5 MILITANTI DI ASKAPENA IN CARCERE
Il giudice dell’Audiencia Nacional, Pablo Rus ha ordinato il carcere per cinque dei sette militanti del movimento internazionalista basco Askapena arrestati lunedi scorso. Walter Wendelin, Gabi Basanez, haritz Gamboa, Unai Vasequez e David Soto sono stati accusati dal giudice di “integrazione a banda armata” cosi come Ruben Sanchez e Itsaso Lekuona per i quali però ha decretato la liberta sotto a cauzione di 5 mila e 10 mila euro rispettivamente. Le accuse nei confronti dei militanti baschi riguarderebbero presunti funzioni di “propaganda di ETA” a livello internazionale. Il lavoro svolto in questi anni da parte delle persone arrestate, in realtà era noto e pubblico. Cosi come è legale l’associazione di cui fanno parte Askapena. L’obiettivo di questa operazione di polizia in realtà sembra avere una funzione di supporto alla iniziativa diplomatica di Madrid. Significativamente il quotidiano spagnolo El Mundo pubblicava ieri la notizia che “il Governo spagnolo ha chiesto a quello degli Stati Uniti di rafforzare la collaborazione per “ridurre l’influenza della sinistra indipendentista” all’estero nell’ambito della lotta contro ETA”. Secondo il quotidiano conservatore “il Ministro degli Esteri Moratinos ha detto che l’ambasciatore spagnolo negli USA, Jorge Dezcallar, ha avuto un’incontro belle scorse settimane, con un’alta carica dell’amministrazione di Barack Obama ha parlato della questione e di fronteggiare la presenza di Al Queda nel Magreb”.
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MODELLO TURCO
Talkingpeace.Trentacinque corpi avvolti in coperte di lana, disposti uno accanto all’altro su un sentiero di montagna bianco di neve. Sono le ultime vittime della guerra della Turchia contro i kurdi. Una guerra dimenticata dall’occidente, troppo interessato a dipingere la Turchia come “modello”.
Mercoledì notte F-16 dell’aviazione turca e droni senza pilota (l’ultimo acquisto delle forze armate di Ankara) hanno bombardato i pressi di un villaggio chiamato Roboski (Ortasu in turco) al confine con l’Iraq. Raccontano i testimoni di aver sentito un odore acre di bruciato, di carne bruciata. Gli abitanti di Roboski sono accorsi subito sul luogo, nonostante la neve. Sicuri di quello che avrebbero trovato. Di fronte a loro i corpi mutilati di decine di giovani e uomini, animali sventrati. Racconta al telefono un giornalista kurdo dell’agenzia DIHA di aver sentito un urlo squarciare il silenzio tetro di quella visione: una mamma disperata in cerca dei suoi due figli. Morti entrambi in quel bombardamento. Quel giornalista è uno dei pochi scampati al carcere nell’ultima offensiva delle autorità turche che hanno, in 24 ore, arrestato 49 giornalisti kurdi e di sinistra. Scomodi testimoni della guerra sporca condotta contro i kurdi sia con le armi che con il carcere e la repressione. Scomodi testimoni anche di quest’ultimo massacro.
Le foto dei corpi avvolti nelle coperte delle vittime di Roboski stanno facendo – lentamente – il giro del mondo. E intanto si cominciano a conoscere le biografie di questi uomini che le forze armate turche hanno “scambiato per terroristi”.The people of Diyarbak?r said: Erdo?an you are not welcome
The message is loud and clear. The people of Diyarbak?r said to Prime Minister Recep Tayyip Erdo?an: don’t come. After