PROTESTE CATALANE

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Oggi manifestazione a Barcelona alla quale hanno aderito tutte le forze politiche catalane escluso il Partido Popular, per protestare contro la sentenza del Tribunale Costituzionale (TC) spagnolo che ha invalidato, e secondo gli organizzatori della manifestazione “svuotato”, il nuovo statuto di autonomia catalano approvato da un referendum e dalle Cortes spagnole, dopo alcune significative modifiche. Nella sentenza di 881 pagine del massimo tribunale spagnolo pubblicata ieri, e che ha necessitato quattro anni per trovare un consenso, si afferma che il preambolo dello Estatut “è carente di efficacia giuridica interpretativa” in quanto definisce Catalunya come nazione o quando allude ai diritti del popolo catalano. Ammette che si possa parlare di nazione come “una realtà culturale, storica linguistica, sociologica e perfino religiosa”, però aggiunge che “la nazione che qui importa è unicamente ed esclusivamente la nazione in senso giuridico-costituzionale. E in questo specifico senso, la Costituzione non conosce altra che la nazione spagnola”.  “La cittadinanza catalana non è altro che una specie del genere cittadinanza spagnola” sostiene nella sua sentenza, e insiste nella “indissolubile unità della nazione spagnola” e riafferma che è “il popolo spagnolo l’unico titolare della sovranità nazionale”. Il TC ha anche annullato l’articolo che stabiliva il catalano come lingua preferenziale nella amministrazione e nei mezzi d’informazione e afferma che conoscere il catalano “non è giuridicamente esigibile con carattere generalizzato”. Le reazioni alla sentenza tra cui la manifestazione di oggi testimoniano una sorta di frattura tra la società catalana e il Governo spagnolo. Zapatero si è affrettato a dire che la sentenza è equilibrata e che conferma nella sostanza lo statuto catalano mentre il Partito Socialista Catalano che governa la Comunità Autonoma de Catalunya, in coalizione con Ezquerra de Catalunya (ERC) e Iniciativa Verds-Esquerra Unida i Alternativa (IV-EUA)   e cha ha due ministri nel Governo Zapatero, ha levato gli scudi seppur cercando di canalizzare la protesta per evitare la deriva indipendentista che prende sempre più piede. Per capire la differenti interpretazioni alla sentenza sono venute le dichiarazioni di Josè Montilla presidente socialista de la Generalitat, governo catalano il quale chiede “la Spagna dovrebbe incominciare a riconoscere se stessa nelle sue diverse lingue e nelle sue diverse energie creatrici ed artistiche” mentre il socio di governo Ezquerra Republicana de Catalunya, attraverso il suo presidente Joan Puigcercos ha detto che la sentenza del TC “svuota” o statuto di autonomia e che l’unico cammino che ci rimane è la creazione di uno stato proprio. La manifestazione a cui hanno aderito 1200 associazioni e movimenti il cui slogan è “Som una naciò. Nasaltres decidim” (Siamo una nazione noi decidiamo) verrà guidata dai tre presidenti della Generalitat che hanno occupato la alta carica istituzionale catalana dal 1980, Jordi Piujol, del conservatore Convergencia i Uniò, che ha la maggioranza relativa in Catalunya, e i socialisti Margal e Montilla.


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Intervista di Fermin Munarriz

Gara. Dicono che è il più grande drammaturgo spagnolo degli ultimi decenni. Ed anche basco. Perché ha deciso di esserlo. E di vivere in un paese che ama e ammira. La sua estesa opera è stata un impulso permanente contro la censura; la sua vita, un impegno con la libertà; il suo pensiero, una esplorazione costante della essenza umana. Dalla torre di guardia intellettuale o dall’asfalto della strada, è sempre stato – ed è – per chi lo necessita. Non ha risparmiato generosità. Ne lucidità. Per questo non lotta contro i mulini; lotta contro i giganti.

Signor Sastre: tragedia, commedia…In che funzione sta in questo momento l’ordine mondiale?

Non è facile spiegare la realtà con questi concetti…Già nel Rinascimento vennero smontati questi feticci e nacque la tragicommedia, che è una visione più complessa della realtà. La tragicommedia iniziò a dare grandi frutti: la tragedia grottesca, l’esperpento. (stile letterario basato sulla deformazione grottesca della realtà). E’ qui dove si trova il genere che possa riflettere la realtà attuale: una tragicommedia o un esperpento o una tragedia che fa ridere..Per me è una tragedia complessa. Siamo in un momento nel quale possiamo ridere però non piangere. Non è un momento per ridere ne un momento per piangere, ma di ridere per non piangere.

E nel caso di Euskal Herria?

Euskal Herria non è un caso speciale. In altri temi ha una caratteristica differente rispetto a quanto avviene in altri luoghi, però per quanto riguarda  se è da ridere o da piangere, si può dire che una situazione nella quale si ride per non piangere, però che ci sono molte ragioni per piangere.

Viviamo, forse, una sorta di penitenza per la non rottura democratica con il franchismo?

In Euskal Herria si verificò una forte resistenza alla Riforma, che anche la sinistra spagnola preconizzava. Arrivò un momento nel quale le idee della necessita di una rottura democratica scomparvero dai territori di Spagna e si rifugiarono in Euskal Herria; è qui dove cristallizzarono le idee del fatto che non si andrà da nessuna parte che meritasse la pena se non si verificava una nuova situazione in termini di rottura. Queste idee cristallizzarono qui e sono l’origine di ciò che poi fu la sinistra indipendentista. Questa fu una delle ragioni – a parte molte altre – del fatto che noi decidemmo venire qui. Vedemmo che le nostre idee più o meno erano socialmente ammesse in questo paese e no in Spagna.

In questo contesto, qual è la responsabilità morale dell’intellettuale nella società?

E’ la stessa di sempre: essere fedele alla sua vocazione intellettuale. E’una vocazione per la verità, per l’esplorazione della verità e per la difesa della giustizia. Sembra che alcuni intellettuali assumano questa responsabilità  ed altri la appartino un po’ e si limitano formalmente a lavorare a favore dell’intelligenza in termini di disimpegno totale da un punto di vista politico.

Crede che gli intellettuali baschi sono all’altezza della situazione?

Io ho un problema per poter rispondere a questa domanda al non essere capace di leggere ciò che scrivono gli intellettuali baschi in euskera. Qualsiasi opinione esprimessi sarebbe superficiale e sicuramente ingiusta. Però nel teatro, dove si vedo quanto si fa, più o meno, o quanto si pretende fare, credo che le genti del teatro basco non sono all’altezza delle circostanze nelle quali si vive in questo paese. Io ho cercato in alcune occasioni di far interessare ai miei colleghi nell’ esempio – non per seguirlo ma forse per ispirarsi ad esso – di ciò che fu il teatro irlandese nelle prime decadi del secolo XX. In alcune circostanze analoghe – con distinguo – nacque un teatro magnifico, di grande livello in Europa.

Il teatro in castigliano si manifesta abbastanza al margine delle questioni più patenti e latenti di questa società. E’ un teatro che guarda da un’altra parte e non per la realtà; forse per paura a guardare la realtà. La realtà a volte mette paura, anche questo è vero.

Gli intellettuali spagnoli e francesi sono all’altezza delle circostanze rispetto al caso basco?

No, sono all’altezza della loro ignoranza su questa situazione. Io credo che sono ignoranti. Lo vedo con gli spagnoli che conosco, sono più o meno alla pari –diciamo, in tutto, meno su questo tema. Quando si tratta il tema basco lo ignorano e, inoltre, sembra che rifiutino d comprenderlo…

A cosa si deve questo atteggiamento?

Al patriottismo, allo sciovinismo da grande potenza…Lenin già parlava del patriottismo sciovinista; faceva una critica a ciò che si chiamava sciovinismo da grande potenza. E Spagna e Francia sono grandi potenze in relazione a Euskal Herria. Lo sciovinismo è una filosofia comune che impedisce assolutamente vedere ciò che accade qui. E’ molto difficoltoso. Mi dicono amici che vivono a Madrid, per esempio, quanto difficile sia fare comprendere alcune cose che si comprendono vivendo qui. E si deve al patriottismo spagnolo completamente accecante.

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