Amnesty International launches urgent action for Zeynab Jalalian

Amnesty International launches urgent action for Zeynab Jalalian

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The human rights organization Amnesty International has launched an urgent action for Zeynab Jalalian. The Kurdish woman imprisoned in Iran is seriously ill and being tortured. She is denied medical treatment because she shows no remorse.

The human rights organization Amnesty International has launched an urgent campaign for Zeynab Jalalian and is calling for letters to be written to the Head of the Iranian judiciary, Ebrahim Raisi. Zeynab Jalalian, a political prisoner from Maku in eastern Kurdistan who has been imprisoned in IranIran

Irak

SYsince 2008, is seriously ill and being tortured, and is being denied medical treatment. The Iranian Ministry of Intelligence is  conditioning  access  to  adequate  health  care,  transfer  to  a  prison  closer  to  her  family  home  in  West

Azerbaijan province and an end of reprisals against Zeynab Jalalian and her family on her “confessing” to wrongdoing and expressing remorse for her past political activities on camera and agreeing to work with the ministry of intelligence.

Only woman in Iran to receive life sentence

Born in Maku in 1982, Zeynab Jalalian was arrested in Kermanshah in the summer of 2008 and sentenced to death in January 2009 before a revolutionary court there for “enmity against God.” The sentence was related to Jalalian’s membership in the “Party for a Free Life in Kurdistan” (Partiya Jiyana Azad a Kurdistanê – PJAK). She had previously spent eight months in pretrial detention at a Ministry of Intelligence facility. She did not have access to legal counsel during her trial, which lasted only a few minutes. The death sentence against Zeynab Jalalian was commuted to life imprisonment in November 2011. She is currently the only female prisoner in Iran to be given this sentence.

Covid-19 contracted during the transfer odyssey

Over the past year, Zeynab Jalalian was transferred by Ministry of Intelligence agents to various prisons across the country four times within a few months. During this odyssey, she contracted Covid-19 and asthma and continues to suffer from shortness of breath. It is therefore likely that she will suffer permanent lung damage. In addition, she suffered injuries from shackles on her wrists and ankles during the transports and was physically abused by Iranian security forces. Because her injuries went untreated, she is now suffering from the long-term injuries. She also suffers from other serious health problems as a result of the prison conditions and mistreatment, including heart, intestinal, and kidney diseases, paralysis, and dental and jaw infections. As a result of repeated blows to the head, her vision is severely impaired. To date, Jalalian has received medical care outside of prison only once, briefly, after she tested positive for COVID-19 in June. At the time, she had temporarily gone on a hunger strike in an attempt to be returned to the detention center in Khoy- unsuccessfully.

Family subjected to repression

Since November, Jalalian has been held in a prison in the central Iranian city of Yazd, some 1,400 kilometers from her family’s home. That same month, her father Ali Jalalian was temporarily detained and interrogated by Iranian intelligence in Maku for speaking to human rights organizations and foreign media about his daughter’s situation. The man released on bail a day later.

UN: Jalalian convicted for commitment to rights of Kurdish women

In April 2016, the UN Working Group on Arbitrary Detention called on Iran to release Zeynab Jalalian immediately as she had been detained only for peacefully exercising her rights to freedoms of expression and association  through  “her activities as a social and political activist for the rights of Kurdish women” and “her involvement in political activism… with the non-militant wing of the PJAK”. The Working Group stated that she had been denied the right to a fair trial and that her treatment violated the prohibition of torture and other cruel, inhuman or degrading treatment or punishment. The refusal of authorities to provide prisoners with medical care constitutes torture if such deprivation is intentional and inflicts “severe pain or suffering” for such purposes as punishment, coercion or intimidation, obtaining a “confession”, or for any reason based on discrimination of any kind.



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Intervista di Fermin Munarriz

Gara. Dicono che è il più grande drammaturgo spagnolo degli ultimi decenni. Ed anche basco. Perché ha deciso di esserlo. E di vivere in un paese che ama e ammira. La sua estesa opera è stata un impulso permanente contro la censura; la sua vita, un impegno con la libertà; il suo pensiero, una esplorazione costante della essenza umana. Dalla torre di guardia intellettuale o dall’asfalto della strada, è sempre stato – ed è – per chi lo necessita. Non ha risparmiato generosità. Ne lucidità. Per questo non lotta contro i mulini; lotta contro i giganti.

Signor Sastre: tragedia, commedia…In che funzione sta in questo momento l’ordine mondiale?

Non è facile spiegare la realtà con questi concetti…Già nel Rinascimento vennero smontati questi feticci e nacque la tragicommedia, che è una visione più complessa della realtà. La tragicommedia iniziò a dare grandi frutti: la tragedia grottesca, l’esperpento. (stile letterario basato sulla deformazione grottesca della realtà). E’ qui dove si trova il genere che possa riflettere la realtà attuale: una tragicommedia o un esperpento o una tragedia che fa ridere..Per me è una tragedia complessa. Siamo in un momento nel quale possiamo ridere però non piangere. Non è un momento per ridere ne un momento per piangere, ma di ridere per non piangere.

E nel caso di Euskal Herria?

Euskal Herria non è un caso speciale. In altri temi ha una caratteristica differente rispetto a quanto avviene in altri luoghi, però per quanto riguarda  se è da ridere o da piangere, si può dire che una situazione nella quale si ride per non piangere, però che ci sono molte ragioni per piangere.

Viviamo, forse, una sorta di penitenza per la non rottura democratica con il franchismo?

In Euskal Herria si verificò una forte resistenza alla Riforma, che anche la sinistra spagnola preconizzava. Arrivò un momento nel quale le idee della necessita di una rottura democratica scomparvero dai territori di Spagna e si rifugiarono in Euskal Herria; è qui dove cristallizzarono le idee del fatto che non si andrà da nessuna parte che meritasse la pena se non si verificava una nuova situazione in termini di rottura. Queste idee cristallizzarono qui e sono l’origine di ciò che poi fu la sinistra indipendentista. Questa fu una delle ragioni – a parte molte altre – del fatto che noi decidemmo venire qui. Vedemmo che le nostre idee più o meno erano socialmente ammesse in questo paese e no in Spagna.

In questo contesto, qual è la responsabilità morale dell’intellettuale nella società?

E’ la stessa di sempre: essere fedele alla sua vocazione intellettuale. E’una vocazione per la verità, per l’esplorazione della verità e per la difesa della giustizia. Sembra che alcuni intellettuali assumano questa responsabilità  ed altri la appartino un po’ e si limitano formalmente a lavorare a favore dell’intelligenza in termini di disimpegno totale da un punto di vista politico.

Crede che gli intellettuali baschi sono all’altezza della situazione?

Io ho un problema per poter rispondere a questa domanda al non essere capace di leggere ciò che scrivono gli intellettuali baschi in euskera. Qualsiasi opinione esprimessi sarebbe superficiale e sicuramente ingiusta. Però nel teatro, dove si vedo quanto si fa, più o meno, o quanto si pretende fare, credo che le genti del teatro basco non sono all’altezza delle circostanze nelle quali si vive in questo paese. Io ho cercato in alcune occasioni di far interessare ai miei colleghi nell’ esempio – non per seguirlo ma forse per ispirarsi ad esso – di ciò che fu il teatro irlandese nelle prime decadi del secolo XX. In alcune circostanze analoghe – con distinguo – nacque un teatro magnifico, di grande livello in Europa.

Il teatro in castigliano si manifesta abbastanza al margine delle questioni più patenti e latenti di questa società. E’ un teatro che guarda da un’altra parte e non per la realtà; forse per paura a guardare la realtà. La realtà a volte mette paura, anche questo è vero.

Gli intellettuali spagnoli e francesi sono all’altezza delle circostanze rispetto al caso basco?

No, sono all’altezza della loro ignoranza su questa situazione. Io credo che sono ignoranti. Lo vedo con gli spagnoli che conosco, sono più o meno alla pari –diciamo, in tutto, meno su questo tema. Quando si tratta il tema basco lo ignorano e, inoltre, sembra che rifiutino d comprenderlo…

A cosa si deve questo atteggiamento?

Al patriottismo, allo sciovinismo da grande potenza…Lenin già parlava del patriottismo sciovinista; faceva una critica a ciò che si chiamava sciovinismo da grande potenza. E Spagna e Francia sono grandi potenze in relazione a Euskal Herria. Lo sciovinismo è una filosofia comune che impedisce assolutamente vedere ciò che accade qui. E’ molto difficoltoso. Mi dicono amici che vivono a Madrid, per esempio, quanto difficile sia fare comprendere alcune cose che si comprendono vivendo qui. E si deve al patriottismo spagnolo completamente accecante.

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