KURDISTAN SENZA TREGUA

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Erdogan non vuole la pace con i kurdi. Non la vuole perché ha in mente un piano di ricollocazione della Turchia sullo scenario internazionale nel quale i kurdi in questo momento sono elemento di disturbo. Perché sono, nei fatti, l’unica vera opposizione al disegno del premier islamico. Che è quello di fare della Turchia l’interlocutore principale dell’occidente (e degli USA in particolare) in medio oriente. Da qui anche le tensioni con Israele. La Turchia vuole diventare il braccio destro degli USA, oggi un ruolo ricoperto da Tel Aviv. E vuole essere il cavallo di Troia nella regione. Da qui il sostegno alle opposizioni (alcune) in Siria contro Assad o il suo porsi come mediatore in ogni conflitto in corso, da quello israelo-palestinese a quello libico. Erdogan ha fatto il giro dei paesi della primavera araba accolto come un leader. Il modello Turchia piace agli islamici che hanno bisogno di ‘svecchiare’, di mandare a casa i leader matusa per proporre un islam più ‘moderno’. In realtà un’altra versione dello stesso regime autoritario. Con in più la matrice religiosa.

InTurchia questo disegno si traduce in un governo religioso apparentemente ‘democratico’ e rispettoso dell’altro. La guerra contro i kurdi, lo sa anche Erdogan, non può essere vinta militarmente, perché non si può pensare di eliminare la lotta di un popolo che reclama il diritto a esistere. Ma la guerra, con i suoi morti, sposta l’attenzione dai problemi reali. Che sono quelli che vedranno il parlamento per esempio impegnato nella redazione di una nuova costituzione sulla quale i deputati kurdi e della sinistra hanno molto da dire


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    Peacereporter. Cora Ranci. Incurante del risultato del referendum del giugno scorso, la manovra economica spalanca le porte alla

ARNALDO OTEGI: ALLEANZA STRATEGICA INDIPENDENTISTA E PROGRESSISTA

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RES PÚBLICA ha ottenuto una intervista in esclusiva con Arnaldo Otegi. In carcere dal 13 ottobre del 2009 accusato assieme ad altri  otto esponenti della sinistra indipendentista di contribuire alla elaborazione del documento di discussione nella sinistra indipendentista che è stato approvato alcune settimane fa. In esso si sancisce le vie esclusivamente politiche e democratiche per la costruzione, senza alcun tipo di violenza ed ingerenze, di un processo democratico. Un altro punto qualificante del documento è la creazione di un polo progressista e di sinistra indipendentista.

D: Il Tribunale di Strasburgo ha sancito l’illegalizzazione di Batasuna approvando, di fatto la Ley de los Partidos. A cosa attribuisce questa decisione? E’ la giustizia della Unione Europea cosi politicizzata come lo nello Stato spagnolo?

R: In primo luogo dobbiamo segnalare che se anche è vero che ci ha deluso profondamente questa decisione, è una decisione che ci aspettavamo. Ci ha deluso, in primo luogo, perché giuridicamente è una sentenza povera, poco argomentata e che ha sorpreso molti esperti in diritto per la sua scarsa costruzione giuridica, un fatto non abituale nella Corte di Strasburgo. Questo dato e che non fosse stata accettata per essere discussa nella Grande Camera (composta da 17 giudici ndt), nonostante fosse stata la stessa sezione del tribunale che decise di accogliere la denuncia a proporre  il trasferimento della causa alla Grande Camera vista la sua importanza (fatto questo a cui si oppose il regno di Spagna), ci porta a dire che ci sono state grandi pressioni da parte dello Stato spagnolo che hanno potuto influire in questa decisione. Noi sappiamo che per lo Stato spagnolo il conflitto politico basco è la principale questione di stato incluso a livello internazionale. Inoltre lo Stato spagnolo non è uno Stato che si caratterizzi per il suo rispetto verso istituzioni internazionali ed i principi d’indipendenza dei poteri giudiziari etc. Il profilo delle persone che abitualmente vengono nominate come giudici della Corte di Strasburgo lo testimonia; l’attuale giudice prima di essere nominato aveva collaborato con il PSOE o la Fondazione per la Libertà. Ed il suo predecessore era stato in precedenza rappresentante dello Stato nella Corte. Certamente non va a nominare giudici di riconosciuto prestigio ed imparzialità per esercitare una carica come è il caso di altri stati con un’ ampio trascorso democratico. Inoltre il fatto che non si senta vincolato dalle decisioni della

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