IL DESAPARECIDO BASCO JON ANZA

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La tesi secondo cui Jon Anza, ex prigioniero politico basco, scomparso in Francia il 18 aprile 2009 dopo aver preso un treno a Sanpere per Toulouse dove non arrivò mai, è stato vittima di “un errore” delle forze di polizia spagnole, acquista sempre maggiore forza, come riporta un reportage del quotidiano francese “Liberation”. I giornale riporta i dati esistenti, in un articolo firmato dal giornalista Karl Laske, includendo una intervista con Jacques Massey, autore del libro “ETA, l’histoire d’une guerre de cent ans”. Come fece in precedenza l’altro quotidiano parigino “Le Monde”, “Liberation” sottolinea gli aspetti oscuri di questo caso. Per i famigliari e la stessa organizzazione armata ET A che denunciò la sparizione, Anza sarebbe stato intercettato dalla uomini di un gruppo delle forze di sicurezza spagnole arrestato e morto nel periodo di permanenza nella mani della forze di polizia. Anza soffriva di una grave malattia degenerativa.  Anche se il giornalista di Liberation non attribuisce responsabilità al governo francese, il giornalista Karl Laske sottolinea che la procuratrice Anne Kayanakis non vuole che il caso rimanga nella mani di un giudice. Per “Liberation” è quindi “chiaro che il Goveno preferisce avere il caso sotto il suo controllo”, indicando in particolare il Ministero degli Esteri. D’altro canto, nella intervista che completa il reportage, lo scrittore Jacques Massey, conferma che il corpi di polizia spagnoli attuano con totale libertà in territorio dello Stato francese, una costatazione che, d’altra parte, è confermata dalle dichiarazioni ufficiali del Ministero degli Interni spagnolo ogni volta che c’è una retata anti-ETA. Massey ricorda che i due guardias civiles uccisi da ETA a Capbreton, nel dicembre 2007, “agivano per conto proprio”. Aggiunge che oltre a partecipare in operazioni regolari assieme alla polizia francese “sembra che gli spagnoli utilizzino appartamenti segreti”. Massey non ha nessun dubbio sul fatto che la scomparsa di Anza sia responsabilità delle forze di sicurezza spagnole. Per avallare la sua tesi, sostiene che durante il periodo in cui si persero le tracce del militante basco, si verificarono altre denuncie di sequestri ed interrogatori attribuibili sempre ad agenti spagnoli. Il caso di Juan Mari Mujika si verificò a Donapaleu.


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Le ultime parole di ?îrîn Elemhulî, impiccata in Iran

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?îrîn Elemhulî, impiccata in Iran insieme ad altri 4 detenuti  curdi, ha lasciato questo messaggio prima dell’esecuzione : Vogliono  che io nego di essere Kurda. Mi hanno offerto una collaborazione. Se avessi accettato avrebbero revocato l’ordine, ma io non ho accettato. “
?îrîn Elemhulî, 4 giorni prima dell’ esecuzione aveva scritto una lettera, nella quale scriveva dei suoi tre anni di detenzione.  Lei  a cui non è spettato nemmeno avere un avvocato difensore  ha scritto di terribili torture e violenze dietro quelle porte di ferro.

“Mi impiccano perchè sono kurda. Ho sofferto in carcere le pene dell’inferno e non so perchè mi abbiamo arrestato e perchè mi impiccano.  Solo perchè sono kurda? Sono nata kurda e solo per questo ho dovuto patire le più terribili violenze e torture.” Lei ha scritto che lo Stato iraniano pretendeva che lei negasse la sua nazionalità. ” Se lo avessi fatto, avrei mentito a me stessa. La mia lingua è il kurdo. Sono cresciuta con questa lingua. E loro non vogliono che io parli o  scriva nella mia lingua.”

La vostra tortura è il mio incubo. Nella sua lettera si rivolge anche ai giudici che non le hanno permesso durante gli interrogatori di parlare in kurdo. Negli anni della detenzione, nel carcere femminile di Ewin ha imparato il persiano. ” E per il fatto che io non sapevo parlare bene il persiano e che voi volevate registrare le mie dichiarazioni nella vostra lingua, non avete capito quello che dicevo.” I maltrattamenti che mi avete fatto sono stati di notte i miei incubi e di giorno il mio dolore. In seguito alle torture avevo durante gli interrogatori terribili mal di testa e in alcune giornate non ce la facevo a resistere. Non riesco più a rendermi conto di cosa succede intorno a me e per ore intere non sono più me stessa. E continuamamente sangue dal naso.  Un’altra conseguenza delle tortura è la perdita della vista e continui capogiri.  E non ho il diritto ad avere una cura. Lei  scrive che negli altri carceri iraniani succedono le stesse cose.  Le sue ultime parole prima dell’ esecuzione: Quello che mi avete fatto, non lo avete fatto solamente a me e alla mia famiglia. Lo so. Queste torture le hanno subito anche  Zeynab Celaliyan, Rûnak Sefazade  e tanti altri Curdi. E le madri curde, con gli occhi pieni di lacrime aspettano per giorni e giorni di vedere i loro figli. Ogni volta che squilla il telefono si tormentano pensando di ascoltare terribili notizie. Mio figlio è stato impiccato…….

Al musicista kurdo Ferhat Tunç il Freemuse Award 2010

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E’ il cantautore kurdo Ferhat Tunç il vincitore del premio Freemuse per il 2010. Il cantautore, nato a Dersim, è

ETA DISPOSTA A VERIFICA INFORMALE DELLA TREGUA

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Euskadi Ta Askatasuna (ETA) ha dichiarato in un comunicato di essere pronta “ad accettare un meccanismo di verifica informale” del

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