UNA MORTE ANNUNCIATA

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La vittima annunciata da tempo dal Ministero degli Interni spagnolo è arrivata ma non come  l’avevano prevista. Il poliziotto, francese, ucciso martedi sera nella periferia di Parigi, da parte di un commando dell’ETA  è stata una “sorpresa” sia per le modalità che per il luogo, la Francia . La meccanica dei fatti descritta fin ad ora dalle autorità francesi, “sconcerta” gli esperti antiterrorismo spagnoli. Un commando con una dozzina di militanti che mette in atto un’azione di questa natura, il furto di sei automobili, quattro di essi che vengono bloccati senza reagire da una pattuglia di poliziotti francesi, che casualmente passavano di li, ma erano muniti di giubbotti antiproiettile, altri membri del commando che tornano sui loro passi e liberano tre dei loro compagni dopo uno scontro a fuoco, nel quale perde la vita un poliziotto francese. Nonostante le dichiarazioni di Zapatero e Sarkozy sulla “spietatezza” e “determinata” reazione contro ETA, non sembra essere l’organizzazione basca l’oggetto principale delle attenzioni. La stampa spagnola si è gettata sulla notizia avendo come principale obiettivo la sinistra indipendentista dalla quale tutti si aspettano o meglio sarebbe dire esigono la “condanna”. Una parola dal potere taumaturgico ma che dimostra di essere uno specchietto per le allodole che non risolve i problemi di fondo. Il dato storico è invece il comunicato  della sinistra indipendentista che per la prima volta chiede esplicitamente ad ETA di riaffermare il suo appoggio al Processo Democratico che la sinistra indipendentista, unilateralmente, ha messo in atto. Un processo che, si sottolinea ancora una volta deve “svilupparsi in assenza di violenza ne ingerenze”. La storia di altri conflitti di questa natura insegna che questa è la strada da percorrere perché si basa sul riconoscimento delle responsabilità proprie di ogni parte in causa e sulla creazione di regole condivise. Ma la cultura politica imperante ai nostri giorni s’infastidisce quando si parla di soluzioni politiche “strategiche” che vadano al fondo dei problemi, rimanendo invece nella più comoda gestione di interessi di bottega che guardano più all’interesse elettorale, e quindi d’immagine, che alla sostanza. Comunque sia l’editorialista de El Pais Luis R. Aizpiolea in un articolo da il titolo “Il lamento della sinistra indipendentista è insufficiente”, ammette che le richieste alla sinistra indipendentista sono senza fine  evidenziando come “Un comunicato che sarebbe stato una rivoluzione 10 anni fa, però la società basca e spagnola, e con esse i suoi partiti hanno posto esigenze molto alte dopo il fallimento dell’ ultimo processo di pace“. Aizpiolea suggerisce che “come stanno andando le cose, se ETA persiste nel terrorismo, come confermano gli ultimi fatti, la sinistra indipendentista è destinata a rompere con l’organizzazione o  che nella banda (ETA ndt)  si generi una scissione”. Le ipotesi avanzate da Azpiolea, che riconoscono un cambiamento sostanziale delle posizioni della sinistra indipendentista,  si traducono nelle azioni  dei massimi responsabili della sicurezza spagnola nella politica di sempre. Emarginare la sinistra basca nell’ illegalizzazione o il carcere. Il socialista Adolfo Ares ministro degli interni del governo autonomo basco, dichiara che la proposta della sinistra indipendentista basca “è carta straccia” dopo l’episodio di Parigi. Per Ares è necessario “vigilare” sulle possibili “trappole” della sinistra indipendentista per potersi presentare alle lezioni del 2011. Insomma queste elezioni stanno diventando una ossessione per le forze politiche spagnole poiché una presenza della sinistra indipendentista svelerebbe una realtà sociale ed anche elettorale ben diversa da quella che la legge sui partiti sta determinando. Del resto le posizioni di Governo spagnolo, PSOE e del PP sui fatti di martedì sono funzionali a rafforzare la logica secutiraria che caratterizza la loro visione del conflitto basco spagnolo.  Di diverso avviso è Brian Currin, mediatore sudafricano  di conflitti, già protagonista del dialogo anglo irlandese, che  ha definito “carico di speranze” comunicato della sinistra indipendentista. Currin dopo aver condannato la morte del poliziotto francese, chiede ad ETA una dichiarazione immediata ed unilaterale di alto al fuoco. In questo modo sostiene Currin, sarebbe responsabilità del Governo spagnolo promuovere un cammino per rendere possibile uno scenario che conduca ad un processo di pace. Del resto l’episodio di martedì scorso ha premesso alle autorità spagnole e francesi di togliere dallo schermo il caso della morte in circostante inquietanti del militante basco  Jon Anza. Gli interrogativi sul caso sono stati posti da alcuni mezzi d’informazione francesi. Perico Legasse, sull’edizione digitale del settimanale Marianne si pone la domanda “Chi ha ucciso il militante di ETA?”. Dopo aver ricostruito gli episodi di questo affaire conclude affermando: “Decisamente, siano cadaveri o armi, gli elementi probatori della affaire Jon Anza tardano un certo tempo a salire in superficie. Ciò che ancora non è dato a sapere è se sono misteri di Madrid o Parigi”. La morte del poliziotto francese probabilmente favorirà che questa domanda rimanga ancora senza risposta.


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“EL COMISARIO” GRIDA E MI DICE CHE MI VIOLENTERA’ UN’ALTRA VOLTA”

 Verso le 4 del mattino del 1 marzo 2011 sfondano la porta. Mi prendono per i capelli e mi trascinano nella sala. Sono con il reggiseno e non mi lasciano vestire durante la perquisizione. Nella sala mi bloccano con violenza e cercano di mettermi le manette. Si arrabbiano perché sono piccole. Mentre sono seduta sul divano mi dicono “Vedrai che cinque giorni passerai”

Mi entrò un po’ di nausea durante la perquisizione del ripostiglio. Mi stringono fortemente sul braccio, mi lasciano degli segni. Mi mettono manette di corda e me le stringono sempre di più.

Mentre usciamo di casa mi minacciano: di non guardare, ne parlare con il mio compagno. Mi portano dove si trovava l’auto e mi proibiscono assistere alla perquisizione.

Mi portano dal medico forense di Bilbao: mi visitano attentamente: ho segni sui polsi per le manette, avevo le vene gonfie e qualche abrasione. Le braccia rosse, per il modo in cui mi tenevano, e rigide.

Mi fanno salire sul Patrol (automezzo in dotazione alla Guardia Civil). Mi obbligano a chiudere gli occhi e me li chiudono loro con una mano. Ascolto che dicono che devono incontrarsi con un’altra auto.

Si fermano. Un guardia civil che si fa chiamare “el Comisario”, viene a prendermi e cambiamo d’auto.  Quella di adesso non è un Patrol, è un’auto normale per lo spazio e l’altezza che percepisco nell’entrare. El Comisario inizia a gridarmi nell’orecchio e a minacciarmi: “Sono militare e sono addestrato ad uccidere”. Mi dice che ho due opzioni: parlare subito, o no. Noto come prendono una borsa e me la mettono sulle mani. Durante il viaggio verso Madrid mi danno colpi e schiaffi sulla testa e proferiscono continue minacce. Mi dicono che adesso si fermano e “ti lascio nuda, ti getto nella neve e ti apro come un canale”. El Comisario si toglie la giacca e inizia a strusciarsi sul mio corpo. L’altro poliziotto che stava al suo fianco “calma”  El Comisario però anche mi minaccia: mi applicano per due volte la “borsa” (viene collocata una borsa di plastica sul capo della vittim,a chiusa attorno al collo, per provocare  asfissia) nel tragitto verso Madrid.

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