SINISTRA INDIPENDENTISTA-EUSKO ALKARTASUNA, ACCORDO STORICO
In un editoriale del quotidiano basco Gara, Inaki Iriondo definisce l’accordo sottoscritto, tra sinistra indipendentista ed Eusko Alkaratuna, ieri nel Palazzo Euskalduna di Bilbao, come “l’incontro tra dure rami distinti dell’indipendentismo”. Ed infatti la data ieri può essere considerata storica perché conferma un movimento strategico che mai si era verificato nel panorama dei partiti politici baschi. EA rappresenta un settore del nazionalismo storico nato da una scissione del PNV nel 1986 dopo che lo scontro interno al nazionalismo storico aveva portato il primo partito democristiano al mondo a sottoscrivere un patto di legislatura con il PSOE per governare la CAV. EA si è sviluppato elettoralmente con una crescita esponenziale fino all’inizio degli anni 90 per poi registrare una lenta ma costante caduta di consenso. Il suo riferimento politico è la socialdemocrazia e il diritto all’autodeterminazione anche se nel partito hanno prevalso per molti anni i settori legatati ai poteri economici locali soprattutto nella Guipuzkoa dove EA ha registrato sempre i maggiori consensi. Un partito ancorato alla visione autonomista e di gestione dell’ autonomia. Fondato dal primo presidente della CAV, Carlos Garaikoetxea, ha avuto anche il primo direttore della Accademia della Etrtzanza la polizia autonoma basca che storicamente ha colpito duramente la sinistra indipendentista. In Guipuzcoa, EA strinse accordi elettorali con il PNV nel 1999 per impedire che la sinistra indipendentista diventasse la prima forza politica della provincia. Insomma una forza politica che è stata in forte competizione con la sinistra indipendentista
E’stato a partire dall’ Accordo di Lizarra Garazi (1998) e più recentemente negli incontri del 2008 e con il congresso straordinario del partito del 2009, dove ci fu la scissione di Hamaikabat del ex presidente della provincia della Guipuzcoa, Eli Galdos, che ha scelto la strada della confluenza indipendentista e progressista suggellata dall’ accordo di ieri. Indubbiamente a spianare la strada di questo accordo, che ha un potenziale ben maggiore che la somma di due sigle politiche, sono stati i movimenti interni alla sinistra indipendentista concretizzatisi con il manifesto Zutik Euskal Herria, sul quale ha influito l’analisi della società basca e la necessita conseguente di un processo politico per la sovranità e di cambio sociale attraverso un punto di mediazione e convergenza con altri settori politici baschi. E’ un accordo questo che non nasce dal nulla. Soprattutto sono state le forze sindacali basche ELA e LAB nel ormai lontano 1995, con la firma del “manifesto per l’autodeterminazione” ha indicare la strada per dare espressione ad una ampio settore sociale basco che rivendica storicamente una sovranità politica ed la giustizia sociale per Euskal Herria. Che nel documento sottoscritto dalle due formazioni politiche ieri a Bilbao si faccia particolare menzione al movimento sindacale, riconoscendo comunque la “totale autonomia” è significativo. Questo accordo ha già fatto reagire il poteri politici spagnoli che hanno riaffermato una politica di immobilismo nei confronti di questa nuova realtà politica. PSE e PP hanno insistito nel evidenziare che nel documento “non c’è menzione ad ETA” “suicidio politico di EA” “messa in scena” “Lo stato deve mantenere la stessa strategia di fermezza” in riferimento alle politiche repressive contro la sinistra indipendentista . Del resto una iniziativa come questa quella manifestasi ieri a Bilbao di carattere democratico non può che preoccupare Madrid. Perché “pur riconoscendo le differenze nella traiettoria, posizioni e orizzonti specifici, crediamo che è tempo di dare priorità ad impegni convergenti ed avanzare verso gli obiettivi e le necessità della maggioranza della società basca”, significa un’impegno preciso per dare voce ad una società troppo spesso chiamata in causa ma la cui opinione sul proprio futuro “senza violenza nel ingerenze” non è masi stata presa in considerazione.
Per leggere il documento sottoscritto da Eusko Alkartasuna e Sinsitra Indipendentista clicca qui
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The “minds” behind The Rojava Report website are a group of students from different backgrounds. ANF interviewed them on why they felt more information on Rojava and more in general on the Kurdish issue is needed and how they tried to answer to this need by creating their own site.
How did the idea of a blog on Rojava come about ?
All of us who were involved in setting up the Rojava Report understood that there was a huge lack of information regarding what was happening in the region. When the media in the US spoke about the Kurds in Syria – and this itself was rare – it was always along the lines of ethnic or sectarian violence, or to give another example of the “intractability” of the conflict. It was always in terms of an “Arab-Kurdish” conflict, as a corollary or side-show to the “Alawite/Christian-Sunni” conflict that has been the dominant narrative in the mainstream media. In general we felt that those advancing the revolution in Rojava needed a platform from which their voices could be heard, and on which they could stake out their own vision for the future of their country and the Middle East more generally, without the reductionist narratives there are so common among out the major news outlets here. It was meant to be a more unfiltered, more direct source of news about what was happening in Rojava.
How is the Kurdish issue in general perceived in the States ?
Of course that depends on who you talk to. However even among people who consider themselves informed about events in the Middle East, and are sympathetic to a degree to Kurdish demands for national rights, there is a huge dearth of understanding about the complexities of Kurdish politics in the region and Kurdish aspirations for a new Middle East. In regards to Rojava in particular there is still an assumption that Kurds are – or at least the PYD is (if they can make the distinction) – “close to the regime” or at the very least unwilling to do much about it. This unfortunately was the dominant narrative until the beginning of the revolution last summer – I mean if you read anything in the Washington Post or the New York Times through the Spring of 2012 that is what you find (and forget the television channels because they never had time for the Kurds). Just google “Kurds on the sidelines” and see how many articles come up! Then the narrative began to shift slightly after the revolution and it became something along the lines of “Kurds are dividing the opposition.” I mean can you imagine? It was as if they could not make anyone happy, or at least not in a way that respected the principles of their movement. But that is just the point because that is all lost, and even now the YPG is treated as simply one more sectarian militia, while the entire content of their revolution and their politically ideology is buried under a simplistic discourse of “Kurdish nationalism” and “sectarian strife.”
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