REAZIONI ALLA PROPOSTA DELLA SINISTRA INDIPENDENTISTA BASCA
Le reazioni alla dichiarazione (vedi a seguire il comunicato stampa) della sinistra indipendentista basca riflettono in gran parte le preoccupazioni e le speranze che questa definitiva scelta di campo avrà sullo scenario politico basco. Tra le forze politiche, il PNV attraverso il segretario del partito in Vizcaya, Andoni Ortuzar, ha affermato “che bisogna vedere fatti e non solo gli scritti. In questo contesto sarà importante verificare de fatti: sapere cosa farà la sinistra indipendentista affinché non ci sia violenza e nel caso ci fosse cosa farà dinnanzi a questi episodi”. Più ottimista il compagno di partito e presidente del PNV in Guipuzcoa, Joseba Egibar, il quale riconosce che “ per quello che vedo nulla sarà più uguale a prima. Cercando di essere obiettivi ed avendo letto il testo del documento io osservo una sostanziale differenza con il passato, che è qualitativa”. Da parte sua il maggior sindacato basco ELA, in una conferenza stampa a Gasteiz (Vitoria) ha parlato per bocca del suo segretario generale Txiki Munoz esprimendo “soddisfazione con quanto abbiamo letto e valutiamo positivamente quanto viene scritto”. Ha aggiunto che si tratta di “una scelta propria” nella quale “loro stessi” manifestano che le vie adeguate devono essere “esclusivamente civili e politiche”. Jon Abril vice coordinatore di Aralar, formazione scissasi da Batasuna nel 2000, accoglie come “una buona notizia” il documento della sinistra indipendentista” anche se sottolinea “che è solo un inizio” rimarcando però che “cosa farà ETA” può condizionare lo sviluppo della dichiarazione resa pubblica ieri. Abril si è diretto anche al Governo spagnolo auspicando che “possa accompagnare con qualche gesto di distensione”. Chi invece esprime ampia soddisfazione è il segretario di Eusko Alkartasuna, Pello Urizar, il quale constata che con la dichiarazione della sinistra indipendentista “la politica basca è entrata in nuova tappa”. Ha aggiunto che questo “contributo non può esser trascurato per lavorare per una società libera da ogni tipo d violenza e dove tutti i progetti politici siano realizzabili se godono dell’avvallo della cittadinanza”. Da parte sua il PSE, che governo assieme al PP nella Comunità Autonoma Basca, sostiene che non vede nulla di nuovo nella dichiarazione della sinistra indipendentista. La portavoce del Governo autonomo basca, Idioia Mendia afferma che “ il dibattito nella sinistra indipendentista non risolve il problema della sudditanza a ETA”. Il presidente del PP nella CAV, Antonio Basagoiti respinge l’iniziativa sostenendo che “l’unica cosa che si muove in Batasuna ed in ETA sono gli esplosivi, come quelli che si muovono in Portgallo”, in riferimento, alla scoperta, due settimane fa, di un covo di ETA in Portogallo. I giornali spagnoli El Pais El Mundo, ABC, Publico hanno mantenuto una linea editoriale simile, sminuendo la portata della dichiarazione della sinistra indipendentista mettendo piuttosto in risalto gli arresti di presunti militanti di ETA avvenuti in questi ultimi giorni.
Comunicato stampa
“Zutik Euskal Herria” è la risoluzione della sinistra indipendentista basca per una ccumulazione di forze attraverso esclusivamente “la lotta di massa, istituzionale ed ideologica” per conseguire uno scenario di autodeterminazione
La Sinistra Indipendentista ha riunito questo fine settimana le sue Assemblee Territoriali di Araba, Bizkaia, Guipuzcoa e Naffaroa, con la presenza di circa 600 militanti indipendentisti in rappresentanza di più di 270 località nelle quali la sinistra indipendentista ha realizzato il suo processo di dibattito durante questi ultimi mesi. Attraverso la realizzazione di queste Assemblee Territoriali la Sinistra Indipendentista ha dato per concluso il dibattito nel quale ha definito e deciso la sua strategia politica.
In queste assemblee, la militanza ha realizzato una analisi della situazione politica di Euskal Herria, si è valutato lo sviluppo del dibattito e poi si è definita la pianificazione politica della Sinistra Indipendentista per il 2010. Infine, le Assemblee Territoriali hanno ratificato la risoluzione “Zutik Euskal Herria”, che raccoglie le conclusioni del dibattito e la scommessa politica della Sinistra Indipendentista. Di seguito i contenuti più salienti di questa risoluzione:
1.La fase politica verso la quale si sta dirigendo Euskal Herria è la fase del cambio politico, attraverso il Processo Democratico. Cioè, una volta create le condizioni del cambio, arriva l’ora di realizzarlo. Di conseguenza, l’obiettivo di questa fase politica è portare a termine questo cambio politico, conseguendo un ambito democratico che offra le sufficienti basi affinché tutti i progetti politici siano difendibili e materializzabili nel nostro paese. Raggiungendo cosi una pace stabile e duratura per Euskal Herria. Assumere la scommessa di materializzarlo ha comportato e comporta cambi anche in noi stessi e stesse.
2.Per la Sinistra Indipendentista, l’opportunità di un vero cambio politico, l’opportunità di superare il ciclo politico attuale ed aprirne un altro democratico, sta dinnanzi a noi. Per tanto , adesso la sfida consiste in attraversare questa porta aperta dopo decadi di lotta e lavoro ed effettuare il cambio politico. Ci sono sufficienti condizioni politiche e sociali per questo.
3.Ci riaffermiamo nell’ impegno di usare vie e mezzi esclusivamente politici e democratici. Sono questi mezzi quelli che rendono possibile l’azione popolare e l’unità di azione delle forze democratiche e progressiste del paese, garanzia, motore e fondamentale forza di trazione della apertura ed avanzamento del Processo Democratico.. Processo Democratico che deve svilupparsi in assenza totale di violenza e senza ingerenze, articolando il dialogo e la negoziazione tra le forze politiche attraverso i principi del Senatore Mitchell.
4.Un’ampia accumulazione di forze attraverso esclusivamente la lotta di massa, istituzionale e ideologica è la base per portare lo Stato sul terreno del confronto libero e democratico di idee e progetti politici e potere così raggiungere uno scenario dove i cittadini baschi liberamente, pacificamente e democraticamente adottino le decisioni che desiderano su il loro futuro.
Per questo, lanciamo un appello alla società basca e all’insieme delle forze progressiste, democratiche e popolari del paese, mantenendo e rispettando ognuno la propria storia, personalità ed il proprio essere, a unire le nostre forze per rendere questo processo irreversibile. Facciamo appello, allo stesso tempo, alla comunità internazionale affinché accompagni questo processo.
Siamo convinti che in questo cammino ed attraverso il lavoro in comune e l’attivazione popolare, i mesi a venire ci offriranno nuovi passi in avanti e scenari che rendano questo processo irreversibile.
Sinistra Indipendentista
15 febbraio 2010
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LA STORIA DI ÖZGÜR
Orsola Casagrande. Diyarbakir.«Senti questo odore? E’ l’odore della guerra. Ti prende alla gola, è ovunque ». Il giovane annusa l’aria e invita a fare lo stesso. La guerra ha un odore. Agre, intenso. È l’odore lasciato dagli F16 che sorvolano la città in continuazione. È l’odore delle camionette militari, della polvere della strada di questa città tormentata. Diyarbakir, capitale del Kurdistan turco, più di un milione e mezzo di abitanti (centinaia di migliaia sono profughi interni).
Il giovane parla con un tono di voce sereno. E’ calmo. E ci si chiede come faccia a esserlo visto che ogni giorno ormai potrebbe venire da Ankara la notizia che ha perso il suo appello e potrebbe presto trovarsi in carcere condannato a 12 anni per “propaganda per un’organizzazione illegale”, vale a dire il PKK (Partito dei Lavoratori del Kurdistan). “No, non sono andato alla manifestazione, l’altro giorno – dice – perché mi hanno vietato di partecipare a manifestazioni politiche per cinque anni”.
La guerra ha suoni così come ha odori. Non è solo il suono degli aerei da guerra diretti verso il Kurdistan del Sud (cioè la regione del Kurdistan in Iraq). E non è nemmeno solo il suono degli elicotteri delle forze armate e di polizia che volano bassi sopra le case. Né il rumore dei carri armati, e se ne possono vedere molti in questi giorni a Diyarbakir.
La guerra ha i suoni che sono le parole spezzate di coloro che ne raccontano gli orrori.
Özgür Da?han (Sipan Amed) aveva 27 anni. Era un guerrigliero del PKK. Ha perso la vita in uno dei recenti scontri. La sua fotografia è su una credenza del salotto di questa casa dove il dolore è tangibile. Gulistan e Mehmet Da?han si siedono sul divano lei, sulla poltrona lui. Con loro altre due figlie. “Özgür è il nostro primo figlio”, dice Gulistan lanciano uno sguardo alla foto. I suoi occhi si riempiono di lacrime. Lei è una madre. E’ già abbastanza doloroso per una madre sopravvivere a suo figlio. Ma a Gulistan Da?han è stato negato anche di vedere suo figlio per l’ultima volta. “Non hanno voluto farmi vedere il corpo – dice – hanno detto non avrei potuto reggere la vista di quel corpo, di quello che gli avevano fatto”. Guarda la foto ancora una volta e aggiunge: “Ma ho visto cosa gli hanno fatto, ho visto le foto sui giornali”. Ha smesso di mangiare il giorno che ha visto quelle immagini. “La vita – dice – mi ha abbandonato il giorno in cui mio figlio è morto. Ora sto mangiando un po’, ma solo perché ho altre figlie e devo continuare a vivere per loro”.
Le immagini di Özgür ormai senza vita raccontano una storia terribile, quella di una violazione indicibile, di un’offesa su un giovane già morto. Il corpo di Özgür Da?han è stato infatti orrendamente mutilato dopo che il giovane era già morto. “Non so – dice Gulistan Da?han – come un uomo possa fare una cosa simile a un altro uomo”. Rivolge uno sguardo a suo marito, Mehmet, e gli dice di parlare. Lui lo fa, in un tono pacato di voce. Eppure quello che sta dicendo è angosciante. Si tratta di un racconto di brutalità, di violenza disumana. Ma comincia come la storia di uno dei tanti bambini cresciuti in Kurdistan che non poteva rimanere seduto e guardare la violenza e la brutalità che venivano imposte al suo popolo.
“Özgür non è stato indifferente a quello che vedeva attorno a lui. – Dice Mehmet Da?han – Quando era un bambino, alla scuola elementare, un nostro parente, che era un comandante guerrigliero ha perso la vita. Per Özgür la presenza di un ‘martire’ in famiglia ha significato un suo aumento di interesse per la storia kurda e la storia del movimento di liberazione kurdo. Lui aveva studiato ingegneria elettrica, ma il suo vero interesse era la storia. Ha letto tutti i libri disponibili sulla storia kurda, dalle origini, la rivolta di Seik Said [1925. Ndr], il massacro di Dersim [1938. Ndr]. Nell’ultimo periodo che ha passato a casa ha fatto una ricerca molto completa su questo tema. Quando tornava a casa in compagnia dei suoi amici, andavano nella sua stanza, chiudevano la porta e so che parlavano del PKK, della lotta di liberazione”.
Özgür è entrato nel PKK quando aveva 20. Era un giovane sensibile che non poteva stare a guardare la sua gente, amici, parenti subire abusi costanti da parte delle autorità turche.
“Siamo riusciti a vederlo ancora una volta, dopo che era già entrato nel PKK. – dice Mehmet Da?han – Siamo andati in montagna per vederlo. Siamo rimasti 11 giorni. Lui è arrivato l’ultimo giorno della nostra permanenza. Ma ci ha detto che non sarebbe potuto rimanere con noi a lungo perché aveva delle mansioni da svolgere”.
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