Il TEDU CONTRO EUSKAL HERRIA

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Ennesimo pronunciamento a favore dello stato spagnolo da parte del Tribunale Europeo per  i Diritti del Uomo (TEDU). La richiesta della apertura di una causa contro il Governo spagnolo per avere impedito una consultazione popolare, approvata dal parlamento autonomo basco e prevista per il 25 ottobre del 2008. Nel referendum consultivo si ponevano due domande. La prima, se si era favorevoli o meno all’apertura di “un finale dialogato della violenza, se ETA precedentemente, avesse manifestato la sua inequivoca volontà” di abbandonare la lotta armata. Nella seconda, se si era favorevoli o meno a che “i partiti baschi, senza esclusioni, inizino un processo di negoziazioni per raggiungere un Accordo Democratico sull’esercizio del diritto a decidere del popolo basco”. La decisione del TEDU è stata interpretata dal PSOE e dal PP per riaffermare la giustezza delle loro politiche asserendo che il diritto a decidere è una “velleità” del passato e che in Spagna “non ci sono diritti ne libertà vulnerate”. Il PNV ed Aralar, i due partiti che avevano presentato la denuncia al Tribunale europeo, hanno manifestato il loro disappunto. Joseba Egibar, del PNV, ha detto che comunque “il diritto a decidere è il motore per il futuro” e ha aggiunto che “la vera trappola  e gravità del problema” riferendosi al binomio PSOE-PP è che “si dicono democratici e proibiscono ascoltare la voce del popolo”. Aralar, da parte sua, ha considerato la decisione del Tribunale come “riprovevole” e suggerisce una motivazione politica alla base di questa sentenza che mira a che “ non si parli in Europa del conflitto in Euskal Herria”. Chi si è mostrato comunque ottimista è stato il segretario del sindacato maggioritario basco ELA, Txiki Munoz, il quale ha detto “indipendentemente da ciò che abbia detto l TEDU, se siamo capaci di farlo democraticamente (il referendum), non lo potrà fermare nessuno” Munoz ha affermato che c’è “la capacità sufficiente” se “le cose vengono fatte bene, se non si esclude nessuno nel disegno della consulta e se si convince la base sociale favorevole alla sovranità” Il TEDU aveva, nel novembre scorso, confermato una atra sentenza che legittimava la legge sui partiti spagnola, approvata nel 2003, con il preciso scopo di illegalizzare la sinistra indipendentista. Tra  giudici del TEDU, uno era spagnolo e la sentenza era una compia delle sentenze dei tribunali spagnoli che hanno illegalizzato partiti politici, liste elettorali attraverso la coniazione di un nuovo concetto giuridico della “contaminazione”. In quella sentenza il TEDU affermava che la legge spagnola in materia era necessaria a causa “dell’allarme sociale” e della “imperiosa necessita della sicurezza democratica”.


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JOSU MARTINEZ

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Paese basco: voci di pace, arresti nel mucchio

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In una notte di novembre, nei paesi e città del Paese basco, 650 poliziotti e guardia civiles spagnoli, guidati dal giudice istruttore Grande Marlaska, con il seguito di televisioni e giornali, irrompono in 90 abitazioni e centri sociali. 34 ragazze e ragazzi vengono arrestati. Ragazze e ragazzi. I giornali il giorno dopo titolano che Segi l’organizzazione giovanile della sinistra indipendentista, considerata “terrorista” dal Tribunale Supremo spagnolo nel 2007, è stata decapitata. Poi l’omertà, quella per cui la sorte di questi giovani non conta più nulla. La casistica sulle numerose denuncie di maltrattamenti nei commissariati di polizia spagnoli, confermate da organismi internazionali, per i media spagnoli sono invenzioni. Il fatto che una organizzazione giovanile, la più grande le Paese basco, sia stata considerata terrorista pur non utilizzando la violenza come metodo politico, per Governo magistratura e gran parte dei media spagnoli, non è un attacco alla libertà di opinione, ma una misura di “sicurezza nazionale”. Non ETA ma il suo “entorno” vale dire la realtà sociale della sinistra indipendentista basca è il vero pericolo.
I familiari ed amici  viaggiano verso la capitale, dove sono stati trasferiti i giovani.  Con la paura in corpo. Nessuna notizia dei loro familiari. La legge antiterrorismo permette l’isolamento assoluto nelle  mani dei funzionari di polizia per cinque giorni. Madri e padri rimangono da mattina a sera davanti al tribunale speciale dell’ Audiencia Nacional, nel cuore di Madrid, aspettando che i loro figli, dopo essere passati tra le mani di poliziotti e guardia civiles, confermino  dinnanzi al giudice le deposizioni che sono stati costretti a firmare. Quando? Nulla è dato a sapere: Grande Marlaska proibisce dare informazioni sui giovani arrestati. Dopo quattro giorni arrivano i primi 11 che vengono spediti in carcere. Poi altri 12. Per due di loro è libertà su cauzione. Ed infine gli altri 11.
32 inviati nelle carceri spagnole. Nell’euforia “per l’arresto di 34 pericolosi  ragazzi e ragazze indipendentisti baschi”, un veicolo camuffato della guardia civil, con a bordo uno degli arrestati, sfreccia per le vie della capitale spagnola dopo aver eseguito il meticoloso interrogatorio, travolgendo un donna di 84 anni che perderà la vita. Passano due giorni prima che vice sindaco della capitale porga le sue scuse ai figli della donna uccisa.

CARCERAZIONE POLITICA BASCA

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Mancano ormai pochi giorni alla manifestazione di Bilbao per i diritti dei prigionieri baschi, e le adesioni e le richieste

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