IL SORRISO DEI PROFUGHI PALESTINESI, MURAD TAMIMI

by Talking Peace | 30th January 2012 7:15 pm

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?Quando torni a casa?,? pensa agli altri
?Non dimenticare la gente nei campi profughi?,?
?Quando dormi o conti le stelle?,? pensa agli altri
?C?’?è gente che non ha un posto dove dormire
Mahmoud Darwish

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MURAD TAMIMI
HEBRON
Quando studiamo i modelli dell’architettura moderna, ricchi di sorprese e elementi audaci, dove le teorie progettuali tutte vengono applicate, dove ci sono importanti zone verdi, circondate da giardini, modelli che sono così sostenibili per l’ambiente, abbiamo sempre risposte confuse sulle persone che appartengono a quei posti. Per questo molte volte scopriamo che i cittadini di queste moderne città sostenibili non hanno un senso di appartenenza in realtà nei confronti di questi luoghi. Hanno problemi nel riuscire a integrarsi in questi luoghi. Dall’altra parte quando osserviamo luoghi dopo la povertà, la sofferenza regnano, ci stupisce l’abilità della gente che abita questi luoghi: appartengono a questi luoghi completamente.

I campi profughi in Palestina sono considerati uno di questi luoghi che soffrono una condizione di povertà architettonica e ambientale. E’ qualcosa che rende così difficile descrivere tali luoghi come abitabili. Le condizioni umane qui sono pessime. Queste aree in cui le famiglie hanno in media 7 componenti e dove la tendenza a sopravvivere è la tendenza prevalente. Vivono in 80 metri quadri al massimo, in quartieri con case così vicine l’una all’altra, stradine strette e incrociate che non raggiungono il metro di larghezza, senza giardino. Quando cammini in questi campi vieni travolto da emozioni conflittuali e che confondono. Questo per vari motivi, i rumori che senti, quello che vedi, gli odori. Tutti questi sensi giocano un ruolo importante nel suscitare queste emozioni. Vedi un gruppo di bambini che giocano in un angolo, e riflettono l’integrazione assoluta. Puoi cogliere nei loro occhi la tolleranza e l’amore. Puoi identificare, guardandoli, la loro appartenenza a famiglie diverse. Indossano vestiti diversi, nel guardaroba dei poveri. Uno di loro è a piedi nudi, chiaramente perché suo padre non poteva comprargli un paio di scarpe. E gioca così, scalzo. Ti avvolgono odori diversi e non riesci a stabilire esattamente da dove vengono, perché si mescolano tra loro. Quando vedi un giovane uomo accanto alla sua umile casa, non puoi non notare il sorriso che piega le sue labbra. Questo sorriso riflette la sua appartenenza totale al luogo. Questo sorriso mostra ancora una volta che il giovane povero vive a sua piccola casa come se fosse un castello. E allora sei confuso: Come fa a sorridere nonostante la sua estrema povertà?

Una porta si apre su stradine strette che ti conducono a un agglomerato di casette che appartengono a famiglie diverse e quando visiti il campo per la prima volta, non riesci a distinguere a quale casa appartiene questa o quella finestra. Sono così vicine che sembra che tutte le famiglie della zona vivano in realtà in un’unica grande casa divisa tra loro secondo strane linee geografiche. Solo la gente che ci vive, è in grado di capire queste linee, e quando entri in una di queste case ti dicono che ci vivono da anni in questa condizione perché la casa non è ancora finita.
Come può essere che chi dorme per terra riesce a competere con i più ricchi quando si parla di felicità? La loro risposta è sempre che “nonostante tutto questo, noi ci conosciamo tra noi”. “A chi serve aiuto? Possiamo aiutarci tra noi”, “noi ci vogliamo bene”. Il significato di amare lo spazio in questo universo è una cosa strana che conferma il potere della società nel creare relazioni tra uno e lo spazio. In questi luoghi, uno può attraverso la sua relazione rendere lo spazio importante in modo che esso sostituisca molti degli spazi materiali, come la bellezza e la ricchezza dell’architettura.
Questo giovane uomo sta pensando a sposarsi, “che non è un progetto banale per la sua cultura”. Nonostante la sua povertà si capisce che questa è una cosa che ha deciso. Perché sa che la comunità lo aiuterà.  Perché costruire una casa accanto a quella principale di famiglia qui non ha lo stesso significato che ha in altre società, così lui può – nonostante tutto – fornire il minimo materiale necessario. Dall’altra parte i suoi amici del campo profughi lo aiuteranno nella costruzione di questa piccola casa, che probabilmente non sarà più di 20 metri quadrati. Sarà una casa che non avrà tutti gli accessori ritenuti indispensabili da altri, in altre zone del mondo.
Una stanza da letto e un bagnetto, trasformano una vita complicata in una vita semplice e logica. Questa logica, non ha bisogno né di caloriferi per rendere caldo l’inverno né di una protezione straordinaria per la pioggia.
Allo stesso tempo questa architettura comporta dei problemi per la comunità: crea confusione tra i suoi abitanti, lo stare troppo vicini l’uno all’altro può rivelarsi assai complesso e stressante. Qualcuno fugge dal rumore e dal disturbo dei vicini replicando lo stesso rumore. Scoppiano liti, ma alla fine i problemi vengono messi sotto controllo perché l’ambiente dove nascono è circondato e loro non vogliono inquinare questo ambiente ormai così da anni. Sanno che rompere queste relazioni sociali significherebbe rendere lo spazio ancora più stretto e le condizioni di vita più difficili.
Alcuni degli abitanti dei campi palestinesi, hanno lavorato duro e ottenuto diplomi scientifici, qualcuno è diventato un uomo d’affari di successo, qualcuno ha visitato le città del mondo. Quando decidono di costruire le loro case moderne lo fanno vicino al campo, l’architettura migliore è diretta al campo. Molti spiegano questa scelta dicendo che amano l’odore di questo spazio. Altri dicono che distruggeranno il campo e la nuova casa quando potranno tornare alle loro vere case, altri ancora dicono di non riuscire a sentire altrove la felicità di questo posto. Vicino alla comunità e alle persone amate.

E’ così difficile per un ricercatore analizzare ciò che accade in luoghi come i campi, in genere la povertà in architettura riflette la povertà della vita. Allo stesso tempo chi vive in questi luoghi preserva il suo diritto alla felicità. Il padre non permette ai figli di andare a dormire senza un sorriso sulle labbra, e ogni sera promette loro che avranno un futuro migliore ma che questo richiede sacrifici, amore per la vita, amore per gli altri. Richiede rafforzare l’etica, dormire nello stesso letto anche se si è in tanti, gli chiede di perdonare, di vivere in pace. Questo umile padre chiede ai suoi figli di essere i migliori esseri umani che si possano mostrare al mondo e ricorda loro di pensare agli altri, a quei poveri ricchi che vivono in gran palazzi e non riescono a sorridere, ai tanti uccellini che ancora non riescono a trovare la via di casa.

Source URL: https://globalrights.info/2012/01/il-sorriso-dei-profughi-palestinesi-murad-tamimi/