Dorleta Urretabizkaya Loretxoa – Il fiorellino
Nola, zergatik eta zertarako jakin gabe, hezetasun eta iluntasunaren koba epeletik mundu hotz eta zaratatsu honetara ekarri zuten ostikada batez. Zangoetatik zintzilik eta buruz be- hera sentitutako lehen kolpeak izan ziren mundu hotzaren ongi etorria. Eta nola, zergatik eta zertarako jakin gabe, minaren mundura jaio zen.
Senza sapere come, per cosa ne per che fine, lo strapparono con un calcio dalla calda grotta umida ed oscura e lo trassero a questo freddo e rumoroso mondo. Appeso per i piedi e testa all’ingiù, i primi colpi che sentì furono il benvenuto di questo freddo mondo. E senza sapere come, per cosa ne per che fine, venne al mondo del dolore.
Un giorno, si rese conto che poteva ascoltare cose, che poteva sentire dentro di sé i suoni e le voci del movimento, come nella sua permanenza nella calda e oscura grotta. Ma percepì anche un’altra cosa, che qualcosa gli provocava solletico in qualche posto. E quando aprì gli occhi, si rese conto che tutti quei suoni avevano colori, forme e volti. Senza sapere come, per cosa ne per che fine, aveva aperto i ponti per percepire il freddo mondo.
Con il tempo si rese conto che i suoni erano conseguenza del movimento che il suo ambiente era immerso in un continuo movimento. Però credeva che tutti quei suoni e movimenti sta- vano dentro di sé, fino a che, un giorno, scoprì che tutti questi movimenti e forme stavano fuori, fuori di se stesso. Che lui e tutto quel mondo esterno non erano uno. E questa scoperta lo turbò. Tutto quello che fino ad allora gli sembrava conosciuto, improvvisamente gli appa- riva strano. Senza sapere, per cosa ne per che fine, si sentì totalmente perduto. Cos’era tutto questo? E soprattutto, se il movimento, il suono ed i colori non erano dentro di se, che cosa aveva dentro?
E in quel preciso istante, ascoltò una specie di vento colmo di suono che cresceva dentro di se. Era la sua propria voce. Qualcosa di colore e suono creato dentro di sé. Ed allora, si rese conto della sua esistenza. Che oltre a quel ambiente pieno di movimento, colore e forma, c’era un’altra cosa. Lui. Però, da dove usciva quel vento pieno di suono? E, dove sentiva quella specie di solletico?Anche lui doveva avere qualche forma o ponte per differenziarsi da quel ambiente. Fino a che, un giorno vide, dinnanzi ai suoi occhi, cinque minuscoli ditini. Ed allora, si rese conto che questi cinque ditini erano lui. E non solo questo, ma che lui viveva dentro un piccolo corpo che sentiva i solletichi. Questa conoscenza, gli provocò tanta allegria, non era solo vento pieno di movimento, ma era anche qualcosa di morbido che sentiva solletichi e lo copriva. Il suo corpo. Dopo aver scoperto tutto questo, si sentiva sempre più forte. Il suo corpo cresceva e cambiava rapidamente. Aveva la capacità di muoversi da sé e apprese anche a utilizzare il vento pieno di suono. Però aveva dentro di sé una domanda sottoforma di eco che non trovava il silenzio. Cosa o chi era lui? E senza poter trovare una risposta, cominciò a guardarsi attorno, cercando lo sguardo dell’altro. E con la cultura della sua terra, il suo idioma e l’esperienza dei suoi genitori e dei suoi nonni, iniziò a costruire una personalità autonoma. Però un giorno, il bambino andò in montagna assieme ai suoi genitori. E sul monte, nel prato, vide il fiorellino più bello che avesse mai visto. Il bambino, affascinato, si avvicinò al fiorellino. Aveva le forme ed i colori più belli che aveva visto nella sua vita e non solo questo, aveva la capacità di risvegliare tutto l’amore del mondo con solo annusare il suo aroma. Il bambino era completamente meravigliato però nel avvicinarsi ad esso, ebbe una grande delusione. Il fiorellino era pieno di spine. Ed il bambino sentì il pungiglione nero della spina nel suo cuore che provocò una lacrima nera e triste. Il fiorellino era tanto seducente, tanto bello, che non si meritava il dolore delle spine.
Ed il bambino volendo dare una nuova vita al fiorellino, offrendogli una vita senza sofferenza, decise di strappargli le terribili spine. Però nel mentre toccò con la sua mano il fiorellino, ascol- tò il suo triste canto: “Bambino lasciami, sono nato per essere libero non per vivere legato”. Il bambino, senza sapere come, per cosa ne per che fine, lasciò il fiorellino e comprendendo qualcosa nel suo cuore, si voltò e continuò il suo cammino. Il bambino divenne un giovane, poi un uomo e nonno alla fine. Fino a che la morte, con un calcio, lo mandò di nuovo nella cal- da ed umida grotta. Però grazie al canto del fiorellino del prato, il bambino, il giovane, l’uomo e il nonno, seppe per sempre che l’uomo, come il fiorellino, è nato per essere libero, che solo così avrà forza e valore e che solo così potrà dare il suo miglior frutto. E che per essere libero, non c’è altra strada che essere ciò che uno è.
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Qualcuno potrà anche chiamare in causa l’effetto-Fukushima, colpevole di aver spinto milioni di persone a “pensare con la pancia” ma il risultato addirittura superiore (per quanto di poche virgole) dei due quesiti relativi alla privatizzazione dell’acqua e alla possibilità di farne sopra profitti come fosse una qualsiasi altra merce mostra invero il processo di consapevolezza e lungo corso che ha portato a questo risultato. A partire da una raccolta firme che ha attraversato l’ultimo anno e mezzo.Proprio il risultato equivalente delle 4 questioni deve essere letto come bocciatura esplicitamente politica dell’operato del governo, punito alle urne da un parte del proprio stesso elettorato. Segno che c’è una percezione diffusa di un sorpasso del limite e della decenza che non può più essere tollerato. E’ in qualche modo, anche qui, il voto di una cittadinanza “indignata”, per quanto nel nostro paese ancora non disposta a riconquistarsi spazi e modi della politica direttamente nelle piazze, ancora (troppo) fiduciosa nel risultato e peso delle scelte fatte nel segreto delle urne.