ARRESTI, PROCESSI, PROPAGANDA, PER LA NUOVA FASE

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Arresti ieri e questa notte nelle province basche. Quattro giovani della sinistra indipendentista, Bergoi Madernaz, Aiala Zaldibar, Aitziber Plazaola y Beñat Lizeaga, sono stati arrestati nelle province basche francesi per un mandato di cattura europeo emesso dal giudice della Audiencia Nacional Grande Marlasca. L’accusa è appartenenza al movimento giovanile Segi, illegalizzato nel 2005 dall’ Audiencia Nacional, e sanzionata come “terrorista” nel 2007 dal Tribunal Supremo.  I quattro arrestati si erano resi protagonisti assieme ad altri quattro loro compagni di una azione di protesta rinchiudendosi in un locale di Izpura, paesino nelle province basche francesi. L’iniziativa aveva l’obiettivo di “denunciare la violazione dei diritti civili e politici” attraverso queste operazioni e ha trovato il sostegno di rappresentanti istituzionali dei Paesi baschi in Francia. I giovani militanti baschi erano sfuggiti all’operazione del 22 ottobre scorso che sempre su ordine del giudice Marlasca aveva portato all’ arresto di 14 giovani accusati di fare parte della struttura organizzativa di Segi.

 

Questa notte invece a Bilbao e Galdakano, la Guardia Civil ha arrestato Daniel Pastor, Lorena López, Beatriz Etxebarria e Iñigo Zapirain, accusati  di fare parte di un “commando legale”, non conosciuto dalla forze di sicurezza, di ETA e che sarebbero responsabili di attentati in Cantabria, Burgos e Bilbao nel 2008 2009. In particolare, secondo le forze di sicurezza, le quattro persone arrestate sarebbero responsabili dell’attentato mortale contro il commissario capo della polizia spagnola Eduardo Puelles avvenuto a Arrigoriaga il 19 giugno 2009.

 

Oggi invece a Madrid inizia il processo contro il giovane Jokin Zerain arrestato nel giugno del 2009 con l’accusa di essere responsabile del sabotaggio ad ripetitore nella località di Mendibil. I danni stimati sono di 6000 euro. Per questa azione il pubblico ministero chiede 35 anni di carcere.

 

Queste operazioni delle forze di sicurezza spagnole, in questi ultimi due anni nel conflitto basco spagnolo, sembra seguire un copione già scritto. Ad ogni azione politica della sinistra indipendentista e di altre forze politiche e sociali basche per un reale processo democratico con la convinzione di escludere lo strumento coercitivo della violenza politica, i poteri giudiziario e di sicurezza mettono in atto il principio “ma noi non siamo in tregua”. Basterebbe fare un relativamente facile lavoro di ricerca giornalistica per constatare come ad ogni azione “per la democrazia e l’esclusione della violenza” da parte basca vi si stata una “reazione uguale e contraria” della magistratura e forze di sicurezza spagnole, ratificate o annunciate dal potere politico. Annunci di “possibili sequestri o attentati” mai verificatisi, con arresti puntuali di militanti, o presunti tali, di ETA, cha avvaloravano la tesi “avrebbero attuato ma noi glielo abbiamo impedito”. Pur sapendo da mesi che l’organizzazione basca aveva deciso di sospendere “le azioni armate offensive”. Di fatto gli ultimi attentati furono quelli di Mallorca, fine luglio, inizio agosto 2009, che costarono la vita a due guardia civiles.  Allo stesso tempo arresti di esponenti politici e conseguente criminalizzazione delle loro organizzazioni di riferimento, seguendo il copione del delitto politico “su incarico”, di ETA, fino a paventare la tesi della scelta strategica della sinistra indipendentista come machiavellica idea della organizzazione armata basca per rimanere sulla scena politica.  Una idea che accompagna  la visione del conflitto da parte del establishment spagnolo. Lo manifestò il giudice Baltazar Garzon, tra l’altro, incriminando un movimento come la Fundacion Zumalabe, con l’accusa che “promuovere la disobbedienza civile” agli ordini di ETA e lo stesso presidente José Maria Aznar quando stigmatizzava le iniziative di dialogo e mediazione definendole “una strategia del loro gioco (ETAnda)che non è altro che il ricatto alla democrazia”.


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LA NATO FUGGE DALLA PROPRIA MISSIONE – Thierry Meyssan

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Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE

Reseau Voltaire. Dopo 150 giorni di bombardamenti, la NATO ha raso al suolo numerose infrastrutture, ma non ha ancora ottenuto un risultato effettivo. Questo insuccesso è imputabile all’assenza di una riflessione strategica preliminare. La NATO ha creduto di poter applicare in Libia il metodo classico che aveva concepito per altri scenari naturali. Si trova smarrita di fronte a un caso particolare. La più grande alleanza militare della Storia, che era stata formata per affrontare l’URSS e che poi aveva sognato di diventare il gendarme del pianeta, non ha azzeccato la sua riconversione.

Una vittoria o una disfatta militare si giudicano dagli obbiettivi di guerra che si erano prefissati. Nel caso dell’intervento della NATO in Libia, c’era un mandato delle Nazioni Unite, la protezione dei civili, e un scopo, allo stesso modo ufficiale ma fuori dal mandato, quello di cambiare il regime politico il paese. 

Dopo quasi 150 giorni di guerra, la NATO non è riuscita a scuotere le istituzioni libiche. Tenuto conto della sproporzione delle forze, bisogna ammettere l’insuccesso militare e farsi delle domande sulla strategia adottata.

Kurdish artist Zehra Doğan to hold exhibition in Brescia

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Brescia (Italy) will host the third Edition of the Festival of Peace from Friday 15 to Saturday 30 November.  The

IL PKK PROLUNGA LA TREGUA DI UN MESE

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La Confederazione Democratica del Kurdistan (KCK) ha annunciato il prolungamento del cessate il fuoco unilaterale di un mese. La tregua era stata dichiarata il 13 agosto scorso. In prima battuta il PKK aveva annunciato che le attività armate sarebbero riprese il 20 settembre. Quindi ha prolungato di una settimana la tregua e ieri l’annuncio di un altro mese di tregua.
“Il cessate il fuoco sarà rivisto fra un mese – ha detto Murat Karayilan in una conferenza stampa sui monti di Kandil – e se i passi intrapresi dal governo turco saranno ritenuti sufficienti potremmo decidere di trasformare la tregua temporanea in cessate il fuoco permanente”.
Head of the Executive Committee of the Kurdistan Democratic Confederation Murat Karayilan stated that they have extended the unilateral ceasefire declared on 13 August for another month. “The ceasefire will be reviewed in a month time and if reassuring steps and efforts come during this month we may turn the temporary ceasefire into indefinite” added Karayilan.
Karayilan declared the extension of the ceasefire in a press conference held in Medya Defence Territories in South Kurdistan in which several national and international press took part.
Speaking at the press conference Karayilan also said: “We are willing to turn this non-action period into an indefinite ceasefire; however we are concerned about the initiatives of the AKP government to purge our movement which have been increasing for the last two weeks.”

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