Wall Street ricicla il narcotraffico impunemente – Zach Carter

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AlterNet. “Troppo grande per cadere” è un problema più grave di quanto si pensi. Tutti abbiamo letto i dossier di condanna su come il governo salva le banche dalle loro rischiose scommesse a alto rischio, però risulta che il problema del privilegio di Wall Street è molto più radicato nel sistema legale degli USA, di quanto i semplici riscatti testimoniarono nel 2008. Le maggiori banche degli Usa, possono essere coinvolte in attività sfacciatamente criminali in modo esteso e salirne quasi completamente indenne. L’ultimo esempio ripugnante ci giunge dal Banco Wachovia. Accusate di riciclare 380.000 milioni di dollari dei cartelli della droga messicani, ci si attende che il gigante finanziario ne esca solo una tiratina di orecchie grazie alla politica ufficiale del governo, che protegge le megabanche contro le accuse criminali.

Michael Smith de Boomberg ha scritto una devastante rivelazione che elenca le operazioni di Wachovia con il denaro della droga e la contorta reazione del governo. La banca faceva transazioni con denaro che proveniva letteralmente da tonnellate di cocaina dei violenti cartelli della droga. E non fu per un incidente. Denuncianti interni alla Wachovia avvertirono che la banca stava lavando dinaro del narcotraffico,  ma i capoccia della banca lo ignorarono attivamente al fine di ottenere maggiori benefici, e il governo degli USA è sul punto di lasciare che tutti quelli coinvolti ne escano impuniti. La banca non sarà accusata, perché è politica ufficiale del governo non processare le megabanche. Dall’articolo di Smith:

“Nessuna grande banca statunitense…è stata accusata in qualche occasione di violare la Legge dei Segreti Bancari od altra legge federale. In vece, il Dipartimento di Giustizia risolve le accuse criminali utilizzando accordi di sospensione delle azioni giudiziarie, per le quali una banca paga la multa e promette di non violare la legge nuovamente…Le grandi banche sono protette da processi grazie ad una variante della teoria del troppo-grande-per-cadere.  Processare una grande banca potrebbe provocare una corsa frenetica degli investitori a vendere azioni e provocare panico sui mercati finanziari”

Wachovia fu acquistato da Wells Fargo alla fine del 2008. Il castigo alla banca per riciclare più di 380.000 milioni di dollari di denaro della droga sarà la promesso di non farlo nuovamente e una multa di 160 milioni di dollari. La multa è così piccola che è quasi sicuro che Wachovia otterrà una beneficio dai suoi affari di finanziamento della droga dopo aver considerato costi legali e multe.

Autorità internazionali conoscono la connessione tra banchieri e narcotrafficanti ben oltre il Wachovia, però i governi non fanno nulla a riguardo. Un dossier del 2009 dell’Ufficio delle Nazioni Unite sulla Droga e il Crimine stabilì che la maggioranza delle regole per impedire il riciclaggio del denaro della droga attraverso le banche sono violate.

Dal dossier:

“In epoca di fallimenti di grandi banche, le banche sembrano pensare che il denaro non puzza. Cittadini onesti, che affrontano difficoltà in tempi di penuria finanziaria, si domandano perché le entrate del crimine  – convertite in ostentati immobili, automobili, barche e aerei – non vengono confiscati.”

Alla fine del 2009, il capo di questo ufficio dell’ONU, Antonio Maria Costa, ha detto alla stampa molti prestiti tra le banche – prestiti a breve termine che le banche fanno tra loro – erano appoggiati dal denaro della droga. Quando i mercati finanziari si paralizzarono nel 2007 e 2008, le banche si rivolsero verso i cartelli della droga per ottenere denaro. E’ possibile che molte banche importanti non sarebbero sopravissute senza questo denaro della droga.

Fonte: http://www.alternet.org/economy/147564/wall_street_is_laundering_drug_money


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In search of the Commonwealth

Antonio Negri

1. Empire and Multitude raised many problems and questions: it was pointless to define these again in Commonwealth, and of no use to try to solve them. Rather, it was better to begin anew and, on the basis of the concepts we had developed, dwell on the question of what the political is today. What is subversive politics? What partage of the social does it involve? How can capital be fought today? By moving on from the debates around those books, we are convinced we can confront the unsolved problems with renewed strength. But after ten years of work on Empire and Multitude, when sat down to write Commonwealth, our convictions had strengthened and our perceptions matured: contemporaneity had been re-defined, and the time when the prefix post- could define the present was over. We had certainly experienced a transition, but what were the symptoms of its end?

In particular, our impression was that the concept of democracy was being re-evaluated. During the War on Terror, this concept had been worn out by the frenzied propaganda of the neo-conservatives, and political science had witnessed the emergence of issues that could no longer be comprehended with the concept of democracy. To simplify, we refer to what Rosavallon tries to grasp and qualify in his latest book (La contre-démocratie. La politique à l’âge de la défiance), when he states: ‘the republic and the comportments of modern populations have left something profound behind that cannot be found again, something obscure that can no longer be explained’. In this way Rosavallon tries to define sentiments of mistrust and impotence, those figures of de-politicisation that arise out of contemporary democracy. And almost against his own wishes, he adds that ‘political democracy’ has become the name for the consolidation of a ‘mixed regime’ that includes counter-democracy, a ‘democracy of exception’.

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