannunciate da Cadena Ser.
Arnaldo Otegi e Rafa Diez sono stati condannati a 10 anni di carcere mentre Sonia Jacinto, Miren Zabaleta e Arkaitz Rodrígue sono stati condannati a otto anni. Assolti xelui Moreno, Mañel Serra e Amaia Esnal.

La Cadena Ser però già stanotte anticipava il verdetto citando fonti giudiziarie. Un verdetto pesantissimo che conferma che la Audiencia Nacional ha accolto le tesi della Fiscalía secondo la quale i politici baschi erano agli ordini di ETA.
Il messaggio dello stato spagnolo è chiaro : nessuna rinuncia alla politica repressiva fin qui pratica, nessuna rinuncia alla violenza. Anzi, attraverso questa violenza lo stato spagnolo cerca di togliere qualunque speranza e illusione a chi invece ha, unilateralmente, scelto di percorrere il cammino del dialogo e della pace.
Un messaggio durissimo quello dello stato spagnolo: dimenticate la speranza.

Pubblichiamo qui sotto l’editoriale di Gara in attesa della sentenza ufficiale :

Una condena que busca minar la esperanza de la sociedad vasca

A la espera de que se confirme la filtración lanzada ayer por la Cadena Ser, una sentencia condenatoria contra Arnaldo Otegi, Rafa Díez, Arkaitz Rodríguez, Sonia Jacinto y Miren Zabaleta constituye la peor noticia que en estos momentos podía salir de la Audiencia Nacional. Una pésima noticia y, sin duda, una razón para preocuparse.

El tribunal presidido por Ángela Murillo tuvo ocasión de escuchar de viva voz el motivo real por el que los ocho imputados en el caso Bateragune se sentaron en el banquillo. No pueden alegar los jueces falta de claridad en la exposición. Por primera vez, un juicio de estas características fue retransmitido en directo y junto a los magistrados fueron miles las personas que oyeron a los militantes de la izquierda abertzale relatar el trabajo desarrollado para conducir a este país a un escenario de paz, donde cualquier expresión de violencia desaparezca definitivamente. Las palabras de Otegi y sus compañeros aún retumban en las paredes del tribunal. Pese a ello, o precisamente por ese motivo, pueden ser condenados. A nadie se le escapa, por tanto, qué es lo que se está sentenciando y el alcance de la decisión judicial. Se trata de un hecho extremadamente grave, en primer lugar por el castigo que supone para los militantes abertzales que han sido condenados y para sus familias, y también en tanto es la respuesta que el Estado español da a la mano tendida por quienes apuestan por un cambio de ciclo en este país.

El mensaje es claro: Madrid mantiene invariable su política represiva; no renuncia a la violencia. Y a través de ella persigue el desistimiento de aquellos que unilateralmente han apostado por la paz y la solución. Golpea, además, a quienes se reconoce como principales impulsores de esa apuesta, y lo hace a pesar del clamor existente en Euskal Herria en favor de su liberación y contra las innumerables peticiones llegadas desde el ámbito internacional para exigir un desenlace positivo. Esa es la apuesta que mantienen los poderes del Estado. «Perded toda esperanza», es el mensaje que quieren transmitir. Pero deben ser conscientes de que ahora la receptora de ese mensaje es toda la sociedad vasca.


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ETA: UN ANNUNCIO CHE VIENE DA LONTANO E GUARDA AVANTI

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La dichiarazione di ETA diffusa oggi dal quotidiano basco Gara era attesa da settimane.

Anzi, era il serpentone che faceva presenza nei discorsi dei politici e mass media spagnoli e baschi. Una questione che è stata posta da subito è quale novità rappresenti questa dichiarazione rispetto ad altri annunci di cessate il fuoco proclamati nel corso della storia dell’organizzazione armata.

Dal 1975 ETA considerava ineludibile la trattativa sulla base dell’Alternativa Kas, una sorta di processo costituente basco, per arrivare a una soluzione del conflitto. A più riprese veniva sottolineato come questo accordo avrebbe portato a una sorta di ibernazione della lotta armata.

Un aspetto fondamentale era che ETA si  considerava l’interlocutore del governo spagnolo e questa strategia politico-militare del conflitto portò Governo ed ETA a sedersi al tavolo delle trattative ad Algeri dal gennaio ad aprile 1989. Eta dichiarò una tregua unilaterale di 15 giorni per poi annunciare una “la creazione di un periodo di distensione nel conflitto, che propizi il dialogo assunto dalle parti”. La  tregua fu effettiva anche da parte del governo spagnolo.

Fallito il dialogo di Algeri bisognerà attendere il l’aprile del 1996, poco dopo l’elezione di José Maria Aznar, sfuggito miracolosamente a un attentato dell’organizzazione armata, per registrare una tregua “simbolica” di ETA, di una settimana, in occasione della presentazione dell’Alternativa Democratica, una proposta di soluzione al conflitto che, pur riaffermando il ruolo di “garante” per il gruppo armato rispetto a un negoziato sul diritto autodeterminazione del Paese basco, stabiliva che fossero i partiti e forze sociali basche a discutere i contenuti politici dell’accordo.

L’affondo a tutto campo del Governo Aznar contro la sinistra indipendentista, accompagnato da un giro di vite nella politica autonomista e una strategia militare di ETA che compie un salto attentando direttamente ai rappresentati politici del PSOE e del PP, portò alla stipula di un accordo tra la maggioranza delle forze politiche sindacali e sociali baschi, escluse le rappresentanze di PSOE e PP nonché di UGT e CCOO baschi, che si denominerà Accordo di Lizarra Garazi. Prendendo come riferimento il processo di pace in Irlanda del Nord, l’accordo poneva le basi un processo di pace basto sul riconoscimento del Paese basco come ambito decisione.  Una novità importante, perché l’iniziativa risiedeva nelle forze politiche e sociali basche. È in quedto contesto che ETA dichiara una tregua unilaterale il 12 settembre del 1998 che durerà fino al dicembre 1999. In questo periodo, le forze di sicurezza spagnole  francesi metteranno in atto una serie di operazioni sia contro ETA che contro le organizzazioni politiche della sinistra indipendentista. Anche l’accodo di Lizarra Garazi si concluse con una rottura, che però rese evidente come la strategia negoziale in cui ETA si presentava come soggetto  “garante”  fosse un argomento usato strumentalmente dal Governo spagnolo per affermare che non era possibile negoziare accordi politici “con una organizzazione terrorista”. Una constatazione che porterà una riflessione interna al movimento indipendentista basco che dopo anni di trattative segrete con esponenti del PSOE, sfocerà, nel settembre 2004, nella dichiarazione di Anoeta, dove la già allora illegalizzata Batasuna, annuncerà una proposta di dialogo su due tavoli: il primo tra ETA e il Governo per discutere di smilitarizzazione vittime e prigionieri baschi. Il secondo, politico, fra partiti e agenti sociali baschi.

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