UN SABATO A ISTANBUL, SEDICI ANNI FA

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Sedici anni fa, il 28 maggio 1995, un gruppo composto per la maggior parte da donne di differenti età si riunì in piazza Galatasaray, nella zona centrale di Istanbul chiamata Taksim, sedendosi di fronte alla scuola Galatasaray. Tenevano fra le mani ritratti prevalentemente di uomini di diverse età. Sulle fotografie il nome e una parola che sarebbe diventata nota anche agli stranieri, kayip, scomparso. Le Madri del sabato, come si sono definite per via dei loro incontri in piazza Galatasaray (e più avanti in molte altre piazze) ogni sabato, cominciarono le loro veglie settimanali 16 anni fa. Sono state molestate, attaccate, ferite, picchiate, arrestate. Ciononostante sono lì ogni sabato per reclamare giustizia per il loro parenti scomparsi. Lo scorso sabato Naside Ocak, sorella di Hasan Ocak (scomparso nel 1995) ha parlato del pianto silenzioso che i parenti degli scomparsi hanno sollevato dalle piazze del sabato per 16 anni.
La Ocak, osservando che la prima volta che si sono recati in piazza erano in 20, ha affermato: “Non abbiamo trovato ancora i membri scomparsi delle nostre famiglie ma ci siamo fatti conoscere, abbiamo imposto la nostra presenza ed esistenza a coloro che non ci riconoscevano. Abbiamo continuato la nostra azione contro coloro che ci hanno accusato, che ci hanno chiamato terroristi 16 anni fa. Non abbiamo potuto portare i colpevoli in tribunale ma abbiamo posto un freno alla scomparsa di persone in detenzione. La nostra lotta continuerà fino a che ai responsabili non verrà presentato il conto. Tre generazioni sono presenti qui per cercare i loro cari scomparsi. Non desisteremo dalla nostra lotta anche se dovesse continuare per 10 generazioni”.
Hanife Y?ld?z, il cui figlio è scomparso in detenzione nel 1996, ha cominciato il suo discorso ricordando il marito che ha perso la vita nella ricerca degli assassini di suo figlio. Ha così dichiarato: “Coloro che hanno fatto ogni genere di promessa nelle riunioni elettorali non ci hanno restituito i nostri cari. Hanno parlato di una politica di iniziative ma hanno approvato progetti assurdi. Non hanno trovato gli scomparsi. I responsabili della scomparsa dei nostri cari sanno dove trovarli, non certo noi”.
In riferimento agli attacchi sugli studenti a Dolmabahce, Hanife Y?ld?z ha dichiarato quanto segue: “Ci attaccheranno nello stesso modo qualora mettessimo in atto un sit-in là? Io non chiedo che mio figlio che è stato sacrificato da loro. Sapete cosa significa per una famiglia non conoscere il luogo di sepoltura del proprio bambino? Io lo chiedo alla gente che possiede una coscienza, non alle autorità dello stato. Muoviamoci insieme e resistiamo a questo sistema”.
Hasan Ocak era un attivista politico.
Aveva partecipato alla rivolta nel distretto di Gazi (Istanbul) nel 1995. Fu dopo questa sommossa, il 21 di marzo, che Hasan fu rapito dalla polizia politica. Cinque giorni più tardi, dopo essere stato duramente torturato, fu ucciso per strangolamento con un filo metallico. Si è aggiunto alla lista di persone scomparse in custodia. Alla fine di una imponente battaglia portata avanti dai suoi amici, compagni e familiari, nonché dei parenti di altri scomparsi, il suo corpo fu recuperato il 19 di maggio del 1995.


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It would be somehow funny, if indeed the issues were not so serious, to sit and listen to PM Erdo?an delivering one of his “inspired” speeches over current issues. Take for example his latest remarks on what he called “the solution process” (i.e. the process for a solution to the Kurdish issue) and the protests by Middle Eastern Technical University in Ankara.

On the “solution process”, Erdo?an pronounced the following quite threatening words: “The side to break the process will pay the price” and added: “We will never be the side to break it”. Now, a smile would shape the lips of everyone even not so familiar with the current state of affairs on the Kurdish question. Because indeed it is clear that while the Kurds (be it the PKK with its ongoing ceasefire, or the BDP with its ongoing proposals and attempts to break the deadlock) keep moving and trying to revive the process times and times agains, the government has chosen – to use en euphemism – a “waiting attitude”.

The question is, waiting for what ? As Godot will not turned up, clearly the government is trying – by stretching things to the limit – to push the Kurdish side into some kind of action which Erdo?an could finger at as “leaving the table”. The problem is that at present there is no “table”. And consequently no table to abandon.

12-13 giugno, 4 SI per iniziare…..

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