EUSKAL HERRIA NECESSITA SOLUZIONI (Video)

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Impressionante il ritmo degli avvenimenti che si sono susseguiti in queste ultime settimane nel Paese basco.  La forze che hanno dato vita all’ Accordo di Gernika, che rappresentano gran parte della corrente progressista e autodeterminista della società basca, con l’eccezione, per ora,  del sindacato maggioritario ELA, possono dirsi soddisfatte. E la sinistra indipendentista in particolare. Dopo avere visto ratificata anche dal voto nelle amministrative del 22 maggio scorso, la svolta strategica, gli ultimi passi obbligati sono stati compiuti. L’adesione del collettivo dei prigionieri politici all’ accordo di Gernika, la dissoluzione dell’organizzazione EKIN, perché non più funzionale alla congiuntura politica attuale, la presentazione della Commissione internazionale di  verifica dell’ alto al fuoco di ETA, hanno spianto la strada alla realizzazione della Conferenza internazionale sulla pace nel Paese basco dove personalità internazionali come Kofi Annan, Tony Blair, Jimmi Carter, il senatore statunitense George MItchel, l’ex ministro degli Interni francese Pierre Joxe, il presidente del Sinn Fein Gerri Adams approvano un documento nel quale chiedono a ETA la fine della lotta armata e che richieda ai governi spagnolo e francese di affrontare le “conseguenze del conflitto” (prigionieri, disarmo, vittime). E giovedì 20 ottobre ETA diffonde attraverso un video pubblicato dai quotidiani baschi Gara e Berria lo storico annuncio della fine della lotta armata.

A coronare questa tappa di un processo irreversibile la manifestazione di oggi a Bilbao  con decine di migliaia di persone convocate dai firmatari dell’ Accordo di Gernika per chiedere diritti integrali e per tutta la società basca. “In questa situazione, che non ha precedenti nella storia recente del nostro popolo, sono i cittadine e cittadini baschi la chiave di tutto”, ha detto Ahinoa Etxaide, segretaria del sindacato Lab,  nell’intervento finale della manifestazione. Una manifestazione che oltre a confermare la capacita di mobilitazione unica  di questo pezzo importante della società basca evidenzia come nelle prossime elezioni un cambiamento radicale della mappa elettorale nel Paese basco è più che probabile.

Perché se un dato appare leggendo i quotidiani spagnoli e ascoltando le dichiarazioni delle leader delle principali forze politiche Partido Popular e PSOE si ha l’impressione che predomini uno spirito di vendetta più che di sollievoper un annuncio tanto atteso, richiesto auspicato da decenni. Le dichiarazioni “sulla sconfitta di ETA, senza nessuna concessione”, “vittoria della democrazia”, la necessita ossessiva di riaffermare che “la storia verrà scritta dai vincitori” nasconde in realtà una paura recondita rispetto alla sfida che ora attende tutte le forze politiche, quando è uscito di scena il pretesto “della minaccia o ricatto del terrorismo”.

Una sfida sul terreno del confronto democratico, quello reale ovviamente, che per ora non può essere associato a una identificazione nazionale. Non può essere perché questa natura del confronto non può definirsi “spagnola” perché la democrazia spagnola nega l’esistenza di una società basca come ambito decisione: non può essere nemmeno una confronto democratico “basco” perché non si è ancora articolato ne materializzato. L’unico possibile e quindi un terreno dove si accettino le rispettive visioni dove si accetti che il sentirsi spagnolo o basco è u diritto, che un programma politico, qualsiasi esso sia deve e possa essere discusso, dibattuto, giudicato e votato da una società come quella basca che ha chiesto a ETA di non esercitare più un “poter di fatto” attraverso l’uso della lotta armata e allo Stato spagnolo  (ma anche a quello francese) di fare altrettanto, di abbandonare la ragione di stato in luogo della lo stato di diritto e di uscire dall’egocentrismo politico e sociale.

Certo la memoria deve rimane come monito per ricordare che comprendendo le ragioni dell’ altro, e quindi riconoscendone l’esistenza, è l’unico viatico verso una pace giusta. Ricordare solo le 829 vittime di ETA, sostenendo che sono “il riferimento di ogni azione politica spagnola”, utilizzandole come ariete politico per evitare di affrontare il nodo politico di fondo, ripropone nei fatti un antico vizio dell’ establishment spagnolo di non fare i conti con la propria storia. Una storia fatta di una dittatura come quella franchista i cui protagonisti sono stati  artefici dell’ attuale monarchia parlamentare. Un storia recuperata, parzialmente ed in modo ipocrita solo nel 2004, un storia che lascia ancora oggi 2000 fosse comuni con decine di migliaia di repubblicani giustiziati da un regime  rimasto impune. Una storia che lascia nell’oblio le altre 470 vittime per mano delle forze di sicurezza, gruppi paramilitari dalla nascita di ETA ad oggi.

La costruzione di una società riconciliata passa attraverso il riconoscimento di una memoria comune. La manifestazione di Bilbao va in questa direzione. Chiede diritti per tutti, chiede parola ai cittadini e cittadine. Chiede in definitiva democrazia reale, una petizione sempre più urgente in epoca dove mercato ha sostituito le parole sovranità popolare e democrazia.

 


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