Russia-Turkey 10-point agreement disclosed

Russia-Turkey 10-point agreement disclosed

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Turkey’s President Recep Tayyip Erdogan and Russian President Vladimir Putin agreed on 10 points.

“President of the Republic of Turkey, Recep Tayyip Erdogan and President of the Russian Federation, Vladimir Putin agreed on the following points:

1. The two sides reiterate their commitment to the preservation of the political unity and territorial integrity of Syria and the protection of national security of Turkey.

2. They emphasise their determination to combat terrorism in all forms and manifestations and to disrupt separatist agendas in the Syrian territory.

3. In this framework, the established status quo in the current Operation Peace Spring area covering Tel Abyad and Ras Al Ayn with a depth of 32km (20 miles) will be preserved.

4. Both sides reaffirm the importance of the Adana Agreement. The Russian Federation will facilitate the implementation of the Adana Agreement in the current circumstances.

5. Starting 12.00 noon of October 23, 2019, Russian military police and Syrian border guards will enter the Syrian side of the Turkish-Syrian border, outside the area of Operation Peace Spring, to facilitate the removal of YPG elements and their weapons to the depth of 30km (19 miles) from the Turkish-Syrian border, which should be finalized in 150 hours. At that moment, joint Russian-Turkish patrols will start in the west and the east of the area of Operation Peace Spring with a depth of 10km (six miles), except Qamishli city.

6. All YPG elements and their weapons will be removed from Manbij and Tal Rifat.

7. Both sides will take necessary measures to prevent infiltrations of terrorist elements.

8. Joint efforts will be launched to facilitate the return of refugees in a safe and voluntary manner.

9. A joint monitoring and verification mechanism will be established to oversee and coordinate the implementation of this memorandum.

10. The two sides will continue to work to find a lasting political solution to the Syrian conflict within Astana Mechanism and will support the activity of the Constitutional Committee.”


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Una sinistra reale maggioranza relativa in un angolo d’Europa , ma non ditelo a nessuno!

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Una  premessa. Il risultato elettorale di domenica 22 maggio nel Paese basco non è esistito, o quasi, sui mass media italiani. Offuscata dalla reminiscenze del “miracolo spagnolo” di alcuni anni fa, o del siamo “tutti Zapatero”, della sinistra nostrana, la realtà di oggi, ma che era anche quella di ieri, riporta a dover fare i conti con una situazione completamente diversa. Una crisi economica da paura, con il 21% di disoccupazione e Zapatero in caduta libera di consensi dopo  aver approvato un pacchetto di misure economiche che colpiscono i diritti dei lavoratori e sono approvate dai banchieri, Botin, presidente del Banco de Santander, il primis. E la sinistra indipendentista basca entra nel panorama istituzionale basco dalla porta grande, nonostante all’ultimo minuto utile, il Tribunale Costituzionale abbia legalizzato la sua presenza attraverso la formula Bildu.

Non è nuovo questo atteggiamento informativo. Negli anni della lotta armata di ETA, il pretesto “terrorista” ovviava  considerare e analizzare in profondità il movimento politico  della sinistra indipendentista che si faceva interprete di una sentire sociale e politico che andava oltre il consenso, di per se significativo, di Herri Batasuna, Euskal Herritarrok o Batasuna. Ciò che non si prendeva in considerazione, per esempio, era quanto sosteneva il poeta spagnolo José Bergamin, che decise di trascorrere gli ultimi anni della sua vita nel Paese basco, dove mori nel 1981, per il quale le province basche era l’unico luogo dove era rimasto vivo e dominante lo “spirito della repubblica” schiacciato dalla genocida regime di Francisco Franco. Un altro dato nascosto o peggio stigmatizzato dalla sinistra italica, era la natura “nazionalista” del movimento indipendentista basco, quando in realtà queste affermazioni trasudano una concezione “grande nazionalista”. Quella che considera, di fatto, i grandi stati nazione come referenti naturali,  quando la loro storia è macchiata dai più grandi crimini che l’umanità abbia conosciuto. Il movimento indipendentista basco si è consolidato come corrente ideologica e politica durante il franchismo con la nascita di ETA, rappresentando un riferimento per tutti quei movimenti che univano la rivendicazione/constatazione della propria esistenza culturale nazionale con la questione sociale e di classe. Un antidoto storicamente radicato che è l’unico veramente capace di fare fronte, sul terreno politico identitario e di classe,  alla canea regionalista xenofoba montante in Europa che si è diffusa anche grazie anche la vuoto politico e di analisi della sinistra “grande nazionalista”. Insomma il silenzio di oggi si basa su una mistificazione di ieri dove la spocchia della intelighentia di sinistra è stata speculare alla arroganza della destra economica e politica egemone ai nostri giorni.

Ci troviamo quindi con  una sinistra, nel cuore dell’ Europa, la cui proposta politica consiste nella centralità delle classi lavoratrici, nel domino della politica sulla economia, nella partecipazione diretta nella vita politica e sociale dei cittadini e cittadine, nella solidarietà interna ed esterna, nella constatazione della pluralità culturale con pari dignità, nella rottura della cultura patriarcale, omofoba e xenofoba… che è diventata maggioranza relativa in termini elettorali, dopo che lo è a livello sindacale e sociale. Visto il panorama politico europeo forse qualche riga in più, un piccolo sforza magari in taglio basso, i mass media, almeno quelli più “sensibili” a certe tematiche lo avrebbero potuto fare.

Il voto.

Nelle  quattro province basche, Bizkaia, Guipuzcoa, Alava e Navarra la settimana scorsa sono stati chiamati alle urne 2.197.000 elettrici ed elettorali per il rinnovo dei consigli comunali e in Navarra anche per la Diputacion Foral, il parlamento autonomo provinciale. I dati della Navarra che utilizzeremo sono quelli della Diputacion dove un maggior numero di votanti ha espresso la propria preferenza. L’astensione è stata di 740000 votanti.

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