IL CARTELLO ROSSO – PARTIGIANI IN FRANCIA

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Elek, Fontanot, Ryman, Boczov, Sass, Cristea, Manouchian, nomi sconosciuti come tanti nomi che hanno fatto la storia, ma non quella dei grandi libri storia. Sono alcuni dei protagonisti e delle protagoniste della lotta di liberazione francese durante l’occupazione nazista. Facevano parte del MOI (Mano d’Opera Immigrante) un’organizzazione di partigiani nata all’ombra del Partito Comunista Francese. Le loro azioni, intense, spettacolari, furono una spina nel fianco delle truppe naziste come dei funzionari collaborazionisti del Governo di Petain.

Erano militanti provenienti da molti paesi europei, fuggiti dall’avanzata del fascismo che negli anni venti, trenta e quaranta terrorizzò mezza Europa. Trovarono rifugio nel paese che immaginavano come la “patria delle libertà civili”, un’idea che durò fino al 1940 quando i nazisti occuparono la Francia. La vita di questi armeni, francesi, spagnoli, ebrei, ungheresi, bulgari, tedeschi, austriaci, italiani rumeni è accomunata da una lotta senza quartiere e senza soste, anche se le loro gesta non trovarono il posto che meritato nella storia di liberazione dal nazifascismo europeo. La oro esistenza ha evidenziato come la difesa della liberta e della giustizia non ha confini, che la liberazione della terra in cui avevano vissuto da esuli significava la liberazione della loro terra nativa. Questa natura “straniera” del movimento sarà motivo di acceso dibattito e polemiche dovute al presunto abbandono da parte dei suoi dirigenti politici. Sulle gesta del MOI è stato scritto un libro da Philippe Ganier Raymond, L’Affiche Rouge, Fayard Parigi 1975, rieditato dalla casa editrice basca Txalaparta con i titolo El Cartel Rojo, 2008.  La traduzione e introduzione al libro è stata curata dal prigioniero politico basco Josetxo Otegi durante la sua detenzione nelle carceri francesi. Otegi scrive che “è verosimile che il MOI venne disarticolato per il lavoro metodico della polizia francese e per il ritmo delle loro azioni, come per le delazioni tradimenti. D’altra parte, in tempo di guerra non c’è dubbio che i cuori si induriscano e quando i morti sul fronte orientale si contavano a milioni, la sorte di varie decine poteva importare poco agli organi di direzione”.  I nazisti nel febbraio del 1944 fucilarono 23 militanti del MOI e pochi mesi dopo affissero sui muri di Parigi, 15000 manifesti di colore rosso, con i volti di 10 di essi accusati di essere “criminali”. Il “Cartello Rosso” sarà invece l’immagine  del coraggio e dignità di uomini “poeti dell’azione, che uccisero e morirono in nome della libertà quando più era necessaria”

L’ULTIMA LETTERA DI MISSAK MANOUCHIAN

Mia cara Mélinée, mia piccola, amatissima orfana,

tra qualche ora non sarò più di questo mondo. Saremo fucilati questo pomeriggio alle 15. Questo capita come un incidente nella mia vita, non ci credo eppure so che non ti rivedrò mai più. Cosa posso scriverti? Tutto è confuso in me e ben chiaro nello stesso tempo. Ero entrato nell’Esercito di Liberazione come soldato volontario e muoio a due passi dalla Vittoria e dallo scopo. Felicità a quelli che sopravvivranno e godranno la dolcezza della Libertà e della Pace di domani. Sono sicuro che il popolo francese e tutti i combattenti per la Libertà sapranno onorare degnamente la nostra memoria. Nel momento della morte proclamo che non nutro odio alcuno contro il popolo tedesco né contro chicchessia, ognuno avrà ciò che merita come castigo e come ricompensa.
Il popolo tedesco e tutti gli altri popoli vivranno in pace e fratellanza dopo la guerra che non durerà a lungo. Felicità a tutti… Mi rammarico di non averti resa felice, avrei tanto voluto fare un figlio con te, come hai sempre desiderato. Ti prego dunque di sposarti dopo la guerra, senza esitazione, e di avere un figlio per farmi felice, e per compiere la mia ultima volontà. Sposati con qualcuno che possa renderti felice. Tutti i miei beni e tutte le mie cose le lascio a te, a tua sorella e ai miei nipoti. Dopo la guerra potrai far valere il tuo diritto alla pensione di guerra in quanto mia moglie, perché muoio come soldato regolare dell’esercito francese di liberazione.
Con l’aiuto degli amici che vorranno onorarmi farai pubblicare le mie poesie e i miei scritti che meritino di essere letti. Porterai, se ti sarà possibile, i miei saluti ai miei parenti in Armenia. Tra poco morirò con i miei 23 compagni con il coraggio e la serenità di un uomo che ha la coscienza tranquilla perché personalmente non ho fatto male a nessuno e, se l’ho fatto, l’ho fatto senza odio. Oggi c’è il sole. Guardando questo sole e la bella natura che ho tanto amato dirò addio alla vita e a tutti voi, mia amata moglie e miei cari amici. Perdono tutti quelli che mi hanno fatto del male o che hanno voluto farmi male tranne colui che ci ha traditi per aver salva la pelle e coloro che ci hanno venduti. Bacio te, tua sorella e tutti gli amici vicini e lontani che mi conoscono. Vi stringo tutti nel cuore. Addio. Il tuo amico, compagno, marito,
Missak Manouchian


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LE RIVOLTE NEL MONDO ARABO, UN RICHIAMO ALLA REALTA’

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Leggendo e guardando quanto accade a poche centinaia di chilometri dall’Europa verrebbe da stare un po’ in silenzio. Per ascoltare. I milioni di magrebini e magrebine, arabi e arabe che alzano la loro voce, che mettono i loro corpi a fare fronte a decenni di umiliazioni, miseria e in molti casi di morte, lanciano un messaggio dentro e  fuori i loro paesi. Fuori verso l’Europa e l’Occidente, complici, co responsabili diretti, ostacoli al cambiamento, fino a quando l’ebollizione della rabbia non ha fatto scoperchiare la pentola. Perché quel arroganza, spocchia, perversione delle elites oligarchiche che hanno governato quei paesi tra paternalismo e pugno di ferro, è si eredità autoctona ma anche imitazione del modello di governance che i burattinai occidentali hanno insegnato. Per rimanere in epoche recenti, Bush, Sarkozy, e la pletora di una classe politica europea che non è capace di guardare oltre le indicazioni dei sondaggi, lo hanno ripetuto in diverse salse. Il petroliere texano con la “guerra di civiltà” cosi meschina, bugiarda, genocida che rappresenta una perfetta continuità della impunità dell’ Impero, dalla conquista della America ad oggi. Impunità sulle proprie nefandezze sulle quali si sono costruiti “sogno americano” e l’eurocentrica idea dell’essere depositari della supremazia civile.   Sarkozy , quello della politica di pulizia etnica contro rom anche “francesi” che ebbe la tracotanza di sbattere in faccia ad una platea attonita a Dakar nel 2007, un discorso di “assoluzione e relativizzazione” dell’ Europa, in particolare della Francia, nella sistematica opera di rapina e genocidio, dell’ Africa.

Quando si dirà e s’insegnerà nelle scuole che le “grandi potenze”, oltreché culla di grandi scienziati e filosofi, di principi umanitari,  sono state le artefici, responsabili dirette ed in dirette dei più grandi genocidi della storia dell’ umanità? Quando si ammetterà che celebrare la nascita di questi stati, fattisi in epoche diverse imperi, significa anche celebrare stermini sui quali queste “grandezze” sono state costruite? Perché questa è stata la storia non raccontata. Come disse lo scrittore basco “il fatto di non essere stati nazione, grande e riconosciuta con un ruolo nel Libro della Storia, ci ha risparmiato dal fare come tutti gli altri, cioè depredare, sequestrare, saccheggiare uccidere”.  Perché è questa l’educazione civica più profonda da trasmettere. Condivisione significa dividere assieme, non “un po’ e anche niente a te e tutto il resto me” che ha segnato la politica di “cooperazione” nord sud, ma anche recentemente ovest est, per esempio in Europa.

Dare chiavi di lettura per formare una coscienza che non si riduca a dire che le “rivolte nel mondo arabo sono state determinate dalla crisi economica e grazie alla possibilità di comunicazione di internet” o che le guerre dimenticate d’Africa sono dovute a “scontri tribali e alla mancanza di democrazia”. Perché quando la realtà emerge la coscienza collettiva occidentale comincia a puzzare. Si può mascherare con domande retoriche di fronte all’evidenza dei fatti come fa il quotidiano conservatore spagnolo El Mundo ammettendo che  “quando soffiano venti di liberta, o un urgano come quello che sta vivendo il medio Oriente, Occidente si colloca ancora una volta nel lato sbagliato della storia. Ci può essere maggiore contraddizione tra il coraggio di questi manifestanti che si scontrano alla tirannia disarmati e la vigliaccheria dei nostri politici? Tra il sacrifico degli uni e la retorica vuota degli altri”. Questo richiamo a un “onore cavalleresco” a principi etici che sono da salotto, toglie l’attenzione dalla questione di fondo, che questa politica dei “nostri politici” non “è vigliacca” è coerente con il sistema “Occidentale” o più precisamente neoliberale globalizzato, quello delle 250 persone che hanno una “ricchezza combinata” pari a quella di 2 miliardi 250 milioni di persone. Non c’è vigliaccheria c’è coerenza limpida, cristallina con un sistema perverso esaltato dall’attuale premier italiano  ma sorretto anche dalla sua opposizione. Chi fu ha lanciare il primo proclama “etnico”sul “emergenza rumena” a metà dello scorso decennio? L’ex segretario del PD Veltroni dal suo scranno di sindaco di Roma. Per rincorrere “la destra” sul terreno della sicurezza, si diceva. In realtà perché parlare sul sistema che genera immigrazione da uno  dei  “prolungamenti economici” italiani qual è la Romania,  significherebbe parlare dei salari da fame che in generale davano le quasi 25000 imprese italiane. Gran parte delle quali provenienti da quel nord est dove il culto della razza padana ha creato la miseria culturale del rifiuto verso “quelli da fuori” fonte della propria ricchezza economica.

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