Gradh geal mo croide – Danny Morrison

Gradh geal mo croide – Danny Morrison

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Gradh geal mo croide

Quando ero bambino cantavamo spesso una canzone intitolata “Grazie a dio siamo circondati dall’acqua”. Il ritornello faceva così:

Il mare, oh il mare è la gradh geal mo croide
che stia a lungo tra l’Inghilterra e me.
E’ la garanzia che prima o poi saremo liberi
Oh! grazie a dio siamo circondati dall’acqua.
Gradh geal mo croide’ in irlandese significa ‘la grande gioia del mio cuore’.

Tutti e quattro i miei nonni erano nati in una Irlanda unita: unita ma non indipendente. L’Irlanda è stata sotto controllo coloniale britannico per secoli e ci sono state resistenze, ribellioni e rivolte periodiche. Nella Pasqua del 1916 la resistenza – adesso nota come Ira (Irish Republican Army) – proclamò la Repubblica Irlandese e qualche anno dopo combattè una guerra di indipendenza. Ma le speranze di sovranità nazionale vennero deluse quando la Gran Bretagna, come avrebbe fatto altrove nel mondo, compreso l’Iraq e il sottocontinente indiano (imponendo re fantocci, ridisegnando confini) divise la nostra nazione lungo confini arbitrari dando vita a un confitto perpetuo. Concesse l’autonomia a 26 Contee nel sud dell’Irlanda (che in seguito divenne la Repubblica d’Irlanda, capitale Dublino) e mantenne ‘l’unione’ con se Contee nel nord (capitale Belfast).
Così i miei genitori (e io, i miei fratelli e coreligionari cattolici) siamo nati nello stato settario delle Sei Contee chiamato ‘Northern Ireland’ dove per cinquant’anni c’è stato il governo di un singolo partito leale alla Gran Bretagna, storicamente protestante e la cui supremazia era garantita dalla cosiddetta ‘Madre dei Parlamenti’.
Quando la protesta politica pacifica e la domanda di diritti civili fallirono, l’Ira tornò a combattere contro la Gran Bretagna e lo stato ‘Northern Ireland’ dal 1969 fino al cessate il fuoco del 1994. Quella lotta è stata raccontata a livello internazionale e la Gran Bretagna si è spesso messa sulla difensiva per quanto riguardava la sua ‘guerra sporca’ fatta dell’assassinio degli oppositori e di violazioni dei diritti umani. Naturalmente la Gran Bretagna ha etichettato l’Ira come organizzazione ‘terroristica’ ma non sempre con successo. Il ‘New York Times’ ha continuamente defiito l’Ira, ‘guerriglia’. Eventi come l’elezione del mio amico e compagno Bobby Sands alla House of Commons durante lo sciopero della fame che lo portò alla morte rivelò la verità – che la nostra era una lotta di popolo.
La lotta armata alla fine è risultata in un cessate il fuoco e i negoziati hanno condotto a un governo di condivisione del potere che include l’ex capo dell’Ira Martin McGuinness, oggi vice primo ministro e pone la comunità nazionalista/cattolica sullo stesso piano degli ‘unionisti’. La lotta adesso è condotta esclusivamente per vie politiche (anche se ci sono piccoli gruppi di repubblicani ‘dissidenti’ che non hanno alcun pragmatismo e sono contrari al processo di pace).
Durante la lotta sono diventato il portavoce del nostro Movimento. Ero anche il direttore del giornale di partito. Sono stato in carcere molte volte, ho tenuto diari durante il mio tempo in prigione e ho scritto diversi libri – tutti in inglese, devo confessare! In prigione leggevamo filosofia politica (Marx, Lenin, Fanon, Memmi) e seguivamo la guerra del Vietnam, e poi la prima guerra del Golfo e leggevamo la letteratura mondiale – verso la quale sono sempre stato attratto. La passione dei rivoluzionari e l’ideologia hanno permeato e influenzato il mio piccolo contributo alla scrittura creativa in modi che non saprei descrivere e dei quali non sono sempre consapevole.
Una volta sono stato arrestato e incarcerato negli Usa e sono ancora bandito dalla ‘terra dei liberi e casa dei coraggiosi’. C’è un nuovo presidente che – anche se è libero e abbastanza coraggioso per agire – è ancora circoscritto dalle imposizioni e dall’eredità della storia. Edward Said ha scritto: “La politica degli Stati uniti è stata sostenuta da una cultura dominante che non contrasta i suoi principali fondamenti: il sostegno per regimi dittatoriali e impopolari, per una violenza fuori da qualunque limite contro le insurrezioni locali contro gli alleati americani, per una ostilità costante nei confronti della legittimità del nazionalismo autoctono”.
Questa affermazione rimane largamente vera eppure gli Usa hanno giocato un ruolo benigno nel nostro processo di pace irlandese.
Oggi molto di ciò che scrivo, penso e dico ha a che fare con la letteratura. La letteratura mi ha aiutato con questo mondo, ad affrontarlo e viverlo. Anzi, mi ha aiutato ad affrontare la vita e la morte. Eppure siamo animali sociali e politici. Ricordo le parole del poeta/prigioniero cinese Zhang Xianliang che disse: “Ogni persona pensante a una scelta fra tre diverse relazioni con la società e la politica del proprio paese: partecipare, scappare o trascendere”.
Trascendere potrebbe significare ignorare le condizioni degli altri – siano esse socialdemocratiche, comuniste o fasciste – e respingere qualsiasi responsabilità personale per le condizioni in cui gli altri vivono. In altre parole, occupati del ‘Number One’. Tuttavia, ho preferito pensare che ‘trascendere’ significhi un’altra forma di partecipazione: fare un contributo artisti che comprenda essere parte della lotta quotidiana delle persone all’interno della società per la sicurezza materiale ma anche offrire spiegazioni culturali e filosofiche o suggestioni a proposito del ‘senso della vita’.
Questo è quello che cerco di fare. Riconosco anche che a differenza di altre persone, in particolare quelle in continenti in cui identità, confini e lingue si incrociano, noi come popolo di un’isola siamo molto fortunati che la natura del nostro conflitto riguardi quasi una questione unica.
Ed è per questo che ancora oggi, canto allegramente:
Il mare, oh il mare è la gradh geal mo croide
che stia a lungo tra l’Inghilterra e me.
E’ la garanzia che prima o poi saremo liberi
Oh! grazie a dio siamo circondati dall’acqua.


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Leggendo e guardando quanto accade a poche centinaia di chilometri dall’Europa verrebbe da stare un po’ in silenzio. Per ascoltare. I milioni di magrebini e magrebine, arabi e arabe che alzano la loro voce, che mettono i loro corpi a fare fronte a decenni di umiliazioni, miseria e in molti casi di morte, lanciano un messaggio dentro e  fuori i loro paesi. Fuori verso l’Europa e l’Occidente, complici, co responsabili diretti, ostacoli al cambiamento, fino a quando l’ebollizione della rabbia non ha fatto scoperchiare la pentola. Perché quel arroganza, spocchia, perversione delle elites oligarchiche che hanno governato quei paesi tra paternalismo e pugno di ferro, è si eredità autoctona ma anche imitazione del modello di governance che i burattinai occidentali hanno insegnato. Per rimanere in epoche recenti, Bush, Sarkozy, e la pletora di una classe politica europea che non è capace di guardare oltre le indicazioni dei sondaggi, lo hanno ripetuto in diverse salse. Il petroliere texano con la “guerra di civiltà” cosi meschina, bugiarda, genocida che rappresenta una perfetta continuità della impunità dell’ Impero, dalla conquista della America ad oggi. Impunità sulle proprie nefandezze sulle quali si sono costruiti “sogno americano” e l’eurocentrica idea dell’essere depositari della supremazia civile.   Sarkozy , quello della politica di pulizia etnica contro rom anche “francesi” che ebbe la tracotanza di sbattere in faccia ad una platea attonita a Dakar nel 2007, un discorso di “assoluzione e relativizzazione” dell’ Europa, in particolare della Francia, nella sistematica opera di rapina e genocidio, dell’ Africa.

Quando si dirà e s’insegnerà nelle scuole che le “grandi potenze”, oltreché culla di grandi scienziati e filosofi, di principi umanitari,  sono state le artefici, responsabili dirette ed in dirette dei più grandi genocidi della storia dell’ umanità? Quando si ammetterà che celebrare la nascita di questi stati, fattisi in epoche diverse imperi, significa anche celebrare stermini sui quali queste “grandezze” sono state costruite? Perché questa è stata la storia non raccontata. Come disse lo scrittore basco “il fatto di non essere stati nazione, grande e riconosciuta con un ruolo nel Libro della Storia, ci ha risparmiato dal fare come tutti gli altri, cioè depredare, sequestrare, saccheggiare uccidere”.  Perché è questa l’educazione civica più profonda da trasmettere. Condivisione significa dividere assieme, non “un po’ e anche niente a te e tutto il resto me” che ha segnato la politica di “cooperazione” nord sud, ma anche recentemente ovest est, per esempio in Europa.

Dare chiavi di lettura per formare una coscienza che non si riduca a dire che le “rivolte nel mondo arabo sono state determinate dalla crisi economica e grazie alla possibilità di comunicazione di internet” o che le guerre dimenticate d’Africa sono dovute a “scontri tribali e alla mancanza di democrazia”. Perché quando la realtà emerge la coscienza collettiva occidentale comincia a puzzare. Si può mascherare con domande retoriche di fronte all’evidenza dei fatti come fa il quotidiano conservatore spagnolo El Mundo ammettendo che  “quando soffiano venti di liberta, o un urgano come quello che sta vivendo il medio Oriente, Occidente si colloca ancora una volta nel lato sbagliato della storia. Ci può essere maggiore contraddizione tra il coraggio di questi manifestanti che si scontrano alla tirannia disarmati e la vigliaccheria dei nostri politici? Tra il sacrifico degli uni e la retorica vuota degli altri”. Questo richiamo a un “onore cavalleresco” a principi etici che sono da salotto, toglie l’attenzione dalla questione di fondo, che questa politica dei “nostri politici” non “è vigliacca” è coerente con il sistema “Occidentale” o più precisamente neoliberale globalizzato, quello delle 250 persone che hanno una “ricchezza combinata” pari a quella di 2 miliardi 250 milioni di persone. Non c’è vigliaccheria c’è coerenza limpida, cristallina con un sistema perverso esaltato dall’attuale premier italiano  ma sorretto anche dalla sua opposizione. Chi fu ha lanciare il primo proclama “etnico”sul “emergenza rumena” a metà dello scorso decennio? L’ex segretario del PD Veltroni dal suo scranno di sindaco di Roma. Per rincorrere “la destra” sul terreno della sicurezza, si diceva. In realtà perché parlare sul sistema che genera immigrazione da uno  dei  “prolungamenti economici” italiani qual è la Romania,  significherebbe parlare dei salari da fame che in generale davano le quasi 25000 imprese italiane. Gran parte delle quali provenienti da quel nord est dove il culto della razza padana ha creato la miseria culturale del rifiuto verso “quelli da fuori” fonte della propria ricchezza economica.

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