UNA LEGGE CONTRO BATASUNA ESCLUDE SINDACO GALLEGO

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Refuso subliminale del quotidiano spagnolo El Pais ma che da la dimensione della liberticida Legge dei Partiti e la sua riforma del gennaio 2010 sottoscritta dal PSOE e PP. La legge del 2002 era ad hoc, come titola il quotidiano spagnolo, cioè per escludere Batasuna e la sinistra indipendentista dalla politica istituzionale. Come per l’Audiencia Nacional, tribunale speciale istituito con un Real decreto nello stesso giorno in cui veniva abrogato il Tribunal de Orden Pubblico franchista (gennaio 1977), che aveva originiariamente lo scopo di combattere la dissidenza armata di ETA per poi estendere la sua giurisdizione ad altri reati  considerati “contro lo stato”, la legge sui partiti è in realtà un strumento giuridico politico la cui funzione coercitiva travalica lo stretto ambito della questione basca. E la conferma è venuta in questi giorni. Il candidato a sindaco, Xaquín García Couso, attuale sindaco per il Bloque Nacionalista Gallego della località di Arzúa (A Coruña),  6.000 abitanti, si è visto appioppare una misura di proscrizione per una iniziativa del Partido Popular che si è avvalso della modifica della legge sui partiti del gennaio di quest’anno dove si  afferma “evitare che formazioni politiche illegali o chi giustifica o appoggia la violenza terrorista possano utilizzare nuove vie per, in modo fraudolento, concorrere a futuri processi elettorali e ottener rappresentazione istituzionale”. In tal senso saranno ineleggibili “i condannati da un sentenza, anche se non definitiva, per delitti di ribellione, di terrorismo, contro la Amministrazione Pubblica o contro le Istituzioni dello Stato”. Il PP si è così appellato a un sentenza, di primo grado, che condanna a sei mesi di inabilitazione il sindaco gallego per non aver eseguito la demolizione di un edificio. Paradosso della vicenda è che quella sentenza  trovava origine in una, questa si definitiva, che imponeva la demolizione dell’edificio nel 1997 all’allora sindaco di Arzua, Manuel Moscoso del…PP.


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ABDULLAH OCALAN: LA CONGIURA CONTRO I KURDI

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Questo è il testo del secondo articolo pubblicato su il manifesto e su Gara il 13 febbraio 2010. (Here the

IRAQ AL VOTO TRA LE BOMBE

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Almeno 30 persone sono rimaste uccise in tre diversi attentati a Baquba. L’Iraq va alle urne il 7  marzo e il rischio della guerra civile si fa sempre più reale. Di guerra civile parla apertamente la tink tank belga International Crisis Group che sottolinea come le istituzioni irachene siano ancora estremamente deboli e se dopo le elezioni non si riuscisse a formare un governo è chiaro che i rischi di una degenerazione del conflitto aumenterebbero.  
Anche il Kurdistan iracheno va alle urne il 7 marzo. La campagna elettorale si è aperta ufficialmente il 12 febbraio. Ma è stata tragicamente anticipata dall’omicidio, a Mosul, di Suha Abdul Jarallah, candidata nella lista dell’ex primo ministro, Iyad Allawi.
La tensione è già molto alta perché all’inizio di febbraio il tribunale d’appello formato da sette giudici ha deciso di posticipare tutte le squalifiche dei candidati sostenendo che non c’era il tempo per verificare le prove contro i candidati stessi. Dopo il rovesciamento di Saddam Hussein solo candidati che non hanno avuto commistioni con il partito Baath possono infatti partecipare alle elezioni. Due giorni dopo questo primo verdetto, tuttavia, il tribunale ha ripreso le udienze dopo che il primo ministro Nuri Kamal al-Maliki si è incontrato con alcuni parlamentari e con il presidente del Consiglio Supremo della magistratura, Medhat al-Mahmoud. Maliki e gli altri hanno denunciato la prima sentenza della corte che aveva così ripreso le udienze di appello contro numerosi candidati. Questa rapida retromarcia è “il segnale delle forti pressioni esercitate sui giudici che stanno nel bene e nel male cercando di navigare (spesso a vista) nel caos che è il processo di de-baathtificazione”, ha commentato Reider Visser dell’Istituto norvegiano per gli affari internazionali.

 

Afghanistan tra guerra, violenza, insicurezza

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Il 20 gennaio 2010 è uscito il rapporto 2009 di Human Rights Watch. L’Afghanistan nel 2009 è stato un altro

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