L’ORRORE DELLE FOSSE COMUNI IN TURCHIA

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I kurdi sono in strada da diverse settimane per rompere il silenzio del governo turco e dell’Unione europea dopo la recente scoperta di fosse comuni nelle città kurde. Da gennaio, migliaia di curdi sono per le strade di Bitlis, Diyarbakir, Siirt, Mardin, Hakkari e Batman, ma anche in grandi città turche, come Istanbul, Smirne, Mersin e Adana, per protestare contro il silenzio del governo turco e della comunità internazionale.
Il BDP, il principale partito curdo, e le associazioni per i diritti umani IHD e TIHV della Turchia richiedono la creazione di una commissione di “verità e di giustizia” per accertare le atrocità che si sono accumulate in questo paese.
Il dibattito sulle fosse comuni si è particolarmente infiammato dopo la scoperta di una sepoltura contenente le ossa di almeno 12 persone, avvenuta il 5 gennaio nella provincia di Bitlis, in seguito ad un’indagine sul destino di 38 kurdi scomparsi da molti anni. In seguito, decine di altre fosse comuni sono state trovate dagli abitanti dei villaggi.
Il rifiuto della Procura di fare gli accertamenti alla luce del sole
Nonostante le richieste provenienti da organizzazioni per i diritti umani e dalle famiglie delle persone scomparse, dopo due settimane il procuratore di Mutki, Cetin Kucet, si rifiuta di ordinare che le riesumazioni siano fatte in presenza degli avvocati e dei difensori dei diritti umani.
Hasan Ceylan, il rappresentante dell’Associazione dei Diritti Umani (IHD) in Bitlis, ha dichiarato che il rifiuto è “arbitrario”. Il pubblico ministero ha bloccato l’andamento delle riesumazioni per tenere lontano dall’aera i difensori dei diritti umani. Così gli scavi sono stati eseguiti da guardie di villaggio, armate e pagate dal governo di Ankara contro il PKK, il Partito dei lavoratori kurdi. E la popolazione. Ceylan conclude: “abbiamo verificato che il procuratore e non ci vuole sul posto”.

Le prove delle atrocità
Le Associazione per i diritti umani in Turchia comunicano di essere state informate dell’esistenza di oltre 100 fosse comuni nella provincia di Bitlis, popolata dai curdi. Gli organi di informazione curdi stanno cercando di informare dando voce alle famiglie delle persone scomparse, raccogliendo nuove rivelazioni sulle fosse comuni e prove sulle “war room”. Ogni storia testimonia le atrocità dell’esercito turco negli anni ’90. Gli abitanti dei villaggi e dei combattenti del PKK aiutano a trovare l’ubicazione delle fosse comuni, in particolare nelle città di Bitlis, Siirt, Hakkari, Sirnak, Diyarbakir, Batman e Bingol.
Nelle testimonianze si riferisce di uccisioni extragiudiziali, esecuzioni sommarie, corpi bruciati, mutilati o schiacciati dai carri armati, teste mozzate, combattenti e abitanti dei villaggi gettati dagli elicotteri, segni di tortura e armi chimiche, quindi di crimini contro l’umanità e crimini di guerra. Ma le autorità turche e i media non sembrano voler uscire dal loro silenzio.
La Turchia ha avuto fosse comuni anche nel 1989. Secondo una testimonianza raccolta dal un giornalista kurdo, a Kasaplar Deresi (Butcher’s Creek), un luogo di congedo dall’esercito, in provincia di Siirt, si è scoperta la prima fossa comune da cui solo nove persone sono state riesumate dalle autorità, mentre i nomi di almeno altri 73 sepolti sono venuti alla luce successivamente.
“Guerriglieri uccisi negli scontri o persone rapite dalle forze di sicurezza sono stati gettati via, a volte da veicoli dell’immondizia, con i loro abiti, a Kasaplar Deresi”, hanno detto dei testimoni. I corpi di queste vittime sono in attesa di esumazione da oltre 20 anni.


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