NARCOVIOLENZA IN MESSICO: RAPIDA E FURIOSA

Loading

Gara. L’accusa della Chiesa del Messico agli Stai Uniti arriva nel pieno della polemica scoppiata dopo la notizia di una frustrata operazione di polizia che alla fine ha permesso che migliaia di armi arrivassero dagli USA direttamente nelle mani dei cartelli messicani.

Nell’ editoriale  pubblicato dal settimanale “Desde la Fe”, la Chiesa cattolica ha criticato duramente operazione orchestrata da Washington – chiamata “Rapido e Furioso”- mediante la quale l’Ufficio di controllo di Alcool, Tabacco, Armi da Fuoco e Esplosivi (ATF) decise la vendita di migliaia di armi al narcotraffico messicano con la presunta intenzione di seguirne la pista.

Lo scandalo scoppiò alcuni giorni fa, quando l’agente John Dodson, dell’ Ufficio di controllo di Alcool, Tabacco, Armi da Fuoco e Esplosivi, cocesse una intervista alla catena CBS. L’agente ha spiegato l’operazione, cosi come del suo fallimento, rivelando che dopo aver attraversato la frontiera del Messico, si sono perse le tracce delle migliaia di armi procedenti dagli USA.

Secondo informazioni fornite da ATF, 1.765 armi da fuoco sono state vendute a presunti narcotrafficanti in un periodo di quindici mesi. Di questa quantità, l’ATF sostiene che sono già state recuperate 797 armi. “Con il numero di armi che abbiamo lasciato passare verso il Messico, non sapremo mai quante persone saranno assassinate, assaltate e violentate…Queste armi serviranno per aumentare gli indici di criminalità da ambedue i lati della frontiera”, ha detto l’agente Dudson, precisando che le migliaia di armi vendute a narcotrafficanti erano i conosciuti AK-47 e fucili di precisione Barrett.

La polemica aumentò, tra l’altro, quando è stato rivelato che il poliziotto statunitense ucciso nel dicembre scorso da narcotrafficanti in Messico, Brian Terry, fu ucciso con un arma che avrebbe fatto parte del carico di AK-47 che attraversò la frontiera con il Messico di cui era conoscenza ATF.

La violenza che flagella il Messico ha provocato la morte di 34.600 persone solo negli ultimi quattro anni.

 


Related Articles

JON ANZA, AUMENTANO SOSPETTI E PROTESTE

Loading

Ieri a San Sebastian, 8000 persone hanno dato vita ad una manifestazione con convocata dal movimento pro amnistia per denunciare

KURDISTAN SENZA TREGUA

Loading

Torna sulle prime pagine dei giornali il conflitto kurdo-turco. I 26 (o 24 a seconda delle fonti) militari turchi morti in una serie di attacchi simultanei sferrati dai guerriglieri del PKK contro diversi obiettivi delle forze di sicurezza nella zona di Hakkari hanno fatto gridare a una nuova recrudescenza del conflitto. In realtà la guerra non è mai cessata, le operazioni dell’esercito turco non sono mai diminuite. Anzi, da agosto si susseguono bombardamenti in tutta la zona al confine con Iraq e Iran e spesso e volentieri gli F-16 turchi sono entrati nel Kurdistan iracheno colpendo non tanto o non solo le basi del PKK (il Partito dei Lavoratori del Kurdistan) ma soprattutto villaggi facendo molte vittime civili di cui nessuno parla.

Gli attacchi di ieri hanno suscitato reazioni molto forti, comprensibilmente. A parte il presidente della repubblica, l’islamico Abdullah Gul, che ha promesso “vendetta” e altro sangue, è stato il BDP (Partito della Pace e Democrazia), cioè il partito dei kurdi a fare la prima dichiarazione. “Basta – si legge nel comunicato – con la guerra. E’ tempo che le armi tacciano e si realizzino le condizioni per favorire la pace”. Parole che il BDP va ripetendo da anni ormai. In questo sostenuto dal PKK che (è bene ricordarlo) ha osservato un cessate il fuoco unilaterale fino al 15 giugno di quest’anno. Cioè fino a dopo le elezioni politiche che hanno visto kurdi e sinistra turca eleggere ben 36 deputati al parlamento turco. Quello che è successo dopo questo risultato serve a contestualizzare anche l’attacco di ieri, al quale i turchi hanno risposto con una nuova offensiva aerea in nord Iraq.

Uno dei 36 deputati, Hatip Dicle (in carcere), è stato privato del suo mandato per un ‘reato’ (lui che era già stato deputato con Leyla Zana e aveva già fatto 10 anni di carcere) di natura ‘terroristica’. Cinque deputati sono attualmente in carcere. Al giuramento, dopo un boicottaggio durato tre mesi e mezzo, si sono presentati in 30. Da marzo a oggi sono finiti in carcere qualcosa come ottomila tra amministratori locali kurdi, attivisti per i diritti umani, militanti del BDP con l’accusa di essere in qualche modo legati al PKK. Dal 2009 (anno della vittoria dei kurdi alle amministrative) sono sotto processo oltre quattromila politici kurdi. Dal 27 luglio il presidente del PKK Abdullah Ocalan (in carcere dal 1999 sull’isola di Imrali) non può vedere i suoi avvocati. Un divieto imposto dopo che per mesi uomini del premier Recep Tayyip Erdogan hanno incontrato il leader kurdo per concordare “protocolli di pace” poi gettati nel cassetto.

TESEO NEL LABIRINTO BASCO – Ramon Zallo

Loading

Rebelion/Deia. Viviamo una effervescenza inusitata di iniziative, proposte e organismi, propria di tempi con aspettative di cambiamenti, tanto per propiziarli

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment