OCALAN SCRIVE A MANDELA

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Il leader kurdo Abdullah Ocalan ha inviato una lettera a Nelson Mandela. Ecco il testo:

E’ la lotta che ha condotto in Sudafrica che ha infine rimosso il regime di apartheid e la mentalità che ha per tanti anni fomentato conflitti nel suo  paese. In seguito è stato instaurato un modello democratico che è riuscito a far convivere la gente pacificamente. Un modello che si basa sulla libertà, l’uguaglianza e la democrazia. Questo modello di democrazia è una fonte di ispirazione per tutti i popoli tra cui quello kurdo. Il nostro obiettivo è quello di assicurare un soluzione democratica e pacifica della questione curda, che è stata per così tanto tempo trasformata e utilizzata in una fonte di conflitto e di stallo. Puntiamo anche a far regnare la cultura della democrazia in Medio Oriente e a rendere gli stati più sensibili alle istanze di democrazia. Ho fatto sforzi in tal senso nel corso degli anni. Tuttavia le potenze egemoniche internazionali, che impongono la paralisi nei nostri sforzi per una soluzione, hanno fatto e ad oggi continuano a fare, tutto quanto in loro potere per bloccare i nostri sforzi verso una soluzione democratica e di pace. Le politiche
che sono state imposte fino ad oggi sono le decisioni prese alla Conferenza del Cairo del 1921, sotto la guida dell’allora potenza egemonica mondiale, l’Inghilterra. Queste politiche non mirano solo a lasciare la questione kurda in una situazione di paralisi, ma anche assoggettare al loro controllo i paesi in cui vivono i curdi, la Turchia, Iran, Iraq e Siria e, quindi, il Medio Oriente. Gli Stati Uniti sono stati inclusi in seguito in questo piano. Il fatto che io sia stato rapito in seguito a una caccia internazionale dei servizi di intelligence  inglesi, americani e israeliani, quindi consegnato alla Turchia, tenuto nell’isola di Imrali, unico detenuto di questo carcere di massima sicurezza fino ad oggi, ha evidentemente impedito i miei sforzi per una soluzione del conflitto. Anche questo è il risultato di queste politiche.
Ma d’altra parte io mi sono diretto in Europa per porre fine alla situazione di stallo di queste politiche imposte e per realizzare le aspettative del mio popolo: una soluzione democratica, pace onorevole e la speranza per la libertà. Tuttavia
queste potenze hanno esercitato una pressione incredibile sugli Stati europei che mi hanno  costretto a lasciare i confini europei. Hanno reso off limits tutti  gli aeroporti europei. Quando finalmente sono arrivato in Grecia ho indicato il mio desiderio di andare in Sud Africa. Mi è stato promesso che sarei rimasto temporaneamente in Kenya e poi mi sarebbe stato consentito di andare in Sud Africa. Questo è il motivo per cui ho accettato il Kenya, come una sosta temporanea. Mentre mi trovavo presso l’ambasciata greca in Kenya, l’ambasciatore greco continuava a dirmi che erano in attesa una risposta alla richiesta fatta al Sudafrica. Tuttavia solo molto più tardi sarebbe diventato chiaro che né il governo ellenico, né l’Ambasciata aveva fatto alcuna richiesta ufficiale al governo del Sud Africa: era tutto un inganno. Cos’ mi hanno ingannato. Più tardi mi hanno portato fuori l’ambasciata di Grecia in Kenya e mi ha costretto a salire a bordo dell’aereo turco in attesa in aeroporto del Kenya.
Il mio viaggio in Africa aveva lo scopo di raggiungere il Sud Africa per incontrarmi con lei e condividere le sue esperienze a cui io tengo molto. Tuttavia una tale opportunità mi è stata negata. Il mio desiderio di andare in Sud Africa rimane intatto così come la voglia di condividere con lei le nostre esperienze. Anche se il mio viaggio in Sudafrica, il mio desiderio e gli sforzi per venire e raggiungerla sono stati vanificati io continuo a nutrire gli stessi sentimenti di amicizia, rispetto e affetto per lei e per il Sud Africa.  Ho piena fiducia del fatto che lei stia seguendo da vicino la nostra lotta per una soluzione democratica e la pace e stia contribuendo alla ricerca di una soluzione democratica e pacifica della questione curda. Con tali sentimenti invio i miei saluti a lei, Presidente Nelson Mandela e a tutto il popolo sudafricano.


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30 ANNI FA MORIVA BOBBY SANDS

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Trent’anni fa, il 5 maggio 1981, Bobby Sands, detenuto repubblicano irlandese morì dopo 66 giorni di sciopero della fame. Bobby Sands e nove suoi compagni si lasciarono morire di fame nel carcere di Long Kesh, nei pressi di Belfast. I detenuti dell’Ira avevano 5 richieste : Il diritto di indossare i propri vestiti e non l’uniforme carceraria; il diritto di astenersi dai lavori penali, il diritto alla libera associazione, il diritto ad attività ricreative ed educative in accordo con le autorità carcerarie e il ripristino del condono della pena (venuto meno a causa della “dirty protest”). Oggi quel carcere è chiuso, vuoto. Ma resta il simbolo, con i suoi «H-blocks», blocchi H, della repressione inglese su quel pezzo di isola verde. Il simbolo dell’ostinazione con cui la Gran Bretagna ha continuato (e, seppure in modo diverso, continua) a passare letteralmente sopra i cadaveri di migliaia di persone pur di mantenere il controllo di quelle sei contee: anche quando (come del resto ha riconosciuto il governo di John Major, nel 1994) non aveva più interessi «né strategici, né economici, né egoistici » su quel territorio.

PAESE BASCO, LA COOPERAZIONE SECONDO LA SOCIALISTA ANA URCHUEGUIA

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Ana Urchueguia è stata, per 24 anni, consigliera e sindaca per il Partido Socialista de Euskadi (PSE)della cittadina basca di Lasarte, 17 mila abitanti, una quindicina di chilometri da San Sebastian. A partire dal 2003, quando per la illegalizzazione della lista elettorale della sinistra indipendentista basca, il PSE ottenne la maggioranza assoluta, Ana Urchueguia diede fondo alla cooperazione con il municipio nicaraguense di Somoto, attraverso i finanziamenti del Fondo basco di cooperazione “Euskal Fondoa”, una entità di cui fanno parte diverse municipalità e istituzioni pubbliche basche. Sarà stato per la denominazione basca del fondo o semplicemente per la furia iconoclasta che lo ha contraddistinto nei suoi teoremi contro la sinistra indipendentista basca,  fatto sta che l’ineffabile giudice Baltazar Garzon si rese protagonista di uno dei  suoi clamorosi “buchi” nell’inserire l’Euskal Fondoa tra gli “organismi nell’orbita di ETA”.  Tornando al tema, chi sembra aver tratto vantaggi attraverso l’Euskal Fondoa pare sia stata l’ energica sindaca di Lasarte. Il caso era già venuto alla luce per una serie di articoli pubblicati da giornali spagnoli ed in particolare dal quindicinale di sinistra Diagonal ed in questi giorni è di nuovo al centro dell’attenzione per una serie di articoli pubblicati dal Grupo de Noticias, il gruppo editoriale che pubblica il quotidiano basco Deia.

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