STORIE DI ORDINARIA REPRESSIONE
Ö.S. di 15 anni è stato trasferito in cinque diversi carceri negli ultimi quattordici mesi. Ö.S., è stato arrestato a Erzurum il 20 luglio 2010 e messo in prigione con l’accusa di essere “un membro di organizzazione terrorista”. Una volta arrestato Ö.S. è stato inviato in cinque prigioni diverse per 14 mesi e tenuto in condizioni di isolamento. La Corte per i Minorenni ha stabilito la prossima udienza al 29 settembre 2011. Secondo un rapporto dell’agenzia Bianet, il giurista Mü?ir Deliduman ha osservato che il giudice del Tribunale per i Minorenni ha accettato la sua petizione per chiedere che Ö.S. sia rilasciato in attesa diel processo. Ricordando che il Dipartimento di Giustizia di Erzurum ha assegnato il giudice del tribunale temporaneamente ad un altro distretto, l’avvocato Deliduman ha osservato che l’udienza è proseguita con un nuovo giudice che non sapeva nulla sull’argomento e che ha stabilito il proseguimento della detenzione. Deliduman ha aggiunto che il Dipartimento di Giustizia di Erzurum ha violato la Convenzione sui diritti del fanciullo, che è vincolante per la Turchia, la Convenzione sui diritti del fanciullo, l’articolo 5 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo concernenti il ??diritto alla libertà e alla sicurezza e l’articolo 6, relativo al diritto ad un giusto processo.
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Boris Pahor rifiuta il premio del sindaco di Trieste perchè non cita i crimini fascisti
Boris Pahor, scrittore triestino sloveno è un fiume in piena. A 97 anni racconta, racconta, senza mai stancarsi, senza mai perdere una volta il filo del ragionamento che ci tiene a fare, per ribadire che il fascismo è iniziato prima della salita al governo di Mussolini. Anche per questo quando lo scorso dicembre il sindaco di Trieste, Roberto Dipiazza (Pdl), gli voleva conferire la cittadinanza onoraria, Boris Pahor ha declinato l’invito. Ha ritirato invece quello che gli è stato conferito dall’associazione “Liberi e uguali”.
Cominciamo da qui. Perché ha rifiutato il riconoscimento del sindaco?
Quando ho saputo che volevano darmi un riconoscimento, ho saputo anche che il testo conteneva la mia sofferenza nei campi di concentramento tedeschi. Allora ho scritto al signor sindaco che lo ringraziavo per l’idea, solo che la mia vita non è stata segnata solo dal campo di concentramento tedesco. Prima ancora c’è stata la mia gioventù, segnata drammaticamente dal fascismo. Ho perduto un mucchio di anni perché la lingua slovena era proibita e io non ce l’ho fatta a fare il passaggio dalle elementari slovene alla quinta italiana. E non perché non fossi capace da un punto di vista intellettuale, ma perché non potevo diventare italiano per forza. Il regime voleva che tutta la popolazione risultasse italiana (gli sloveni, noi del Carso e del litorale sloveno, e quelli dell’Istria e della Croazia). Hanno cambiato nomi e cognomi alla gente in maniera che noi di fatto risultassimo spariti. Per farla breve, ho detto al sindaco: “io la avverto prima perché non voglio che lei mi dia il riconoscimento senza nominare il fascismo. Altrimenti lo rifiuterei”. Tutto là, insomma. Poi il sindaco, parlando di questo con i rappresentanti sloveni (qui ci sono due società che si interessano alla nostra cultura, una piuttosto di sinistra, l’altra piuttosto diciamo democratico-cattolica), ha deciso risposto che pretendevo di formulare io la motivazione. ‘A caval donato non si guarda in bocca’, ha detto. Al che non posso che rispondere che se mi avessero dato un cavallo l’avrei accettato, ma non posso accettare che si dica che sono stato in un campo di concentramento tedesco tralasciando la mia gioventù che mi è stata praticamente rovinata, non l’ho avuta io la gioventù.
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