COLOMBIA, LA MORTE DEL “MONO JOJOY”, BUGIE E ILLUSIONI – Guido Piccoli

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Il Mono Jojoy è stato ucciso, e con lui qualche decina di guerriglieri. Ma questi contano poco, il pezzo da 90 è lui, il Mono. Il capo militare delle Farc, fatto fuori da un’operazione degna di una guerra al “altissima intensità”, a cui avrebbero preso parte 60 tra elicotteri, aerei caccia, aerei spia, senza contare centinaia di Rambo, superarmati e superaddestrati. Giubilo in Colombia. Dando per buona l’idea delle Farc come gruppo narco-terrorista, il Mono era il diavolo in persona, implacabile e sanguinario. “Ergo, la pace è più vicina” sono indotti a pensare i colombiani, ed è anche il tono delle news che per un giorno (poi del conflitto colombiano ci si dimenticherà) occupano i giornali.

Niente di più falso. Che la pace sia più vicina lo possono credere quelli che ritengono che in Colombia da mezzo secolo sia in atto un confronto tra democrazia e terrorismo. E lo possono credere quelli che ritengono che un conflitto che dura da mezzo secolo si possa risolvere con una vittoria militare, che vinca uno o che vinca l’altro. Da oggi ne sarà però ancora più convinto il governo Santos, che pure in qualche suo ministero appare diverso da quello Uribe (ad esempio, in quello dell’Agricoltura: l’attuazione del programma del neo-ministro toglierebbe alle Farc buone ragioni per esistere, ma c’è da dubitare che ciò potrà mai accadere). E il conflitto, che fa morti soprattutto tra i civili, andrà avanti. Morto il Mono, sarà sostituito da un altro, com’è stato sostituito Reyes due anni fa, il “ministro degli esteri” della guerriglia. Il colpo per le Farc è duro, ma cosa dimostra? Solo che anche in Colombia la guerra è sempre più asimmetrica, cioè che la distanza dei mezzi a disposizione aumenta di anno in anno. Tutti i grandi colpi inferti alle Farc sono stati attuati dall’aviazione (che le Farc ovviamente non posseggono) e dalla tecnologia nel campo delle comunicazioni. Quindi grandi bombe e grandi orecchie che tutto vedono e tutto ascoltano. Anche in Colombia. Come è stato in Irak, com’è in Afghanistan. Anche là ci sono “terroristi” e democratici, o meglio sanguinari barbari e importatori o spacciatori di democrazia, e anche là sono in atto “guerre asimmetriche”. Eppure quelle guerre le forze della presunta democrazia non le stanno vincendo. Anzi, al contrario sicuramente le stanno perdendo. La Colombia è un paese diverso, dove ad esempio, le televisioni stanno più o meno, come da noi, in ogni casa e baracca. E non come in Irak e tanto meno in Afghanistan, Le guerre moderne sono guerre di bombe, intelligence e propaganda. Nelle quali si vendono bugie e illusioni. Come si fa in queste ore. Ma le guerre di qualunque tipo si vincono a terra, conquistando veramente “il cuore e le menti” della popolazione. Cosa che in Colombia, soprattutto nelle campagne, nelle montagne e anche nelle immense miserabili periferie delle grandi città è ancora un obiettivo lontano dall’essere raggiunto per lo Stato centrale e il suo esercito, capace di operazioni come quello di ieri nel Meta, ma anche, ad esempio, della terrificante pratica dei “falsi positivi” (migliaia di innocenti uccisi consapevolmente per spacciarli per guerriglieri e guadagnare stima internazionale, promozioni, medaglie e licenze premio).


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