LETTURE DI UNA SENTENZA POLITICA

by Talking Peace | 17th September 2011 8:31 pm

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Ma le argomentazioni sono anche più sottili o almeno così vengono presentate confondendo con un linguaggio giuridico una tesi che è tutta politica. Un concetto che sia nelle sentenze che nel dibattito politico compare sempre: qui non si giudicano idee ma fatti criminali. Garzon lo aveva detto, spiegato, nella famosa istruttoria 35/2002 paventando che il vero problema non ETA in fin dei conti ma Batasuna. Il referendum, consultivo, sulla riforma dello Statuto di autonomia della Comunita Autonoma Basca (CAB) e sull’abbandono di ETA della lotta armata aveva portato il Governo spagnolo a minacciare il carcere all’allora presidente della CAB Ibarretxe. Il golpe in Honduras venne giustificato con le stesse motivazioni, un referendum consultivo proposto dal presidente Manuel Zelaya. Repubbliche (monarchia in questo caso) bananeras vengono chiamate….La lista della “criminalizzazione politica delle idee” è lunga nonostante alcune sentenze del Tribunal Constitucional, ma anche della stessa Audiencia Nacional,  cerchino di salvare la forma come nel caso della legalizzazione di Bildu. Come dire: “forse stiamo esagerando” frase che venne pronunciata, cosi come si legge, dal procuratore generale in occasione della illegalizzazione di metà delle liste elettorali di ANV  nel 2007.

L’editoriale de El Pais a commento della sentenza torna a proporre questa particolare concezione dei diritto penale fatto di “logiche supposizioni”,“probabili certezze”, “moltitudini di inferenze logiche che trascendono le mere supposizioni” .. Cosa dice l a testata ammiraglia del gruppo Prisa? Nel titolo gli imputati sono già stigmatizzati implicitamente come responsabili della sentenza. “Sarebbe uscito Otegi?”. La tesi dell’articolo è che sarebbe uscito se “ETA avesse annunciato la sua dissoluzione” o se “la sinistra indipendentista ( o lo stesso Otegi e i suoi compagni imputati) avessero chiesto in modo credibile la scomparsa di ETA e condannato il ricorso alla strategia terrorista”.   Ma il processo non è stato istruito da Garzon  e presieduto dalla Murillo su questi presupposti e accuse ma sul fatto che Otegi e gli altri e le altre erano e sono “dirigenti di ETA”, che operavano a suoi ordini (sic!) che proponevano la rifondazione di Batasuna, progetto Bateragune, per raggiungere gli obiettivi politici attraverso  una azione politico militare”. Ora Otegi lo ha ripetuto durante il dibattimento che la svolta strategica dell’ sinistra indipendentista è senza possibili ripensamenti, che ETA adesso “è superflua e ostacola”. Se l’etimologia delle parole ha un senso anche in spagnolo – “ETA sobra y estorba” – è chiaro che Otegi ha ottemperato pienamente a quanto “richiesto” da El Pais.

Per dare spessore e giustificare giuridicamente  una sentenza che condanna chi chiede la fine della lotta armata, El Pais da una interpretazione temporale, che “nelle date dei fatti giudicati” era palese l’assenza nei processati di qualsiasi attitudine che denotasse un reale distanziamento dalle tesi della banda. Questo riferimento temporale significa che più tardi ci sono stati questi sintomi di distanziamento che non sono stati considerati? Potrebbe essere, perché i tre documenti della ex Batasuna che analizza (il tribunale nda), redatti tra ottobre del 2009 e febbraio del 2010 si riconosce che c’è una evoluzione in questa direzione”.  Ossia al tempo dei fatti giudicati dal dicembre 2008, gli imputati sarebbero stati “in linea con la tesi politico militare” dal novembre 2009, no.  Ovvero un movimento ha che cinquanta anni di storia che ha messo in crisi lo stato spagnolo e, non solo per l’esistenza di ETA, che ha coinvolto e coinvolge centinaia di migliaia di persone, ha una leadership politica che in pochi mesi compie una piroetta politico strategica di questo spessore “convincendo” la maggioranza del movimento, non solo, ma mette in motto un processo che la porta in poco meno di due anni a coagulare una serie di forze politiche e sociali che divengono la principale forza elettorale delle province basche?

Lo stesso El Pais come gli apparati dello Stato sanno che il dibattito interno alla sinistra indipendentista sul “che e come fare” è datato. Che  risale ai tempi di Lizarra Garazi ma i cui embrioni si erano manifestati già prima in un epoca dove la teoria dello scontro a tutto campo era egemone ma dove si riconosceva anche che senza una capacita di egemonia e consenso conquistati sul terreno del confronto politico il progetto politico della sinistra indipendentista non avrebbe avuto futuro.

Per questo il quotidiano spagnolo ammette le questioni politiche alla base della sentenza di condanna, ammantandole  però con la questione di ciò che “avrebbe fatto nel passato  ETA” e non di quello che farebbe o farà in futuro e che relazione hanno con ETA gli imputati che sono le accuse nei loro confronti in questo processo. “Eppure, c’è qualcosa che rimane in tutti i testi e dichiarazioni: il rifiuto a condannare la traiettoria di ETA e il ruolo centrale dato al negoziato che non è qualcosa di congiunturale sino uno “strumento” da utilizzare fino a raggiungere gli obiettivi finali, secondo il primo dei tre testi analizzati. Ambedue le cose sono sicuramente in relazione tra loro. Non condannano ETA perché giustificano il cambio di strategia con l’argomento che la lotta armata ha impedito il consolidamento della autonomia, ciò che rende possibile negoziare oggi un cambio del quadro politico in cambio della ritirata definitiva della banda”

El Pais insiste sulla questione della “condanna ad ETA” quando il suo pronunciamento o meno non è oggetto penale ne in termini teorici, liberta di espressione, ne in quelli legislativi –la stessa legge sui partiti e il tribunale costituzionale lo hanno più volte sancito -. Sul ridurre la storia degli ultimi cinquant’anni alla sola esistenza di ETA, seppur importante, testimonia ancora una volta la miopia spagnola nel leggere le dinamiche politiche basche. Le ultime elezioni, la strategia della sinistra indipendentista ma anche le ultime prese di posizione di ETA dovrebbero suggerire che il cambio del “quadro politico” non avverrà attraverso un negoziato  -e come altrimenti?- “in cambio della definitiva ritirata della banda”,  ma dal rapporto di forza che il movimento politico e sociale per la sovranità e di sinistra di uomini e donne riuscirà ad determinare e vista  la politica attuale dello stato spagnolo, potrebbe in poco tempo essere la maggioranza assoluta nel Paese basco.

Quello che è certo, da un rapida lettura, la sentenza  trasuda nelle sue 144 pagine l’argomentazione inquisitoria,  che non apporta prova concreta alcuna a sostegno delle tesi accusatorie. Con aspetti paradossali. Come l’accusa e la condanna nei confronti degli imputati Otegi e Diez per fare parte di una “organizzazione terrorista con il grado di dirigenti”  e che questa stessa organizzazione avrebbe “ordinato” loro, i presunti dirigenti, di svolgere direzione nella sinistra indipendentista per attuare una politica subordinati alla supervisione e tutela di ETA.!!!! Oltre ad essere contraddittoria la sentenza non spiega se ETA è una entità extraterrestre o una organizzazione fatta di persone, visto che non appare nessun nome di persone “di ETA” che diano questi presunti ordini. Come dire essendo gli unici nomi di dirigenti di ETA, secondo il tribunale,  citati nella sentenza, Otegi e Diez avrebbero elaborato un documento sulla fine della lotta armata che, come dice la sentenza, è in contrasto  con un altro favorevole a mantenere la strategia politico militare proposto da ETA (?!), al fine di attuare una strategia nella sinistra indipendentista che sia tutelata da ETA stessa. Cosi come si legge, una giurisprudenza schizofrenica.

Che le cose non rientrino nei parametri comuni ad altri conflitti sono in diversi a riconoscerlo. Vicenç Fisas, direttore della Escuela de la  Cultura de la Paz oggi sul quotidiano Publico, scrive: “Da molti anni mi dedico a seguire e comparare i processi di pace che ci sono nel mondo ed è difficile incontrare tanta ottusità come in Spagna, dove si vuole porre fine a ETA pero non capisce che questo non è possibile senza dare spazio politico all’indipendentismo basco, ripeto partendo da parametri democratici e di rispetto non di coazione o minaccia”.

La classe politica spagnola infatti sembra non capire e continua a darsi addosso per mettere in scena una pantomima della dialettica dove in realtà tutti sono d’accordo. Patetico fu il “dibattito” sulla Sentenza del Tribunale Costituzionale che legalizzò, per un solo voto a favore, Bildu. Il PP, o almeno diversi suoi esponenti, accusarono il PSOE di aver “condizionato la decisione” del Tribunale quando l’impugnazione della liste di Bildu venne iniziata dalla Procura Generale e dalla Avvocatura dello Stato organi le cui cariche sono di nomina politica governativa quindi del Governo socialista di Zapatero.  E sia Rubalcaba allora ministro degli Interni che quello di giustizia Caamano avevano più volte manifestato di esser in sintonia con la prescrizione della coalizione elettorale basca.

Chi  invece capisce e perfettamente sulla necessita di una dialogo e inclusivo a tutto campo, è la società basca in generale e di conseguenza anche gli stessi antagonisti della sinistra indipendentista nel Paese basco, come il lehendakari, presidente della CAB, il socialista Patxi Lopez che ammette “che la società basca si sente sorpresa e frustrata” per una sentenza come questa ammonendo, allo stesso tempo, che si corre il rischio di far apparire “Batasuna come vittima”.

Perché questa è adesso la paura che attanaglia la classe politica spagnola. Basterebbe leggere i commenti alla notizia sui diversi quotidiani per capire che alle prossime elezioni legislative  spagnole, Bildu data già come possibile vincente nel Paese basco potrebbe come dice l’opinionista Aizpeolea sul El Pais “aggiungere un altro deputato ai cinque possibili”. Del resto i messaggi della sinistra indipendentista e dello stesso Otegi dopo la sentenza sono eloquenti sulla consapevolezza della forza del proprio progetto politico. “Che nessuno abbandoni questa strada perché vinceremo” sono state le parole di Otegi. Lo stesso Rafa Diez, l’unico degli imputati in liberta provvisoria, in una intervista al quotidiano Gara, riconosce che questa sentenza può “sollevare interrogativi, però non dobbiamo dare risposte classiche proprie di altri momenti storici, bensì permettere che sia la società nel suo insieme quella che risponda, e che lo faccia in un determinato senso: al fine di convertire questo in irreversibile. Bisogna conseguire questo protagonismo della società, affinché nessuno possa condizionare o negare il suo futuro. Nessuno glielo può rubare”

Tra l’altro, come scrive ironicamente Alberto Moyano, nel suo blog sul non certo tenero con la sinistra indipendentista, El Diario Vasco,  oltre alle questioni politiche questa condanna mette in risalto la figura di Arnaldo Otegi “ In qualsiasi caso” scrive Moyano, “fino a quando sapremo se la sentenza della Audiencia Nacional complica il panorama politico, sembra chiaro che chiarisce enormemente quello elettorale. Messo adesso a confronto agli “ultraleggieri” Lopez (PSOE), Basagoiti (PP) e Erekoreka (PNV) in una competizione elettorale si correva il rischio che un Otegi in libertà se li mangiasse a merenda in un sol boccone”.

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