ERDOGAN VORREBBE TAPPARE LA BOCCA AI MEDIA
Sono già una cinquantina i giornalisti che hanno firmato la lettera di protesta alle dichiarazioni del premier turco Recep Tayyip Erdo?an che nei giorni scorsi aveva sostanzialmente chiesto a direttori dei giornali e ai magnate dei media di «tenere sotto controllo» i loro giornalisti.
Erdo?an, in una importante riunione del suo partito, l’islamico AKP (partito della giustizia e dello sviluppo) aveva detto testualmente, rivolgendosi ai padroni di giornali e televisioni: «Siete voi che pagate lo stipendio a questi giornalisti quindi non avete il diritto di protestare domani». Il premier ce l’ha con i giornalisti accusati di «aver portato il paese nel caos» con i loro articoli. I giornalisti stanno «creando tensioni e rovesciando l’economia del paese». Accuse pesanti rincarate da un avvertimento. «I giornalisti – ha detto Erdo?an – hanno il diritto di criticare il mio operato, ma io ho il diritto di ammonirli».
Dopo le prime critiche da parte del sindacato giornalisti e di numerosi esponenti dei media, il premier aveva parzialmente ritrattato quanto detto il 26 febbraio, nascondendosi dietro alle «incomprensioni» di cui sarebbe stato vittima. In altre parole Erdo?an ha detto che le sue dichiarazioni erano state fraintese dai media. Ma ieri è tornato sull’argomento rivolgendosi direttamente ai proprietari dei gruppi mediatici del paese, ribadendo che i giornalisti sono loro dipendenti e quindi sono i padroni stessi a doversi ritenere responsabili della tensione che creano i loro dipendenti nel paese. «Se aprite un negozio o una società – ha detto il premier – continuereste a tenere lavoratori che stanno facendo il loro meglio per affossare la vostra attività? No, li licenziereste il giorno dopo».
Parole dure che equivalgono non solo a un attacco alla libertà di stampa ma di fatto chiedono esplicitamente la censura. “Non potete dire – ha sostenuto ancora Erdo?an rivolgendosi ai magnate dei media – che non volete tensioni e poi non fare nulla per fermare le pubblicazioni che provocano queste tensioni». E se ancora il messaggio non fosse stato abbastanza chiaro, Erdo?an ha concluso dicendo che «se selezionate il personale determinate la linea che la pubblicazione deve seguire. Com’è possibile continuare a tenere tra i giornalisti coloro che non rispettano la linea?»
Di nuovo, nel tentativo di smorzare i toni, facendo in realtà peggio, il premier ha sottolineato che se «qualcuno sostiene che ho chiesto ai padroni di licenziare i loro giornalisti abbia il coraggio di venire a dirmelo in faccia. Se non mi piace un giornalista – ha aggiunto – se non mi piace quello che scrive, personalmente non lo leggo. Non faccio nomi. Mi limito a dire che la reazione più civile nei confronti di chi persegue una politica editoriale ostile pubblicando storie false, è boicottare tali pubblicazioni o televisioni».
In un paese, la Turchia, dove la libertà di stampa, di opinione e di espressione è costantemente sotto i riflettori perché pesantemente limitata, è chiaro che dichiarazioni simili da parte del premier non fanno ben sperare.
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¿SON IGUALES TODAS LAS VÍCTIMAS?
Iñaki Egaña Presidente de Euskal Memoria
El anuncio unilateral del cese definitivo de la violencia de ETA ha provocado varios terremotos simultáneos, en los que algunos protagonistas se abren paso a codazos, como queriendo imponer una determinada visión de lo ocurrido. En juego parece no estar la credibilidad, sino la inmediatez, haciendo viejo aquel adagio de quien golpea primero golpea dos veces. Como si, después de tantas mentiras y tergiversaciones, lo único importante del apartado de victimas, el tema que me ocupa, fuera la portada mediática y no su tratamiento mesurado.
Mal empezamos en la cuestión de las víctimas del conflicto cuando las mismas las reducimos a las ocasionadas por ETA desde 1968. ETA es una expresión del mismo y no su origen, por lo que comprimir la tragedia a las causadas por la organización que nació diez años antes de esa fecha es una manipulación. Memoricidio, según el argot más moderno.
Tampoco es de recibo reducir la responsabilidad del Estado a cuatro excesos de funcionarios a sueldo y tapar, como es tendencia atávica, decenas, cientos de víctimas, a las que se esconde bajo la alfombra para trampear la realidad. En algunos de los casos, además, se convierte una ejecución en un acto difuminado de enfrentamiento o de casualidad. Un ejercicio, por otro lado, dedicado a condimentar con perejil democrático otro memoricidio de signo similar al anterior.
Como no creo que sea de recibo y de la misma manera, el partir del análisis que hace el Estado de tiempos, situaciones, espacios e incluso modos de matar y de morir. Si hasta ahora ese mismo Estado ha negado su evidencia, ¿va a cambiar ahora de la noche a la mañana de perspectiva? La experiencia nos dice que, en la medida que pueda, y para ello no importa quién esté en el poder, seguirá eludiendo responsabilidades. Le ha sucedido al PSOE, víctima en la guerra civil y del franquismo, que ha sustituido precisamente a los victimarios en la ocultación de la verdad de las épocas citadas en cuanto llegó a tener responsabilidad de gestión política.NUOVI ARRESTI PRESUNTI MILITANTI ETA
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