COLOMBIA: ELEZIONI E PARAMILITARI

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Il Movimiento de Observacion Electoral (MOE) ha annunciato che 80 candidati al Congresso colombiano nelle elezioni svoltesi la scorsa settimana, hanno vincoli con i paramilitari. L’investigatore e membro del MOE, Ariel Avila, assicurò che “per lo meno 80 candidati che aspirano ad occupare un seggio nel Congresso sono indagati per avere relazioni con i paramilitari di estrema destra o sono familiari di politici accusati di questo delitti”. Oltre al ritardo nella informazione sui risultati, o “i voti comprati” denunciati dalla Organizzazione degli Stati Americani (OEA), la presenza del paramilitarismo, responsabile di decine di migliaia di vittime e di centinaia di migliaia di profughi interni scacciati con la forza dalle loro terre, è sempre più strutturale nelle istituzioni rappresentative colombiane. Secondo Avila, il grande vincitore delle scorse elezioni è il Partido de Integracion Nacional nato appena en novembre scorso e che è riuscito ad ottenere l’8.1% dei voti pari a 8 senatori, “nonostante la brutta immagine sui mezzi d’informazione, nonostante lo scarso prestigio dei suoi candidati”. Il PIN è stato indicato come uno dei partiti dove la “parapolitica” gioca in casa.  “La maggioranza degli aspiranti ad occupare i seggi nel parlamento colombiano con presunti vincoli con i gruppi armati illegali presentono le loro candidature nei partiti della colazione del governo di Alvaro Uribe, tra il quali il PIN ed il Partido de la U (Partido Social de Unidad Nacional) afferma Avila. Nella precedente legislatura in dei 102 senatori e 162 deputati, circa 80, la maggioranza appartenenti alla coalizione governativa, vennero o sono indagati, processati e condannati per vincoli con i paramilitari delle AUC.


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Paese basco: voci di pace, arresti nel mucchio

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In una notte di novembre, nei paesi e città del Paese basco, 650 poliziotti e guardia civiles spagnoli, guidati dal giudice istruttore Grande Marlaska, con il seguito di televisioni e giornali, irrompono in 90 abitazioni e centri sociali. 34 ragazze e ragazzi vengono arrestati. Ragazze e ragazzi. I giornali il giorno dopo titolano che Segi l’organizzazione giovanile della sinistra indipendentista, considerata “terrorista” dal Tribunale Supremo spagnolo nel 2007, è stata decapitata. Poi l’omertà, quella per cui la sorte di questi giovani non conta più nulla. La casistica sulle numerose denuncie di maltrattamenti nei commissariati di polizia spagnoli, confermate da organismi internazionali, per i media spagnoli sono invenzioni. Il fatto che una organizzazione giovanile, la più grande le Paese basco, sia stata considerata terrorista pur non utilizzando la violenza come metodo politico, per Governo magistratura e gran parte dei media spagnoli, non è un attacco alla libertà di opinione, ma una misura di “sicurezza nazionale”. Non ETA ma il suo “entorno” vale dire la realtà sociale della sinistra indipendentista basca è il vero pericolo.
I familiari ed amici  viaggiano verso la capitale, dove sono stati trasferiti i giovani.  Con la paura in corpo. Nessuna notizia dei loro familiari. La legge antiterrorismo permette l’isolamento assoluto nelle  mani dei funzionari di polizia per cinque giorni. Madri e padri rimangono da mattina a sera davanti al tribunale speciale dell’ Audiencia Nacional, nel cuore di Madrid, aspettando che i loro figli, dopo essere passati tra le mani di poliziotti e guardia civiles, confermino  dinnanzi al giudice le deposizioni che sono stati costretti a firmare. Quando? Nulla è dato a sapere: Grande Marlaska proibisce dare informazioni sui giovani arrestati. Dopo quattro giorni arrivano i primi 11 che vengono spediti in carcere. Poi altri 12. Per due di loro è libertà su cauzione. Ed infine gli altri 11.
32 inviati nelle carceri spagnole. Nell’euforia “per l’arresto di 34 pericolosi  ragazzi e ragazze indipendentisti baschi”, un veicolo camuffato della guardia civil, con a bordo uno degli arrestati, sfreccia per le vie della capitale spagnola dopo aver eseguito il meticoloso interrogatorio, travolgendo un donna di 84 anni che perderà la vita. Passano due giorni prima che vice sindaco della capitale porga le sue scuse ai figli della donna uccisa.

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