ACCORDO PNV PSOE, L’AUTONOMISMO FUNZIONALE
Il serpentone estivo delle misure per fronteggiare la crisi, che ha portato avanti il Governo Zapatero, seguendo le ricette degli organismi internazionali,, ha avuto una sponda determinante da parte del PNV. La cosa può sembrare contraddittoria, quando nella CAV, dopo 30 anni, il governo è a guida socialista grazie a un patto di stato con il PP, ed alla esclusione della sinistra indipendentista, a scapito proprio del PNV. Ma la posta in gioco non è una mera alternanza politica. Ci sono direttive dei poteri economici che non possono essere disattese. E sia le direzioni del PSOE come quelle del PNV hanno orecchie sensibili a questi richiami. Per questo il patto firmato ieri tra il Governo Zapatero e il PNV sul passaggio entro 2011 di 20 competenze ancora mancanti dello statuto di autonomia della CAV, ha il sapore del patto strategico. Simbolicamente l’accordo è stato firmato due ore dopo che fossero scaduti i tempi di presentazione degli emendamenti alla finanziaria equivalendo all’appoggio del PNV alla finanziaria e soprattutto a garantire i voti necessari a mantenere in carica il Governo Zapatero. Come patto di stabilità, è stato presentato l’accordo, che non si riduce all’approvazione della finanziaria. Sicuramente una scommessa politica più profonda dalla quale chi ne esce con le ossa rotte sembra essere l’attuale governo della CAV del socialista Patxi Lopez. E’vero che gli esponenti del governo autonomo si sono affrettati a riconoscere i vantaggi politici che otterrà il PNV ma allo stesso tempo assicurarono che “capitalizzeranno le competenze assunte”. Ci sono alcune letture che su l’accordo di ieri possono essere fatte.
Innanzitutto che queste 20 competenze non significano la “chiusura dello statuto di autonomia” dopo 31 anni dalla sua approvazione come “legge dello stato”, ma “una notevole spinta”, rivendicano gli esponenti del PNV. Da queste competenze mancanti rimango fuori soprattutto quelle inerenti la “materia antiterrorista”, carceri, alcune sul lavoro e cassa unica della previdenza sociale. Insomma passaggio si, ma in mano a Madrid rimangono ancora competenze su argomenti strategici. Il PNV comunque può rivendicare dinnanzi alla platea la sua “centralità” nella politica basca riconosciuta ancora una volta da Madrid, che nonostante le alchimie politiche e legislative, evidenzia come il Governo di Patxi Lopez sia carente di legittimità anche nell’ambito della politica autonomista, e non solo sociale. Una carta da spendere quella del PNV più in ambito spagnolo che basco, anche perché la questione basca non si riduce a una più o meno accentuata decentralizzazione amministrativa. E non solo per la sinistra indipendentista. Tanto che il presidente del PNV, Urkullu, si è affrettato a dire che questo non è “un patto di legislatura” e che lo Statuto di autonomia “ non è la stazione finale del PNV”. Insomma una nuova scommessa del Partito nazionalista basco per stare con un piede in due staffe e preparare il terreno verso un cambio politico che ormai sembra inevitabile.
Per il PSOE questo accordo salva la legislatura e permettere Zapatero di porre le basi per gli impegni assunti a livello internazionale per risanare l’economia spagnola. Risanamento che si basa fondamentalmente una riforma del mercato del lavoro che colpisce duramente i lavoratori, la cui percentuale di disoccupazione è la più alta della zona euro, 20%, lasciando inalterati i profitti delle multinazionali spagnole che anche quest’anno hanno raggiunto picchi record. Del resto nell’accordo con il PNV non c’era solo il passaggio di competenze ma anche il compimento di opere strategiche come il Treno ad Alta Velocità, la cosiddetta “Y Basca”, o il porto esterno di Pasajes macroprogetti urbanisti e viari che stanno incontrando una forte opposizione sociale. Coincidenze nelle visioni strategiche economiche che prefigurano una convergenza politica che contrasti il possibile consolidamento di un blocco politico per la sovranità progressista, con un presumibile consistente appoggio sociale, che ha manifestato a più riprese la sua avversione a questo modello di sviluppo oltre a mettere in pratica la contestazione alle politiche sul lavoro del Governo Zapatero.
Del resto sembra ormai il PNV il partner privilegiato per il PSOE per affrontare una sfida con il PP che in questo momento lo vede perdente. Nonostante le parole, il PNV ha sposato di fatto la linea di fermezza del PSOE rispetto alla sinistra indipendentista acquisendo quella garanzia agli occhi di Madrid che rende possibile concedere un parziale completamento allo statuto di autonomia, che non dimentichiamolo, è stato anche lo strumento fondamentale per contrastare il consenso al progetto politico “rupturista” della sinistra indipendentista in questi anni. Perché fino ad ora, i margini di manovra della forze politiche spagnole per affrontare la questione basca sono stati i principi costituzionali e della riforma politica. E’ bastato nel 2007, che si paventasse una alleanza tra la coalizione basca di Nafarroa Bai e il Partito Socialista Navarro per scalzare la destra regionalista di UPN, ed aprire quindi uno scenario diverso su una questione di stato com’è stata definita l’autonomia navarra, che dal Governo centrale arrivasse un richiamo e venisse poco dopo firmato un patto che garantisse il governo a UPN con ‘l’appoggio del PSN. Una scelta che portò alla rottura tra UPN e PP e ad un sostegno indiretto dei regionalisti navarri al Governo Zapatero. Cosa analoga avvenne in Catalogna con la riforma dello statuto di autonomia. La dialettica partitica non può eccedere i limiti della riforma politica lasciando perennemente irrisolti i problemi strutturali dello stato spagnolo come sono le questioni catalana e basca.
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