PKK RIVENDICA ATTACCO A CONVOGLIO ERDOGAN

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Il PKK ha rivendicato l’attentato di mercoledì al convoglio elettorale del Primo Ministro turco Recep Tayyip Erdogan. Un poliziotto era rimasto ucciso e uno ferito nell’attacco, avvenuto sulla strada tra Kastamonu e Ankara.

Nel suo comunicato il PKK rivendica l’attacco e sottolinea che “l’obiettivo dell’attentato era la polizia che in questi ultimi mesi ha attaccato e colpito con violenza inaudita il nostro popolo”. Sottolineando che l’attentato è stato condotto da una unità di guerriglieri di stanza sul Mar Nero, il PKK aggiunge che “l’obiettivo non erano nè i civili nè il Primo Ministro. Questa azione è un messaggio alla polizia che deve ritirarsi dal Kurdistan dove sta continuando a terrorizzare la nostra gente. Ci riserviamo il diritto – continuano i guerriglieri – di condurre azioni di questo tipo contro i responsabili del terrore”.

 


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MODELLO TURCO

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Talkingpeace.Trentacinque corpi avvolti in coperte di lana, disposti uno accanto all’altro su un sentiero di montagna bianco di neve. Sono le ultime vittime della guerra della Turchia contro i kurdi. Una guerra dimenticata dall’occidente, troppo interessato a dipingere la Turchia come “modello”.

Mercoledì notte F-16 dell’aviazione turca e droni senza pilota (l’ultimo acquisto delle forze armate di Ankara) hanno bombardato i pressi di un villaggio chiamato Roboski (Ortasu in turco) al confine con l’Iraq. Raccontano i testimoni di aver sentito un odore acre di bruciato, di carne bruciata. Gli abitanti di Roboski sono accorsi subito sul luogo, nonostante la neve. Sicuri di quello che avrebbero trovato. Di fronte a loro i corpi mutilati di decine di giovani e uomini, animali sventrati. Racconta al telefono un giornalista kurdo dell’agenzia DIHA di aver sentito un urlo squarciare il silenzio tetro di quella visione: una mamma disperata in cerca dei suoi due figli. Morti entrambi in quel bombardamento. Quel giornalista è uno dei pochi scampati al carcere nell’ultima offensiva delle autorità turche che hanno, in 24 ore, arrestato 49 giornalisti kurdi e di sinistra. Scomodi testimoni della guerra sporca condotta contro i kurdi sia con le armi che con il carcere e la repressione. Scomodi testimoni anche di quest’ultimo massacro.

Le foto dei corpi avvolti nelle coperte delle vittime di Roboski stanno facendo – lentamente – il giro del mondo. E intanto si cominciano a conoscere le biografie di questi uomini che le forze armate turche hanno “scambiato per terroristi”.

Turkey: Syrians illegally deported into war before ‘safe zone’ is created

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Amnesty International claims Turkey spent the months leading up to its military incursion into northeast Syria forcibly deporting refugees to

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