EGUNKARIA: PRIMA TI CHIUDO POI TI ASSOLVO

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Gara. Sette anni dopo la chiusura del primo quotidiano in euskara Euskaldunon Egunkaria”. l’Audiencia Nacional, dopo aver ammesso l’apertura del procedimento giudiziario,  ha decretato l’assoluzione di Martxelo Otamendi, Xabier Oleaga, Txema Auzmendi, Iñaki Uria y Joan Mari Torrealdai, che furono processati con l’accusa di “appartenenza” ad ETA nonostante il pubblico ministero avesse chiesto l’archiviazione del caso considerando che non esistevano vincoli con l’organizzazione armata. Per processare i cinque dirigenti di “Egunkaria” furono sufficienti le accuse dell’Associazione Vittime del Terrorismo (AVT) e l’associazione di estrema destra Dignidad y Justicia, che avevano chiesto pene dai 12 ai 14 anni per ognuno degli imputati. La sentenza emessa dalla Sección Primera de la Sala de lo Penal del tribunale speciale spagnolo, stabilisce che le accuse “no hanno provato che i processati abbiano la minima relazione con ETA, che di per sé determina l’assoluzione con tutti i pronunciamenti favorevoli”.  Il tribunale sostiene che “non si è nemmeno accreditato ne direttamente, ne indirettamente che il quotidiano Euskaldunon Egunkaria abbia difeso i postulati della banda terrorista, abbia pubblicato un solo articolo a favore del terrorismo e dei terroristi, ne che la sua linea editoriale avesse una caratteristica politica determinata, fatto questo, che tra l’altro, non sarebbe delittuoso”.

La sentenza sottolinea che “incluso i membri della Guardai Civil che hanno deposto come periti hanno riconosciuto che non avevano indagato se la linea editoriale del quotidiano era o no di appoggio ad ETA, fatto che rende incomprensibile l’imputazione”.

I rapporti di polizia non hanno natura periziale

I magistrati  Javier Gómez Bermúdez, Manuela Fernández Prado y Ramón Sáez Valcárcel che hanno emesso la sentenza  sostengono che i fatti e i dati sui quali si sostengono le accuse “non sono provati in modo diretto” e che gli indizi sui quali si basavano per chiedere elevate pene di carcere “sono equivoci e ammettono diverse interpretazioni favorevoli ai processati”. Assieme a questo, si afferma che i rapporti elaborati dalla Guardai Civil “la base esclusiva della accusa”, furono proposti e ammessi come prova periziale però “non hanno tale carattere” di natura periziale. Una affermazione che è opposta a quella emessa sempre dall’Audiencia Nacional in occasione del macro processo denominato 18/98 contro organismi della sinistra indipendentista basca, dove i periti dell’accusa erano guardai civiles e poliziotti e vennero ammessi come periti nonostante il parere contrario della difesa.

La chiusura si sarebbe potuto evitare

La sentenza arriva a mettere in discussione la chiusura del quotidiano in euskara sostenendo che la chiusura provvisoria o cautelare di “Egunkaria” “non aveva abilitazione costituzionale diretta ed era carente di una norma legale speciale ed espressa che l’autorizzasse”. Si evidenzia inoltre che un giornale “non può essere considerato come una impresa qualsiasi” e si considera che “ al fine di prevenzione di una presunta reiterazione delittuosa” che si adottò per sacrificare la libertà di stampa “o sospenderla singolarmente”, potevano essere conseguiti “usando altre possibilità alternative di misure cautelari che non implicassero l’interruzione della attività informativa, di elaborazione stampa e distribuzione del quotidiano. Soprattutto – si afferma – quando, secondo la prova praticata, l’analisi della linea informativa permetteva scartare che il quotidiano fosse strumento per la realizzazione di delitti o appoggio a una qualsiasi attività criminale”

Torture: “Non ci fu efficienza delle condizioni di isolamento”

La sentenza fa anche menzione delle denuncie di torture che i cinque imputati avevano denunciato dopo essere stati arrestati e rimanere cinque giorni in mano della Guardai Civil. Il tribunale evidenzia che nella valutazione delle dichiarazioni dei processati “ha speciale rilevanza che le denuncie di questi sui maltrattamenti e torture subite durante l’arresto in isolamento , che furono raccontate con dettagli nel dibattimento orale e prima dinnanzi al giudice istruttore e che sono oggetto di denuncia nei tribunali – sono compatibili con quanto esposto nei referti medico forensi emessi dopo essere stati visitati nei centri di detenzione. Anche se il Tribunale non può giungere a conclusioni giuridico penali rilevanti sul particolare, salvo constatare che non ci fu un controllo giudiziario sufficiente ed efficiente delle condizioni di isaolamento”


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Intervista di Fermin Munarriz

Gara. Dicono che è il più grande drammaturgo spagnolo degli ultimi decenni. Ed anche basco. Perché ha deciso di esserlo. E di vivere in un paese che ama e ammira. La sua estesa opera è stata un impulso permanente contro la censura; la sua vita, un impegno con la libertà; il suo pensiero, una esplorazione costante della essenza umana. Dalla torre di guardia intellettuale o dall’asfalto della strada, è sempre stato – ed è – per chi lo necessita. Non ha risparmiato generosità. Ne lucidità. Per questo non lotta contro i mulini; lotta contro i giganti.

Signor Sastre: tragedia, commedia…In che funzione sta in questo momento l’ordine mondiale?

Non è facile spiegare la realtà con questi concetti…Già nel Rinascimento vennero smontati questi feticci e nacque la tragicommedia, che è una visione più complessa della realtà. La tragicommedia iniziò a dare grandi frutti: la tragedia grottesca, l’esperpento. (stile letterario basato sulla deformazione grottesca della realtà). E’ qui dove si trova il genere che possa riflettere la realtà attuale: una tragicommedia o un esperpento o una tragedia che fa ridere..Per me è una tragedia complessa. Siamo in un momento nel quale possiamo ridere però non piangere. Non è un momento per ridere ne un momento per piangere, ma di ridere per non piangere.

E nel caso di Euskal Herria?

Euskal Herria non è un caso speciale. In altri temi ha una caratteristica differente rispetto a quanto avviene in altri luoghi, però per quanto riguarda  se è da ridere o da piangere, si può dire che una situazione nella quale si ride per non piangere, però che ci sono molte ragioni per piangere.

Viviamo, forse, una sorta di penitenza per la non rottura democratica con il franchismo?

In Euskal Herria si verificò una forte resistenza alla Riforma, che anche la sinistra spagnola preconizzava. Arrivò un momento nel quale le idee della necessita di una rottura democratica scomparvero dai territori di Spagna e si rifugiarono in Euskal Herria; è qui dove cristallizzarono le idee del fatto che non si andrà da nessuna parte che meritasse la pena se non si verificava una nuova situazione in termini di rottura. Queste idee cristallizzarono qui e sono l’origine di ciò che poi fu la sinistra indipendentista. Questa fu una delle ragioni – a parte molte altre – del fatto che noi decidemmo venire qui. Vedemmo che le nostre idee più o meno erano socialmente ammesse in questo paese e no in Spagna.

In questo contesto, qual è la responsabilità morale dell’intellettuale nella società?

E’ la stessa di sempre: essere fedele alla sua vocazione intellettuale. E’una vocazione per la verità, per l’esplorazione della verità e per la difesa della giustizia. Sembra che alcuni intellettuali assumano questa responsabilità  ed altri la appartino un po’ e si limitano formalmente a lavorare a favore dell’intelligenza in termini di disimpegno totale da un punto di vista politico.

Crede che gli intellettuali baschi sono all’altezza della situazione?

Io ho un problema per poter rispondere a questa domanda al non essere capace di leggere ciò che scrivono gli intellettuali baschi in euskera. Qualsiasi opinione esprimessi sarebbe superficiale e sicuramente ingiusta. Però nel teatro, dove si vedo quanto si fa, più o meno, o quanto si pretende fare, credo che le genti del teatro basco non sono all’altezza delle circostanze nelle quali si vive in questo paese. Io ho cercato in alcune occasioni di far interessare ai miei colleghi nell’ esempio – non per seguirlo ma forse per ispirarsi ad esso – di ciò che fu il teatro irlandese nelle prime decadi del secolo XX. In alcune circostanze analoghe – con distinguo – nacque un teatro magnifico, di grande livello in Europa.

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No, sono all’altezza della loro ignoranza su questa situazione. Io credo che sono ignoranti. Lo vedo con gli spagnoli che conosco, sono più o meno alla pari –diciamo, in tutto, meno su questo tema. Quando si tratta il tema basco lo ignorano e, inoltre, sembra che rifiutino d comprenderlo…

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