ZAPATERO ACCETTA CONTROVERSA SENTENZA

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Gara. La sentenza del Tribunale Costituzionale sullo statuto di autonomia della Catalunya è stato primo argomento che ha affronta tao José Luis Rodriguez Zapatero dopo la sua introduzione generale nel “dibatto sullo Stato della Nazione” che si è aperto oggi nel Parlamento spagnolo.

Il tribunale ha emesso la sua sentenza. Naturalmente, laccetto, la eseguo e la farò eseguire” ha manifestato sulla decisione del TC che, a suo giudizio, suppone “un appoggio al processo generale di rinnovamento autonomista” nello Stato spagnolo.

Il capo del Governo spagnolo ha detto che adesso è il suo “obbligo” è contribuire allo “sviluppo ed applicazione dello Estatut” e per questo analizzerà con la Generalitat (governo autonomo catalano) “la possibilità che alcuni degli aspetti che sono stati dichiarati incostituzionali, non per ragioni di fondo, ma sul tipo di norma atti a regolarli, possano essere affrontati, come indica lo stesso tribunale, attraverso il cammino costituzionalmente procedente”. Ha difeso che lo farà non solo perché “è una mia obbligazione”, ma “come espressione legittima di un Governo che non sospetta dell’ autogoverno, ma che lo riconosce e che non teme la forte identità politica della Catalunya, ma la rispetta”.

Zapatero ha incolpato il PP e il ricorso che presentò contro lo Estatut per “la incertezza provocata” da questa impugnazione però ha considerato che, dopo quattro anni “troppo incidentati”, la sentenza è servita “per  comprovare che con lo Statuto non si rompeva la Spagna, che lo Statuto non prevedeva un sistema di finanziamento ingiustificato, che lo Statuto non consacrava discriminazioni tra gli spagnoli”.

H difeso l’attuazione del suo Governo rispetto all’Estatut e ha sottolineato che fu “recettivo a questa chiara volontà democratica di riforma espressa dai cittadini della Catalunya” quattro anni fa, ha ricordato che il PSOE contribuì a sviluppare ed applicare la riforma, sostenne il testo nelle Cortes (parlamento spagnolo) e con questo la “volontà maggioritaria della società catalana di rinnovare l’autogoverno della Catalunya e di riaffermare la sua identità  politica nell’ambito della Costituzione”.

 


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Nonostante i dibattiti, le affermazioni di principio su pluralismo e democrazia, l’Occidente mantiene una sorta di egocentrismo culturale, una definizione di superiorità rispetto alle altre culture…

Quando sento parlare di Occidente, non so che cosa si voglia dire. Cosa intendiamo? Le famose “radici” greche come dicono alcuni? O le “radici” cristiano-giudaiche, ma quanta ipocrisia in quel trattino, e poi quale Cristianesimo? Ha marcato di più la Controriforma cattolica a sud, o a nord l’Europa protestante? E dove finisce l’Europa a est? E fin dove si espande a ovest? Quasi tutti sono d’accordo nel dire, con Fernand Braudel, che il grande prolungamento a ovest è il continente americano. Ma poi, proseguendo ancora verso Occidente, attraverso l’Oceano Pacifico, arriviamo al Giappone. La terra è rotonda. I nomi valgono per quel che valgono, sono definizioni di comodo, ma non darei loro un valore di essenza. Quando si parla di “radici”, perché non pensare, poniamo, anche alle radici vichinghe, dato che anche i vichinghi hanno avuto la loro storia? E se guardiamo alle tre grandi religioni monoteistiche, l’Islam non è stato talora il nostro “Occidente” (ricordando, per altro, che Maghreb significa appunto occidente)? Pensiamo al grande esperimento di El Andalus, un progetto di coesistenza che certo non era tolleranza in senso stretto, ma ha comunque visto fiorire insieme in modo pacifico tre civiltà: quella islamica, quella cristiana e quella ebraica. Basta andare a Cordoba per ritrovare tracce di questo progetto che poi la Spagna – dalla Riconquista dei re cattolici a Franco – ha fatto di tutto per cancellare. Occupandomi di scienza, vorrei citare una frase del grande fisico Freeman Dyson: “ Non esiste un visione scientifica unica come non esiste un visione poetica unica. La scienza è un mosaico di visioni parziali e conflittuali. In tutte queste visioni c’è però un elemento comune: la ribellione contro le restrizioni imposte dalla cultura localmente dominante Occidentale o Orientale che sia. La visione della scienza non è specificatamente occidentale. Non più occidentale quanto possa essere araba o indiana o giapponese o cinese.” Una cosa simile ha detto Amartya Sen a proposito della democrazia.

JOSEBA SARRIONAINDIA, SCRITTORE BASCO

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Joseba Sarrionaindia (1958) scrittore poeta e saggista basco ha vinto il Premio Euskadi della letteratura , che istituisce il Governo della Comunità Autonoma Basca, per il libro  “Moroak gara behelaino artean?”.  La giuria ha motivato l’assegnazione del premio sottolineando che “era un opera molto solida formalmente, una grande opera, molto documentata, anche nella sua originalità. Passeranno gli anni e l’opera potrà convertirsi in un classico della cultura basca”.

Il libro affronta un epoca quella della guerra colonialista spagnola in Marocco negli anni 20 attraverso  la descrizione di personaggi e visioni personali sulle culture e il mondo.

Sarrionaindia è considerato un referente della letteratura basca contemporanea. La sua prolifica opera ha  attraversato la poetica il romanzo la saggistica passando per una scrittura letteraria sperimentale. Il suo lavoro è stato riconosciuto non solo dai numerosi lettori e lettrici che attendo la sue opere ma anche dalla critica letteraria come il  Premio de la Critica di narrativa in euskera,  istituito dalla Asociación Española de Críticos Literarios che concesse il premio a Sarrionaindia nel 1986, por Atabala eta euria (Il tamburo e la pioggia), una collezione di racconti e nel 2001  per Lagun izoztua (L’amico congelato), il suo primo romanzo.

Il premio Euskadi che ha una dotazione di 18.000 euro più 4000 euro se l’opera viene tradotta, non verrà dato a Sarrionaindia secondo quanto è stato annunciato dal Governo di Patxi Loepz. La motivazione è data dal fatto che Joseba Sarrioanidia è profuogo dal 1985 quando fuggi dal carcere di Martutene (San Sebtstian) con Inaki Pikaebea ambedue militanti di ETA. Dal 1985 Sarrionaindia scrive dall’ esilio senza che ufficialmente si conosca dove si trovi.

La notizia della concessione dell’ennesimo premio a lo scritto basco ha sollevato il consueto acceso dibattito sui mezzi d’informazione spagnoli. Curiosamente sul quotidiano della destra spagnola, La Razon, ad un articolo dal titolo “Governo basco concede premio a profugo di ETA”, un lettore commenta laconicamente: “Il Premio della Critica di narrativa in euskera è un premio che concede l’Associazione Spagnola dei Critici Letterari nel’l ambito del concorso annuale del Premio della Critica alla migliore opera in prosa scritta in esukera. Nel 1986 venne concesso a Joseba Sarrionaindia per “Atabala eta euria” e nel 2001 lo concessero un’altra volta per “Lagun izoztua”.  Non sarà che è un gran scrittore?”

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