Honduras: Bajo Aguan, una polveriera sul punto di esplodere – Giorgio Trucchi
www.itanaica.org Il grave conflitto agrario che si trascina da decenni nella zona del Bajo Aguán, nella zona nord-orientale dell’Honduras, ha registrato una preoccupante impennata dopo il colpo di Stato del 28 giugno 2009 (Leggi “Palma insanguinata” http://www.itanica.org/modules.php?name=News&file=article&sid=849http://www.itanica.org/modules.php?name=News&file=article&sid=849) Secondo i membri del Movimento contadino unificato dell’Aguán, Muca, agli inizi degli anni 60 venne promulgata la Legge di Riforma Agraria, mediante la quale venne concesso a migliaia di famiglie contadine in situazione di estrema povertà il diritto di possesso su grandi estensioni di terre pubbliche e private. Durante gli anni 70, lo Stato assegnò ad imprese contadine i diritti su migliaia di ettari di terra coltivati a palma africana, nella regione conosciuta come la Valle dell’Aguán. Nonostante ciò, all’inizio degli anni 90, il Congresso approvò la Legge per la Modernizzazione e lo Sviluppo del Settore Agricolo, con la quale cercava di spogliare le imprese contadine dei loro diritti su circa 20 mila ettari delle migliori terre, favorendo latifondisti locali e stranieri. Sempre secondo il Muca, questa manovra permise la vendita degli attivi di 40 imprese contadine a favore dei latifondisti Miguel Facussé Barjum, René Morales – di origine nicaraguense e fratello dell’attuale vicepresidente della Repubblica, Jaime Morales Carazo – e Reynaldo Canales. Un processo di acquisizione di terre caratterizzato da molte irregolarità, le quali vennero studiate a fondo dai membri delle cooperative, scoprendo che l’atto di compravendita stabiliva che i compratori avrebbero utilizzato le terre per la coltivazione e produzione, ma che la proprietà sarebbe rimasta nelle mani dello Stato per usi di Riforma Agraria. Nel 2001 le organizzazioni contadine iniziarono un processo di reclamo delle terre e dopo un lungo processo, lo Stato riconobbe ai latifondisti il diritto di uso in concessione. Tale diritto è ormai scaduto dal 2005 e secondo questi accordi, le terre sarebbero dovute ritornare allo Stato, cosa che non è mai accaduta. Dopo una lunga stagione di proteste, manifestazioni, occupazioni di terre e vie d’accesso alle piantagioni di palma africana, nel 2009 iniziarono le negoziazioni, durante le quali il Muca presentò una proposta di accordo per risolvere il conflitto. Due settimane prima del colpo di Stato, le parti (Istituto nazionale agrario, latifondisti e organizzaizoni contadine) firmarono un accordo, avallato dal presidente Manuel Zelaya Rosales, il sindaco di Tocoa ed il governatore del departamento di Colón, con il quale decisero di creare una commissione tripartita per rivedere l’intero procedimento legale usato per l’acquisizione delle terre da parte dei latifondisti. Ma il colpo di Stato bloccò qualsiasi processo di negoziazione ed i latifondisti ne approfittarono per fare tabula rasa degli accordi, forti del loro potere di controllo sui nuovi assetti politici post golpe. Fu così che lo scorso 9 dicembre 2009, il Muca decise che era il momento di passare all’azione ed iniziò una gigantesca operazione di recupero delle terre, provocando la reazione violenta dei corpi di sicurezza privati dei latifondisti e dei corpi repressivi dello Stato, questi ultimi “autorizzati” da vari ordini giudiziali di sgombero. I mesi di gennaio e febbraio 2010 sono stati caratterizzati da violenti scontri che hanno lasciato sul terreno dell’Aguán morti e feriti, ai quali si sono aggiunte violente campagne mediatiche lanciate dai principali mezzi informativi contro le organizzazioni del Muca. Per nessuno è un segreto che i principali giornali, radio e canali televisivi siano saldamente in mano ai potenti settori dell’impresa privata e alle famiglie che controllano la politica e l’economia del paese.
Un dialogo ridicolo
Lo scorso 24 marzo, il Muca ha finalmente ricevuto una proposta del governo per risolvere il grave conflitto agrario.
Tuttavia, le proposte del governo e dell’Istituto nazionale agrario, Ina, non sembrano puntare al riconoscimento dei diritti delle organizzazioni contadine su migliaia di ettari di terra usurpate dai potenti latifondisti, né a riprendere le negoziazioni iniziate durante il governo Zelaya. Secondo Rudy Hernández, membro del Muca, “Il governo pretende una risposta immediata alla proposta, mentre noi dobbiamo analizzarla e discuterla con la base perché ci sono molti punti poco chiari”. Il testo della proposta non menziona, ad esempio, l’accordo firmato pochi giorni prima del colpo di Stato e nemmeno spiega l’ubicazione esatta delle terre – circa due ettari per famiglia – che lo Stato acquisirebbe per poi darle ai membri del Muca e che sono proprietà della Società Agricola Cressida dell’Aguán S.A., impresa controllata dallo stesso Miguel Facussé. E se ciò fosse poco, nella proposta si vorrebbe convincere i contadini a firmare un accordo di coinvestimento con le aziende che processano i semi della palma africana, anche in questo caso di proprietà di Miguel Facussé e René Morales – Società Agricola Cressida dell’Aguán S.A. ed Impresa Agropalma S.A. -, obbligandoli a vendere loro e solo a loro, la produzione. Inoltre, i membri del Muca dovranno assumere il debito con lo Stato per l’acquisto della terra. Paradossalmente, il governo di Porfirio Lobo non solo starebbe riconoscendo il diritto di proprietà dei latifondisti su migliaia di ettari di terra, gettando nella spazzatura gli accordi firmati prima del colpo di Stato, ma addirittura vorrebbe incrementare i loro affari comprando loro la terra e obbligando i contadini a vendere loro la produzione di semi Una volta processati, i semi verranno trasformati in vari prodotti (margarina, oli vegetali, sapone, etc) e commercializzati a livello nazionale ed internazionali da corporazioni e multinazionali – Consorzio Dinant e Unilever – molto spesso di proprietà degli stessi latifondisti o delle potenti famiglie honduregne. Un giro d’affari impressionante, che riguarda anche la produzione di agrocombustibili, che dà l’idea della portata dello scontro in atto.
Dialogo e minacce non è dialogo
Nonostante l’inizio del dialogo, la violenza nell’Aguán non si è arrestata. Il 1 marzo, il quotidiano La Prensa, di proprietà dell’imprenditore Jorge Canahuati, ha pubblicato un reportage in cui si accusava il Muca di organizzare una guerriglia armata nelle terre recuperate. Da quel momento è iniziata una costante campagna mediatica contro il movimento contadino e sono state spostate truppe dell’esercito e della polizia nella zona. Il 14 marzo, è stato brutalmente assassinato il giornalista di Canale 5 di Tocoa, Nahun Palacios, il quale aveva ripetutamente denunciato la violenza dei corpi repressivi contro i membri del Muca. Il 1 aprile, il giovane Miguel Alonso Oliva, di 22 anni, membro del Muca, è stato ucciso con vari colpi di fucile R15 alla schiena dalle guardie private di René Morales, durante il tentativo di recupero di terre appartenenti alla ex cooperativa “25 Aprile”. Secondo il Muca e varie organizzazioni nazionali ed internazionali, tra cui Fian Honduras e il Comitato dei famigliari di detenuti scomparsi in Honduras, Cofadeh, l’esercito e la polizia starebbero per lanciare una feroce offensiva – chiamata “Operazione Tuono” – per sgomberare le migliaia di famiglie che hanno recuperato le loro terre. Il Fronte nazionale di resistenza popolare, Fnrp, ha denunciato che “continua il clima di inquietudine creato dall’oligarchia terriera e dal regime di fatto, usando gli apparati di sicurezza dello Stato che collaborano attivamente con gruppi paramilitari, minacciando costantemente la vita delle famiglie contadine che esigono il loro diritto di potere lavorare la terra”. Secondo Rudy Hernández, lo stesso Porfirio Lobo avrebbe minacciato lo sgombero. “Ci ha detto che se è necessario, non lo penserà due volte a mobilitare tutti i battaglioni dell’Honduras per dissolverci. Noi rifiutiamo questa campagna mediatica e questa strategia del terrore. Non abbiamo paura perché sappiamo che stiamo facendo la cosa giusta. Stiamo difendendo il diritto che ha ogni essere umano di potere avere accesso alla terra”, ha concluso Hernández.
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ETA: UN ANNUNCIO CHE VIENE DA LONTANO E GUARDA AVANTI
La dichiarazione di ETA diffusa oggi dal quotidiano basco Gara era attesa da settimane.
Anzi, era il serpentone che faceva presenza nei discorsi dei politici e mass media spagnoli e baschi. Una questione che è stata posta da subito è quale novità rappresenti questa dichiarazione rispetto ad altri annunci di cessate il fuoco proclamati nel corso della storia dell’organizzazione armata.
Dal 1975 ETA considerava ineludibile la trattativa sulla base dell’Alternativa Kas, una sorta di processo costituente basco, per arrivare a una soluzione del conflitto. A più riprese veniva sottolineato come questo accordo avrebbe portato a una sorta di ibernazione della lotta armata.
Un aspetto fondamentale era che ETA si considerava l’interlocutore del governo spagnolo e questa strategia politico-militare del conflitto portò Governo ed ETA a sedersi al tavolo delle trattative ad Algeri dal gennaio ad aprile 1989. Eta dichiarò una tregua unilaterale di 15 giorni per poi annunciare una “la creazione di un periodo di distensione nel conflitto, che propizi il dialogo assunto dalle parti”. La tregua fu effettiva anche da parte del governo spagnolo.
Fallito il dialogo di Algeri bisognerà attendere il l’aprile del 1996, poco dopo l’elezione di José Maria Aznar, sfuggito miracolosamente a un attentato dell’organizzazione armata, per registrare una tregua “simbolica” di ETA, di una settimana, in occasione della presentazione dell’Alternativa Democratica, una proposta di soluzione al conflitto che, pur riaffermando il ruolo di “garante” per il gruppo armato rispetto a un negoziato sul diritto autodeterminazione del Paese basco, stabiliva che fossero i partiti e forze sociali basche a discutere i contenuti politici dell’accordo.
L’affondo a tutto campo del Governo Aznar contro la sinistra indipendentista, accompagnato da un giro di vite nella politica autonomista e una strategia militare di ETA che compie un salto attentando direttamente ai rappresentati politici del PSOE e del PP, portò alla stipula di un accordo tra la maggioranza delle forze politiche sindacali e sociali baschi, escluse le rappresentanze di PSOE e PP nonché di UGT e CCOO baschi, che si denominerà Accordo di Lizarra Garazi. Prendendo come riferimento il processo di pace in Irlanda del Nord, l’accordo poneva le basi un processo di pace basto sul riconoscimento del Paese basco come ambito decisione. Una novità importante, perché l’iniziativa risiedeva nelle forze politiche e sociali basche. È in quedto contesto che ETA dichiara una tregua unilaterale il 12 settembre del 1998 che durerà fino al dicembre 1999. In questo periodo, le forze di sicurezza spagnole francesi metteranno in atto una serie di operazioni sia contro ETA che contro le organizzazioni politiche della sinistra indipendentista. Anche l’accodo di Lizarra Garazi si concluse con una rottura, che però rese evidente come la strategia negoziale in cui ETA si presentava come soggetto “garante” fosse un argomento usato strumentalmente dal Governo spagnolo per affermare che non era possibile negoziare accordi politici “con una organizzazione terrorista”. Una constatazione che porterà una riflessione interna al movimento indipendentista basco che dopo anni di trattative segrete con esponenti del PSOE, sfocerà, nel settembre 2004, nella dichiarazione di Anoeta, dove la già allora illegalizzata Batasuna, annuncerà una proposta di dialogo su due tavoli: il primo tra ETA e il Governo per discutere di smilitarizzazione vittime e prigionieri baschi. Il secondo, politico, fra partiti e agenti sociali baschi.10 RAGIONI PER DIRE NO ALLA GUERRA IN LIBIA
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