BASCHI ARRESTATI A ROMA. ESTRADIZIONE PER UN DELITTO D’ OPINIONE? – MARCO SANTOPADRE

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“Sappiamo che può suonare come una provocazione ma chiediamo al governo italiano di bloccare l’estradizione e di concedere a Zurine, Fermin e Artzai l’asilo politico. Nei commissariati e nelle carceri dello Stato spagnolo la tortura dei detenuti politici è una pratica diffusa come hanno denunciato più volte Amnesty International, il Comitato delle Nazioni Unite contro la tortura e altre istituzioni internazionali e associazioni per i diritti umani”. Lo hanno chiesto durante una conferenza stampa realizzata davanti al carcere di Regina Coeli alcune realtà sociali e politiche della sinistra ” Action, Euskal Herriaren Lagunak, Radio Città Aperta, centri sociali ed associazioni, dopo l’arresto, giovedì scorso a Roma da parte della Digos, di tre giovani indipendentisti baschi, ai quali sabato la Corte d’Appello di Roma ha confermato l’arresto.

Il giudice della Corte d’Appello gli ha notificato l’euro-orden, il mandato di cattura europeo – spiccato a dicembre dal giudice dell’Audiencia Nacional di Madrid Fernando Grande-Marlaska dopo che il 24 novembre erano sfuggiti a una maxi retata contro le associazioni della gioventù basca di sinistra che si era conclusa con l’arresto di 34 attivisti. Una retata così violenta e su grande scala che alcuni analisti l’avevano giustamente ribattezzata “notte dei lunghi coltelli”. Sabato in aula i tre imputati hanno respinto l’estradizione e ora la magistratura italiana dovrà decidere entro il 30 giugno. “Se fossero cittadini di un paese arabo o del Terzo mondo sarebbe più facile per un giudice italiano negare l’estradizione, ma trattandosi di un paese europeo…” sottolinea Maria Luisa D’Addabbo, uno dei tre avvocati (tutti aderenti all’Associazione Giuristi Democratici) che hanno assunto la difesa dei tre giovani attorno ai quali si è subito creato spontaneamente un movimento di solidarietà trasversale che per i prossimi giorni annuncia iniziative pubbliche con il coinvolgimento di giuristi, giornalisti ed esponenti istituzionali. Nelle prossime ore invece 2500 cartoline prestampate verranno messe a disposizione dei comitati di solidarietà sparsi in Italia e di chiunque voglia inviare ai tre giovani (che hanno tra i 26 e i 29 anni) una dimostrazione di vicinanza e amicizia.

Spiega la D’Addabbo che il provvedimento della magistratura spagnola è simile a quelli previsti in Italia dall’articolo 270 bis che regola la repressione di attività considerate di carattere “eversivo”. Nei confronti degli arrestati l’accusa è esclusivamente quella di appartenere a Segi, un’organizzazione giovanile di sinistra messa fuori legge nel 2007 da Madrid; ma nessun altro reato viene loro contestato, a conferma del carattere politico di quella che può essere considerata una persecuzione giudiziaria contro dei semplici attivisti. L’intenzione di Fermin Martinez Lacunza, Artzai Santesteban Arizkuren e Zurine Gogenola Goitia era quella di realizzare una sorta di conferenza stampa in Piazza Montecitorio. Ma ad incontrare i giornalisti che li aspettavano davanti al Parlamento non ci sono mai arrivati perché mentre volantinavano nei pressi di Palazzo Chigi, ignari del fatto che a poca distanza si stava svolgendo una conferenza stampa del premier spagnolo Zapatero – sono stati fermati dalla Digos e i due ragazzi condotti a Regina Coeli mentre la ragazza, Zurine, è stata rinchiusa a Rebibbia.

“I tre giovani avrebbero potuto continuare a sfuggire all’ordine di cattura – dice l’avvocato Cesare Antetomaso – ma hanno scelto di esporsi al pericolo di essere arrestati pur di manifestare pubblicamente e pacificamente per difendere la richiesta che il conflitto tra popolo basco e Spagna sia risolto finalmente attraverso la via democratica e negoziale e non tramite la repressione”. I ragazzi stavano volantinando e avevano inviato tramite internet a numerosi giornalisti un testo che ribadisce le richieste contenute in un manifesto già firmato nei mesi scorsi da diversi collettivi e forze politiche di tutta Europa: la difesa del diritto dei giovani ad organizzarsi e partecipare alla vita politica senza essere criminalizzati; la fine della tortura e dell’impunità per i torturatori, l’avvio di un processo di pace giusto, democratico e che porti alla cessazione di ogni forma di violenza attraverso il coinvolgimento di tutti i cittadini.

Le stesse rivendicazioni che già il 29 maggio avevano portato parecchie centinaia di giovani baschi a manifestare a Bruxelles, davanti alle sede delle istituzioni comunitarie, accompagnati da consistenti delegazioni provenienti da altri paesi europei, tra i quali anche parecchi giovani italiani. Nei prossimi giorni a Roma arriveranno le famiglie dei tre arrestati e con loro anche un’avvocatessa attiva nelle associazioni basche per la difesa dei diritti umani. Nel frattempo i tre giovani sono sottoposti ad un isolamento quasi completo che prevede solo 10 minuti di aria al giorno e una doccia solo ogni 5 giorni. Dai racconti dei legali emerge che Zurine, reclusa a Rebibbia, è controllata a vista e perquisita addirittura più volte durante la giornata. Se i tre giovani venissero consegnati a Madrid, rischierebbero di essere condannati a pene da un minimo di 6 ad un massimo di 12 anni di carcere. Una vera enormità per un reato puramente d’opinione.

 


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Intervenendo ad un dibattito organizzato dal comitato inglese contro la guerra, Mehmet, un profugo afghano, ha ricordato che “nell’assurdità violenta e drammatica di questa guerra condotta da Usa e Gran Bretagna contro il mio paese, c’è una cosa che rende ancora più tragico quello che sta succedendo: bin Laden è un prodotto del vostro mondo, di quel mondo occidentale e civilizzato che oggi spara missili contro la popolazione inerme e ridotta alla fame dell’Afghanistan”.
Ha ragione Mehmet, si è detto e scritto ormai tante volte. Ma la memoria dei “potenti”, come si sa, è corta. Cortissima quella di Tony Blair, alleato di ferro del presidente americano George W. Bush, che promette di “distruggere il terrorismo in maniera permanente e totale” e che lancia la sua “fatwa” civile e occidentale contro bin Laden e il regime dei Taleban che lo proteggono, “un governo retrogrado, che non rispetta i diritti umani e che tratta le donne senza alcun rispetto e in maniera violenta e repressiva”. Anche con i soldi inglesi.

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