DIFESA DEI DIRITTI UMANI CRIMINALIZZATA

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In una conferenza stampa diversi organismi umanitari baschi appoggiati da forze politiche sociali e sindacali, hanno denunciato la criminalizzazione del loro lavoro. L’operazione di polizia ordinata dal giudice della Audiencia Nacional, Grande Marlaska, che 15 giorni fa portò all’ arresto di una decine di persone, è stato il motivo di questa iniziativa che ha riunito a Donostia organismi come il TAT (contro la tortura), Behatokia (per i diritti civili ed umani), Etxerat (familiari dei detenuti politici) con il sostegno dei movimenti politici come EA, Aralar, Sinistra Indipendentista, il sindaco (IU) di Urnieta di esponenti dei sindacati LAB, EHNE, Hiru, e del movimento per dialogo Lokarri.  Amaia Esnal che venne arresta nell’ottobre scorso nell’operazione diretta dal giudice Baltazar Garzon contro esponenti della sinistra indipendentista ha detto che le persone che stanno subendo la politica repressiva del Governo spagnolo “siamo persone che ci siamo organizzate in coerenza con le nostre idee politiche. Il nostro lavoro è sempre stato pubblico e trasparente”.  “Lavoriamo con la solidarietà verso persone che subiscono la repressione” – ha aggiunto – “ organizzando autobus per le visite alle carceri, presentando denuncie di torture, organizzando mobilitazioni in difesa dei diritti dei prigionieri, denunciando gli eccessi della polizia, partecipando in azioni per i diritti civili..” Esnal ha ricordato che la loro azione è “totalmente autonoma” e che negli ultimi anni la pressione delle forze di polizia nei loro confronti è costante cosi come attraverso notizie e reportage apparsi sulla stampa. In relazione alle notizie apparse su presunti vincoli di questi organismi con ETA, Esnal le ha definite “false basate su menzogne”. Ha ricordato che diversi nomi di cittadini apparsi sulla stampa sono stati “filtrati” dalle forze di sicurezza spagnole dopo interrogatori con dichiarazioni forzate “sotto tortura”. Dopo l’operazione ordinata dal giudice Grande Marlaska la pressione della polizia è aumentata in modo considerevole.  Esanal ha concluso assicurando che “raddoppieremo il lavoro per portare al nostro popolo la pace e la democrazia. Dobbiamo frenare la repressione, è imprescindibile organizzare i cittadini dinnanzi alla repressione. Il processo politico e democratico non ha alternative. Il processo democratico è l’unica strada per superare il conflitto in tutte le sue espressioni e garantire tutti i diritti”


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IRAQ AL VOTO TRA LE BOMBE

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Almeno 30 persone sono rimaste uccise in tre diversi attentati a Baquba. L’Iraq va alle urne il 7  marzo e il rischio della guerra civile si fa sempre più reale. Di guerra civile parla apertamente la tink tank belga International Crisis Group che sottolinea come le istituzioni irachene siano ancora estremamente deboli e se dopo le elezioni non si riuscisse a formare un governo è chiaro che i rischi di una degenerazione del conflitto aumenterebbero.  
Anche il Kurdistan iracheno va alle urne il 7 marzo. La campagna elettorale si è aperta ufficialmente il 12 febbraio. Ma è stata tragicamente anticipata dall’omicidio, a Mosul, di Suha Abdul Jarallah, candidata nella lista dell’ex primo ministro, Iyad Allawi.
La tensione è già molto alta perché all’inizio di febbraio il tribunale d’appello formato da sette giudici ha deciso di posticipare tutte le squalifiche dei candidati sostenendo che non c’era il tempo per verificare le prove contro i candidati stessi. Dopo il rovesciamento di Saddam Hussein solo candidati che non hanno avuto commistioni con il partito Baath possono infatti partecipare alle elezioni. Due giorni dopo questo primo verdetto, tuttavia, il tribunale ha ripreso le udienze dopo che il primo ministro Nuri Kamal al-Maliki si è incontrato con alcuni parlamentari e con il presidente del Consiglio Supremo della magistratura, Medhat al-Mahmoud. Maliki e gli altri hanno denunciato la prima sentenza della corte che aveva così ripreso le udienze di appello contro numerosi candidati. Questa rapida retromarcia è “il segnale delle forti pressioni esercitate sui giudici che stanno nel bene e nel male cercando di navigare (spesso a vista) nel caos che è il processo di de-baathtificazione”, ha commentato Reider Visser dell’Istituto norvegiano per gli affari internazionali.

 

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