GIUSTIZIA PER LE VITTIME DI BLOODY SUNDAY
Se si volesse fissare Bloody Sunday in due immagini, la prima sarebbe quella famosa di padre Edward Daly che aiuta una delle vittime sventolando un fazzoletto bianco. La seconda sarebbe la gioia racchiusa nel pugno chiuso e nel sorriso di John Kelly, ieri, a Derry, dopo aver letto il rapporto conclusivo dell’inchiesta su quella domenica di sangue di 38 anni fa.
Lord Saville, titolare dell’inchiesta, ha messo la parola fine almeno sui fatti, sulla verità. Le 14 vittime uccise dai militari inglesi durante la manifestazione pacifica per i diritti civili organizzata a Derry il 30 gennaio 1972, non “rappresentavano alcuna minaccia per i militari britannici. Erano tutte disarmate”. Il rapporto condanna fermamente “il comportamento dei militari britannici che aprirono il fuoco quella domenica”.
Commentando in parlamento il rapporto il premier conservatore David Cameron ha chiesto scusa alle vittime in nome dello stato per l’uccisione “ingiustificata e ingiustificabile” di civili innocenti. “Non c’è nulla di ambiguo, – ha detto Cameron – le conclusioni del rapporto sono chiare. Quello che è accaduto a Bloody Sunday è stato qualcosa di sbagliato. Il governo è responsabile della condotta delle forze armate. In nome del governo e del paese, sono profondamente dispiaciuto per ciò che è accaduto”. Ci sono voluti 38 anni, ma alla fine la verità ha prevalso. Dodici anni, tanto è durata l’inchiesta Saville. Un’inchiesta che rende giustizia alle vittime di quella giornata e che una volta di più condanna la prima inchiesta, Widgery, che immediatamente dopo il massacro aveva nei fatti assolto i soldati gettando infamia e menzogne sui civili, definendoli “terroristi dell’Ira armati”.
Il rapporto dice l’ultima parola sulle tante domande che per 38 anni in tanti hanno cercato di evitare. Chi ha sparato il primo colpo? I parà, risponde Lord Saville. Qualcuno tra i civili era armato? Nessuno aveva armi, dice l’inchiesta. I militari hanno mentito nelle loro testimonianze? Molte testimonianze sono state fabbricate e molti soldati hanno deliberatamente mentito per giustificare le loro azioni.
Il rapporto si sofferma su uno dei parà, identificato come Lance Corporal F, presunto responsabile dell’omicidio di quattro o sei delle vittime di Bloody Sunday. “Lance Corporal F non ha sparato per paura o preso dal panico – dice il rapporto – siamo sicuri che abbia sparato pur essendo certo che nessuno dietro quella improvvisata barricata rappresentava una minaccia”.
La giornata più importante per i famigliari delle vittime di Bloody Sunday è cominciata con una marcia silenziosa dal Bogside (il quartiere repubblicano di Derry) fino alla Guildhall (il municipio) la destinazione originaria della marcia di 38 anni fa. Le foto delle vittime assieme a tanti volti noti della politica nordirlandese e a tanti che si trovavano alla marcia quel 30 gennaio 1972. C’era Martin McGuinness, oggi vice primo ministro del nord Irlanda, allora (come lui stesso ha dichiarato nella sua testimonianza davanti a Lord Saville) comandante dell’Ira a Derry. Su McGuinness il rapporto dice che probabilmente “era armato quel giorno, ma non ha fatto nulla per provocare la reazione dei militari britannici”.
L’inchiesta su Bloody Sunday era stata annunciata dall’allora premier Tony Blair, nel gennaio 1998. Il processo di pace anglo-irlandese era a un punto critico. Ma l’annuncio dell’inchiesta aiutò il processo a ritornare sui binari giusti. E infatti il 9 aprile di quell’anno fu firmato il cosiddetto accordo del venerdì santo. Bloody Sunday è sempre stata indicata come una pietra miliare nella radicalizzazione del conflitto anglo-irlandese. Per molti giovani è stata proprio la brutalità dei parà e il pronto insabbiamento di quel massacro la molla che li ha spinti a unirsi all’Ira.
Oggi quel rapporto mette la parola fine sulla verità. I famigliari non nascondono la volontà di andare avanti per riuscire a portare di fronte a un tribunale i responsabili del massacro. Ieri però era il tempo del ricordo e della giustizia. “Quando uno stato uccide i suoi cittadini deve rispondere delle sue azioni. La lotta per la verità e la giustizia è stata un’ispirazione per la gente di Derry”, ha detto Tony Doherty, figlio di una delle vittime, Patrick. “Mio fratello stava scappando quando i soldati gli hanno sparato”, ha detto Joe Doddy riferendosi al fratello Jackie – ma il rapporto Widgery ha distrutto la memoria dei nostri cari. Oggi abbiamo vendicato i loro nomi. Jackie, come tutte le altre vittime, era innocente”. Con rabbia proprio una copia del rapporto Widgery è stato fatto a pezzi dalle famiglie delle vittime. “Ci sono voluti quasi quarant’anni per poter scrivere la verità. Ma oggi posso dire a mio fratello Michael che può finalmente riposare in pace”, ha detto commossa Catherine Kelly.
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