PERCHE’ NON MI SONO ALZATO

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Nella seduta del consiglio comunale di Bolzano del 20 gennaio 2011, è stato chiesto un minuto di silenzio per il militare italiano morto in Afghanistan alcuni giorni prima. Il consigliere comunale Alberto Filippi, (Cinque Stelle), è rimasto seduto. Ecco la sua motivazione

Ho usato il termine “mercenari o mercenario”; non nei confronti dell’alpino Sanna, ma verso le truppe delle coalizione che occupano l’Afghanistan. Termine appropriato dal punto di vista etimologico e semantico poiché i soldati per compiere la loro missione sono incentivati da indennità speciali che consentono loro di percepire circa 5.500 euro mensili. Questo è il motivo per cui molti soldati chiedono e magari si fanno raccomandare per andare in quel lontano paese, mettendo a rischio la loro vita per guadagnare di più.
Nessuna indennità rischio vita viene invece corrisposta agli operai che rischiano la pelle sulle catene di montaggio o affrontando lavori pericolosi a contatto con sostanze tossiche per stipendi che a malapena consentono la sopravvivenza. Per questi lavoratori la parola più adatta è sfruttamento. Uno sfruttamento che aumenta continuamente in nome della competitività economica liberista reclamata dalla gran parte del consesso politico ed economico che ha voluto la guerra in Afghanistan 

Non mi sono alzato perché tutto va bene quando sono gli afgani a morire. La missione di pace alla quale partecipiamo, tanto per fare un esempio, con aerei o droni ha sterminato una cinquantina di persone, bambini compresi solo perché s’erano riunite per festeggiare un matrimonio. Un effetto collaterale subito rimosso come se quelle vite non appartenessero a nessuno, senza alcun minuto di silenzio.
Nulla si sa dei combattimenti delle nostre truppe insieme a quelle dell’alleanza: delle loro avanzate in territorio nemico sempre in nome della pace (enduring freedom). Di quanti afgani sono stati uccisi nei combattimenti, di quanti civili sono rimasti coinvolti. Ogni tanto, grazie ad Emergency, si scoprono le vittime: i bambini, le donne e i civili che muoiono in quell’ospedale mandato avanti da volontari. Quelli sono i veri eroi italiani.

I nemici morti sono catalogati tutti come talebani, compresi donne e bambini, quindi possono morire in pace senza bisogno di minuti di silenzio.
Ma quando muore un soldato italiano, si procede subito alla sua glorificazione eroica, in nome della patria e si ribadisce immediatamente la necessità di rimanere in quel territorio ostile lontano migliaia di chilometri da noi, abitato da terroristi che non apprezzano il nostro intervento militare per aiutarli. E’ un modo per avallare questa sporca guerra imperialista che pretende di cancellare ogni cultura per sostituirla con la dittatura del mercato globale che deve continuamente crescere fino a svuotare le ultime risorse del pianeta.
Il minuto di silenzio non ha lo scopo di ricordare la giovane vittima del sud d’Italia, arruolatosi magari per l’unico posto di lavoro che è riuscito a trovare, ma serve soprattutto a giustificare una guerra costosa, in un territorio che sappiamo a malapena dov’è.

Sono rimasto seduto perché non condivido questa guerra di occupazione, come la maggior parte degli italiani; perché non condivido la strumentalizzazione dei giovani, inviati a combattere, dopo essere stati convinti di difendere il loro paese da un nemico mortale che nemmeno conoscono, con la promessa di una generosa ricompensa in denaro; perché non sopporto questa ipocrita messa in scena promossa da appartenenti a partiti che  hanno votato e che continuano ad essere a favore di questa sporca guerra.

 

Alberto Filippi

 


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