Honduras: Una Commissione della Verità Alternativa

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Giorgio Trucchi. www.itanica.org   A sole ventiquattr’ore dall’installazione della Commissione della Verità, fortemente voluta dal governo di Porfirio Lobo, da una parte della comunità internazionale e dall’Organizzazione degli Stati Americani, Osa, la Piattaforma dei Diritti Umani ha presentato un’iniziativa che ha l’obiettivo di creare una Commissione della Verità Alternativa “per il rispetto dei diritti umani e la costruzione di una vera democrazia”. Una manifestazione del Copinh è stata nuovamente repressa dall’esercito.

La creazione della Commissione della Verità Alternativa avrà l’obiettivo di scoprire la verità sui fatti accaduti dopo il colpo di Stato del giugno 2009 e segnalare i responsabili dei crimini commessi, recuperando la moralità dei diritti umani. 

Secondo un comunicato stampa della Piattaforma dei Diritti umani, “la commissione indagherà sulle violazioni dei diritti umani commesse contro migliaia di honduregni e honduregne, sarà partecipativa, indipendente, rigorosa, in linea con le esigenze degli standard internazionali”. È il prodotto della richiesta legittima del popolo honduregno “di conoscere senza perdite di tempo, le violazioni ai diritti umani, la persecuzione politica, gli omicidi, le violenze sessuali, la repressione, la negazione dell’accesso all’informazione, le sparizioni di persone e le torture commesse in tutti questi mesi”, segnala il comunicato. 
Secondo Juan Almendares, direttore esecutivo del Centro di prevenzione, cura e riabilitazione delle vittime della tortura e dei loro famigliari, Cptrt, “questa iniziativa è già stata presentata ad importanti organizzazioni internazionali dei diritti umani”, come ad esempio la Federazione internazionale dei diritti umani, Fidh, il Centro per la giustizia e il diritto internazionale, CejilAmnesty International.  
“Stiamo lavorando affinché si installi il più presto possibile – ha continuato Almendares – e per il momento hanno già dato la loro disponibilità due cittadini honduregni particolarmente impegnati sul fronte dei diritti umani”. Si tratta infatti del sacerdote Fausto Milla, uno dei testimoni del massacro del Río Sumpul in Salvador e vittima della persecuzione durante il governo di fatto di Roberto Micheletti, e della scrittrice e docente universitaria Helen Umaña

A livello internazionale sono state contattate varie personalità, tra cui hanno già accettato Nora Cortiñas, membro delle Madri della Plaza de Mayo, Elsy Monge, che ha già integrato la Commissione della Verità in Ecuador e il difensore dei diritti umani, Theo Van Boven. Si attende invece la risposta dei Premio Nobel per la Pace, Rigoberta Menchú e Adolfo Pérez Esquivel. I principali obiettivi della Commissione della Verità Alternativa saranno quelli di scoprire la verità sui fatti accaduti, i responsabili dei crimini commessi dopo il colpo di Stato e “recuperare la parte morale ed etica dei diritti umani in Honduras“, affinché il popolo honduregno torni a credere “che nel nostro paese è possibile avere giustizia. È un impegno inderogabile con il popolo”, ha segnalato Almendares

Al contrario dell’assurda decisione della Commissione della Verità del governo di impedire che i risultati delle indagini vengano divulgati prima di 10 anni, la Piattaforma dei Diritti Umani ha deciso di informare la popolazione non appena i membri della Commissione abbiano terminato il loro lavoro.  “Ci sono differenze sostanziali tra questi due progetti”, ha continuato il direttore del Cptrt. La Commissione della Verità, infatti, non sarà integrata da persone impegnate nel campo dei diritti umani e le organizzazioni nazionali che operano in questo settore non sono nemmeno state consultate. “Alcuni dei membri di questa commissione – ha spiegato Almendares – sono addirittura membri del partito di governo, ma soprattutto non c’è la presenza delle vittime della repressione”.Per lo storico difensore dei diritti umani, la commissione del governo “non parte dalla verità, bensì dalla menzogna”. Non riconosce che in Honduras ci sia stato un colpo di Stato e considera che l’attuale governo sia il frutto di elezioni libere e democratiche. “Questo non solo è assurdo, ma vuole dire partire dalla menzogna per cercare la verità”.”Non vogliamo annullare o contrastare l’altra commissione, bensì dare un’alternativa, affinché la popolazione possa davvero conoscere la verità. Questo è il momento di onorare le vittime. È il momento di chi ha sofferto”, ha aggiunto Bertha Oliva, direttrice del Comitato dei famigliari dei detenuti scomparsi in Honduras, Cofadeh, una delle organizzazioni che fanno parte della Piattaforma dei Diritti Umani. L’iniziativa ha inoltre il pieno sostegno del Fronte nazionale di resistenza popolare, Fnrp, all’interno del processo recentemente iniziato per l’installazione di una Assemblea Nazionale Costituente.

Protesta del Copinh

Durante la Giornata mondiale della libertà di stampa, membri del Consiglio civico delle organizzazioni popolari e indigene dell’Honduras, Copinh, hanno fatto un presidio di fronte alla Casa Presidenziale, per dimostrare il loro rifiuto nei confronti dell’attuale governo e per esigere la fine della repressione, delle sparizioni e degli omicidi contro i giornalisti (sono già otto i giornalisti assassinati durante il 2010) e i membri della Resistenza.  Con bandiere, striscioni e croci, i membri dell’organizzazione indigena e popolare hanno inscenato una crocifissione, dichiarando il proprio sostegno all’iniziativa della Commissione della Verità Alternativa e chiedendo allo stesso tempo la giusta punizione e il castigo per “i militari golpisti ed assassini” e la fine “dell’impunità e dei poteri di fatto”. 
Hanno condannato la creazione della Commissione della Verità “imposta dai militari, dall’oligarchia e dall’imperialismo straniero” e hanno chiesto “il ritorno incondizionato e sicuro delle nostre esiliate ed esiliati politici honduregni”.  
Di fronte all’ondata repressiva che continua a scuotere l’Honduras,  la dirigente del Copinh, Bertha Cáceres, ha dichiarato che stanno esigendo alla comunità internazionale di non riconoscere “l’attuale regime che continua a violare i diritti umani e che è la prosecuzione del golpismo”. Cáceres ha inoltre rivolto un forte reclamo al segretario generale dell’Osa, José Miguel Insulza, invitato all’atto di installazione della commissione del governo, affinché non si presti al gioco del governo nordamericano “di volere ‘lavare’ il colpo di Stato e la faccia di tutte quelle persone che hanno dato questo colpo criminale al popolo honduregno”.  
La dirigente del Copinh ha infine denunciato lo sgombero violento di cui sono stati vittima i membri di questa organizzazione.  
“I militari ci hanno attaccati, ci hanno picchiati e ci hanno sgomberati. È una chiara dimostrazione dell’atteggiamento di questo governo, che vuole distanziarsi dalle responsabilità che ha nel colpo di Stato, ma che dimostra di essere la stessa cosa e di usare la stessa logica.  
Nelle comunità – ha concluso – la repressione è continua, contro la gente, le organizzazioni popolari e le radio comunitarie. Oggi è la Giornata mondiale della libertà di stampa. Chiediamo al popolo honduregno di continuare a resistere. Lottando, esprimendosi e partecipando al processo di rifondazione del nostro paese”.

 

 


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Dopo mesi di silenzio, l’organizzazione armata basca ETA ha fatto sentire la sua voce, durante la manifestazione di omaggio al

Boris Pahor rifiuta il premio del sindaco di Trieste perchè non cita i crimini fascisti

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Boris Pahor, scrittore triestino sloveno è un fiume in piena. A 97 anni racconta, racconta, senza mai stancarsi, senza mai perdere una volta il filo del ragionamento che ci tiene a fare, per ribadire che il fascismo è iniziato prima della salita al governo di Mussolini. Anche per questo quando lo scorso dicembre il sindaco di Trieste, Roberto Dipiazza (Pdl), gli voleva conferire la cittadinanza onoraria, Boris Pahor ha declinato l’invito. Ha ritirato invece quello che gli è stato conferito dall’associazione “Liberi e uguali”.

Cominciamo da qui. Perché ha rifiutato il riconoscimento del sindaco?

Quando ho saputo che volevano darmi un riconoscimento, ho saputo anche che il testo conteneva la mia sofferenza nei campi di concentramento tedeschi. Allora ho scritto al signor sindaco che lo ringraziavo per l’idea, solo che la mia vita non è stata segnata solo dal campo di concentramento tedesco. Prima ancora c’è stata la mia gioventù, segnata drammaticamente dal fascismo. Ho perduto un mucchio di anni perché la lingua slovena era proibita e io non ce l’ho fatta a fare il passaggio dalle elementari slovene alla quinta italiana. E non perché non fossi capace da un punto di vista intellettuale, ma perché non potevo diventare italiano per forza. Il regime voleva che tutta la popolazione risultasse italiana (gli sloveni, noi del Carso e del litorale sloveno, e quelli dell’Istria e della Croazia). Hanno cambiato nomi e cognomi alla gente in maniera che noi di fatto risultassimo spariti. Per farla breve, ho detto al sindaco: “io la avverto prima perché non voglio che lei mi dia il riconoscimento senza nominare il fascismo. Altrimenti lo rifiuterei”. Tutto là, insomma. Poi il sindaco, parlando di questo con i rappresentanti sloveni (qui ci sono due società che si interessano alla nostra cultura, una piuttosto di sinistra, l’altra piuttosto diciamo democratico-cattolica), ha deciso risposto che pretendevo di formulare io la motivazione. ‘A caval donato non si guarda in bocca’, ha detto. Al che non posso che rispondere che se mi avessero dato un cavallo l’avrei accettato, ma non posso accettare che si dica che sono stato in un campo di concentramento tedesco tralasciando la mia gioventù che mi è stata praticamente rovinata, non l’ho avuta io la gioventù.

 

BILBAO: UN’ONDATA DI SOLIDARIETA CON I PRIGIONIERI BASCHI

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Immagine ottenuta dalla webcam del Municipio di Bilbao, che mostra la calle Autonomia 

 

E’ un tratto della cultura politica del Paese Basco la manifestazione di piazza. E quella di oggi rientra a pieno titolo tra le più numerose. Ancora una volta è Bilbao a “misurare”, come hanno scritto alcuni quotidiani spagnoli, l’adesione alla rivendicazione del rispetto dei diritti politici dei 735 detenuti e detenute politiche rinchiusi in decine carceri soprattutto in Spagna ma anche in Francia. C’era attesa per questo appuntamento. Attesa se si sarebbe svolta o meno, visti i divieti e proibizioni all’ultima ora a cui avevano abituato  l’Audiencia Nacional, il tribunale speciale spagnolo in questi anni di “proscrizione” a tutto quanto odori a sinistra indipendentista. In questo caso, però, l’ennesima richiesta avanzata dalla Asociacion Victimas del Terrorismo, e supportata dal Partido Popular, non ha avuto esito. Il giudice di turno dell’ Audiencia Nacional, Pedraz non  ha riscontrato nella piattaforma che ha organizzato la marcia un legame organico con organizzazioni ilegalizzate ne “la rivendicazione di un cambiamento della politica penitenziaria può essere identificata con apologia di terrorismo”. Insomma tutto faceva presagire che questa volta le arterie e piazze che dividono in due il capoluogo basco sarebbero state invase “fino a tracimare” da decine di migliaia di persone. E cosi è stato.  Migliaia di persone che hanno dimostrato ancora una volta che al di là della identificazione o meno con le azioni delle persone detenute, la “questione dei prigionieri” rimane un aspetto determinante nella soluzione del conflitto basco spagnolo. Una sensibilità storica verso la detenzione politica che ha accompagnato in modi diversi  la storia di questo paese per tutto il secolo scorso fino ai nostri giorni. Attesa c’era anche per cosa avrebbero detto le forze politiche Sinistra Indipendentista, Eusko Alkaratuna, Aralar Alternatiba e sindacali ELA LAB Ehne, Esk le principali organizzazioni della area progressista basca che, oltre ad aderire alla manifestazione, hanno anche sottoscritto l’Accordo di Gernika nel quale si chiede esplicitamente a ETA e Governo spagnolo di intraprendere un camino di soluzione pacifica del conflitto. Attesa c’era anche se ETA avrebbe “detto qualcosa” in questa occasione, quando sono settimane che politici e mezzi d’informazione annunciano “a breve” un comunicato dell‘organizzazione armata basca, meglio sarebbe dire IL comunicato, nel quale ETA rivelerebbe se accetta le esigenze contenute nell’Accordo di Gernika. In tal senso si è espresso il portavoce del Partido Socialista basco, Pastor, per il quale la manifestazione “sarebbe una buona occasione” per chiedere a ETA la fine della lotta armata. Ma gli esponenti delle forze politiche presenti alla manifestazione hanno evitato di pronunciarsi su altri argomenti che non siano quelli inerenti la necessita di un cambiamento della politica penitenziaria nei confronti dei detenuti baschi da parte del Governo spagnolo. Del resto, in Spagna la questione basca viene ormai percepita come incamminata verso una sua evoluzione e che la sinistra indipendentista presto o tardi tornerà ad essere protagonista anche in ambito elettorale e istituzionale. Per questo sia il quotidiano conservatore El Mundo sia quello filo socialista Publico, attribuivano alla manifestazione la funzione di “banco di prova” per la sinistra indipendentista. El Pais, da parte sua, ha riferito “in diretta” della manifestazione, fatto questo unico per questo riguarda una manifestazione della sinistra basca. Ma c’è anche chi ha manifestato la sua totale contrarietà a questa manifestazione soffiando sul fuoco del “conflitto perenne”.  Cosi il quotidiano monarchico ABC titola “Marcia a Bilbao al grido di “senza amnistia non ci sarà pace” (sic), mentre per il presidente del Partido Popular del Paese basco, che appoggia il  governo del Partito socialista nella Comunita Autonoma Basca, Antonio Basagoiti, la manifestazione di oggi a Bilbao “è tanto ripugnante come un atto a favore di stupratori detenuti”.

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