CONVENZIONE CONTRO LE BOMBE A GRAPPOLO
Oggi entra in vigore la Convenzione che proibisce l’impiego, la produzione, lo stoccaggio e il trasferimento di armi a submunizioni, ovvero bombe che contengono all’interno decine di piccoli ordigni che si spargono sul terreno dopo l’impatto le cosiddette cluster bombs, bombe a grappolo. E come molte convenzioni rimarrà per chi sa quanto un dichiarazione di buone intenzioni ma non dai produttori. Infatti Stati Uniti Russia e Cina i principali produttori non hanno firmato la convenzione.. Le “cluster bombs” contengono al loro interno centinaia ed anche migliaia di mini-bombe che possono uccidere in un raggio di 15 metri e si mantengono attive per più di 40 anni e per questo sono altamente pericolosa per la popolazione civile. La sua messa al bando sulla carta, non si deve a qualche motivazione umanitaria ma strettamente militare , “perché non sono ormai più utili per gli obiettivi militari perseguiti. Sono una reliquia della Guerra fredda, quando si volevano impedire invasioni terrestri” ha dichiarato Peter Herby, capo dell’unità di Armi del Comitato Internazionale della croce rossa. Per questo quando vengono utilizzate sugli scenari di guerra si sostiene a ragione che l’obiettivo è colpire principalmente la popolazione civile. Nell’ultima guerra in Libano vennero usate 6 tipi di bomber a grappolo e quattro di esse vennero comprate da Israele agli Stati Uniti. Israele è uno dei paesi che dispone della maggiore quantità di bombe a grappolo mentre gli USA sono il principale produttore di queste bombe per una quantità stimata in 800 milioni. Il governo statunitense di Barack Obama ha approvato una legge che renderebbe difficile esportazione di queste bombe anche se il Pentagono ha manifestato più volte di volere continuare la vendita di questi ordigni. Di Russia e Cina non si dispongono dati sulla loro produzione. Nella guerra recente tra Russia e Georgia in Ossezia del sud i due paesi utilizzarono bombe a grappolo pur negandone l’utilizzo. Se dal 1965 si calcola in 100 mila le vittime delle cluster bombs attualmente sarebbero 400 milioni le persone a rischio in tutto il mondo. A conferma delle motivazioni fondamentalmente strategiche e d’immagine nell’approvazione di questa convenzione c’è l’Italia che mentre è tra i 30 firmatari della convezione è anche, come riporta A “All’ottavo posto al mondo per spese militari, nel 2010 l’Italia spende oltre 23,5 miliardi di euro per la difesa. Sono i costi del nuovo esercito professionale, delle missioni all’estero e dei moderni armamenti come il caccia “stealth” F-35. E mentre l’Italia è divenuta il secondo produttore mondiale di armi, piazzando il proprio export militare alle spalle di quello degli Stati Uniti, un rapporto internazionale svela che il sistema bancario nazionale è coinvolto nel finanziamento della produzione di “cluster bombs”, malgrado l’Italia abbia sottoscritto l’accordo per la messa al bando delle micidiali bombe a grappolo, responsabili delle più efferate stragi di civili.
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